sabato 13 dicembre 2014

Trailer di "Nove petali di Loto" di Milo Vallone.





Trailer di "Nove petali di Loto" 

di Milo Vallone.








Trailer tratto dall'anteprima nazionale dello spettacolo di impegno civile "Nove petali di Loto", diretto e interpretato da Milo Vallone e realizzato in CineprOsa con la Compagnia della Memoria.





Per informazioni: info@tamtamcom.com


Riceviamo e pubblichiamo una recensione di Clara Giovanetti dello spettacolo "Nove petali di Loto", dopo l'anteprima nazionale di ieri tenutasi al Teatro Massimo di Pescara.



"Se noi fossimo degli storici e non lo siamo, degli opinionisti e non ci piace, dei narratori, dei cronisti, ma per certo non saremmo ascoltati, metteremmo agli annali dell’emblema di una Civiltà “Nove petali di Loto”; testo teatrale liberamente ispirato ad una storia vera.

Il titolo, la locandina, l’ideazione, il fascino, i richiami all’Arte ed allo strano davvero, e quanto mai calzante, paragone del loto, ben si prestano a diventare un capitolo di Storia da sottoporre ai posteri.

L’era del Loto, la chiosa del loto, la civiltà del loto. Ogni intestazione è adatta.

Il titolo evoca il numero di anni occorsi per far Giustizia e il fiore di loto che germoglia sotto l'acqua sporca dello stagno a risalir poi la superficie e diventare bellissimo, come questo spettacolo, terribile come la vicenda che narra.













Il dramma è a dir poco magnifico oltre che sorprendente.

La cifra è sempre la stessa, quella del maestro Milo Vallone, co-autore, regista ed interprete che con il suo sguardo e il suo sigillo sa creare opere “così”, come Nove petali di Loto che si avvia in narrazione dapprima dimessa e che poi, in sordina, scandalizza. Ed arriva. Eccome. Al cuore, agli occhi, alla coscienza, alle lacrime persino.

Si rivela sul palcoscenico ogni sorta di stato d’animo ed icona umana in questo spettacolo, come quelle che Giotto ha effigiato nella Cappella degli Scrovegni dove campeggia, come una sorta di anatema, l’allegoria dell’Ingiustizia.

E sul palco c’è la compostezza ferita dell’integerrimo Occhipinti, il grifagno atteggiamento di rapaci canaglie assetate di potere e bisogno di dominio umano e sociale, il dolore di genitori abbattuti e senza alternative, quello degli assistenti e del personale mandati totalmente sul lastrico.

Mentre, su tutto, campeggia imperioso l’amore, ferito a morte, per ragazzi derelitti di sé stessi, pugnalato dalla mancanza di considerazione di destini corsi poi, fino incontro alla morte.

Se parlassimo della superba recitazione di Vallone e degli altri bravissimi artisti cadremmo forse nella piaggeria, allora preferiamo parlare del ritmo narrativo, della tensione che fa a brani ogni noia e scontatezza, che rimanda dallo schermo al palcoscenico, dalla sottomissione all’interiore tuono di rabbia e tristezza di ogni cittadino e uomo percosso da malgoverno e malagiustizia.

E come al solito Vallone non manca mai di suscitare l’akmé nelle sue opere. Quando esplode dal suo dialogo la parola “mafia”, che rimbomba nel teatro come uno schiaffo, si trasalisce come sempre di fronte alle sue rappresentazioni.

Occhipinti espone il suo pensiero e convince chiunque dell’ovvio, che mafia non è un brand da luogo circoscritto. Mafia è un modo di pensare e di agire. Mafia è ciò che, ogni giorno, ovunque, tradisce la Giustizia.

Il pubblico tace, molti i microstacchi in cui potrebbe inserire un applauso. Invece, esso, tace. Non si muove, sembra assente come nella quotidianità, come quando assiste ogni giorno alla onnipresente, storica, inestirpabile, cattiva amministrazione, ad ingiustizie e scempi mafiosi; come ogni Civiltà, vinta ed affranta, che attende la Provvidenza. Ed esattamente come nei Promessi Sposi, che Nove petali di Loto ricorda fortemente, Essa arriva.

Don Rodrigo, i suoi bravi e tutto il malgoverno della dominazione borbonica e straniera ci sono. In questo “spettacolo” della nostra Civiltà. Ci sono anche Renzo e Lucia a guardarli bene, non già nei due ragazzi narranti, quanto in tutti quelli mai apparsi sulla scena, come nella realtà, ma sempre presenti perché promessi sposi al riscatto.

Si, i personaggi manzoniani ci sono tutti così come trasale, vivo e vegeto sulla scena, Giotto con la sua levatura artistico-morale.

E Arte, e Cinema, e Teatro, e Storia, e Letteratura, e Società (mortificata). L’elenco di quanto appare sul palco è molto, molto lungo.

Si può solo vedere e rivedere quest’opera, ogni giorno, in ogni angolo d’Italia, a cogliere per intero il grido dei silenti.

E alla fine il pubblico, la società, la Civiltà risponde.

Un solo, rabbioso, fragoroso, applauso nella sala dà un manrovescio alla coscienza. E si vorrebbe portar via con sé Occhipinti e la sua compostezza, e chiunque abbia ideato, voluto, scritto, diretto, interpretato e promosso Nove petali di Loto.



Questa la tragica, assurda, storia (vera) di Roberto Occhipinti, operatore sociale nel campo del recupero di minori disagiati, della struttura “PreCase” il cui assoluto successo diventa attrazione per vampiri e sciacalli dei “poteri forti” che causano una serie di atti di persecuzione giudiziari che manderanno in frantumi il mirabile lavoro fatto, fino alla distruzione totale.

9 lunghissimi anni di processi, 32 imputati, 90 dipendenti, 50 ospiti andati alla malora, 5 milioni di fatturato, più di 100 genitori disperati.

Tutti annullati. E alla fine, “assoluzione. Poiché il fatto non sussiste”.

"Nove petali di Loto", che ha avuto proprio a Pescara il tragico, vero, teatro dei fatti, ha visto un'anteprima lo scorso 22 ottobre.

Definito CineprOsa da Vallone (vede l’incontro e l’intreccio tra linguaggi teatrali e cinematografic

i in un cine-spettacolo con un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo), debutterà a Milano in PRIMA NAZIONALE il prossimo 18 Novembre.

Impossibile non volerlo rivedere."



Spettacolo e regia di Milo Vallone.

Testo di Milo Vallone e Luca Pompei.

Musiche originali di Gianluigi Antonelli.

Con Milo Vallone, Angelo Del Romano, Antonella De Collibus, Chiara Di Marco, Fabio Fusco.




lunedì 1 dicembre 2014

Don John la sua più grande passione è il porno, preferendolo addirittura al sesso reale.

Don John 




.wikipedia



è un film indipendente del 2013 scritto, diretto ed interpretato da Joseph Gordon-Levitt.
Questa pellicola segna il debutto dietro la macchina da presa dell'attore Joseph Gordon-Levitt in un lungometraggio[1].

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Jon Martello Jr., soprannominato "Don Jon", è un ragazzo italo-americano con una vita regolare e rituale. La messa, la palestra, le pulizie maniacali della sua casa, la discoteca, le ragazze. Ma la sua più grande passione è il porno, preferendolo addirittura al sesso reale. Finché un giorno non incontra Barbara in discoteca, bellissima ragazza bionda di cui si innamora che però lo costringerà a soddisfare la sua mania pornografica in maniera clandestina. Durante la loro relazione, a tratti noiosa, anche a base di film romantici, in cui Jon cerca di essere diverso da sé per soddisfare Barbara, conosce una collega di un corso serale con cui stringe una relazione dal carattere più "psicologico". Dopo che Barbara lo lascia perché scopre che egli non ha mai smesso con la sua mania, ormai diventata una vera droga, Jon con l'aiuto dell'altra donna capirà la realtà del suo problema e troverà il vero piacere del sesso e dell'amore in una relazione.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Il budget del film è stato di circa 6 milioni di dollari[2].

Titolo[modifica | modifica wikitesto]

Il titolo del film inizialmente era Don Jon's Addiction; con questo titolo infatti la pellicola viene presentata al Sundance Film Festival. Successivamente il regista Gordon-Levitt annuncia tramite il suo account Facebook che avrebbe cambiato il titolo in Don Jon con la seguente motivazione:
« Ho deciso di cambiarlo principalmente perché così è corto e semplice, se mi conoscete sapete che sono un fan della brevità. Secondo, avevo l'impressione che il vecchio titolo facesse giungere certe persone a certe conclusioni troppo in fretta. Alcune persone credevano fosse un film sulla dipendenza dalla pornografia e dal sesso, ma non è così. Don Jon è una commedia su come gli uomini e le donne si trattano tra loro, e su come i media che consumiamo possono creare aspettative irrealistiche. La storia ruota attorno a un giovane uomo che guarda troppa pornografia e una giovane donna che guarda troppi film romantici. È un tema che trovo affascinante e divertente. »
(Joseph Gordon-Levitt)

Joseph Gordon-Levitt in una scena del film

Cast[modifica | modifica wikitesto]

Joseph Gordon-Levitt scrisse la parte di Barbara proprio perScarlett Johansson, senza avere la certezza della partecipazione della star. Gordon-Levitt fu molto felice quando l'attrice accettò la parte[3].
Anne HathawayChanning Tatum e Cuba Gooding Jr. fanno dei brevi cameo, dove interpretano stelle del cinema protagonisti di film visti da Don Jon e Barbara.

Riprese e location[modifica | modifica wikitesto]

Le riprese del film iniziano il 28 giugno 2012[4] e si svolgono tra Los Angeles e Hackensack[5].

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film viene presentato al Sundance Film Festival il 18 gennaio 2013 ed il successivo 8 febbraio al Festival internazionale del cinema di Berlino[6].
Il primo trailer viene diffuso online il 22 maggio 2013.
La pellicola viene distribuita nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 27 settembre 2013, mentre in Italia arriva il 28 novembre.

Incassi[modifica | modifica wikitesto]

Fino al 5 dicembre 2013 il film ha incassato un totale di 30.282.081 dollari in tutto il mondo[7].

Premi e riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (ENDebutto, Imdb Official Site. URL consultato l'08-02-2013.
  2. ^ (ENBudgetBox Office MojoURL consultato il 27-11-2013.
  3. ^ (ENJohansson, Imdb Official Site. URL consultato l'08-02-2013.
  4. ^ (ENRiprese, Imdb Official Site. URL consultato l'08-02-2013.
  5. ^ (ENLocation, Imdb Official Site. URL consultato l'08-02-2013.
  6. ^ (ENPresentazione, Imdb Official Site. URL consultato l'08-02-2013.
  7. ^ Don Jon su Box Office MojoURL consultato il 7 dicembre 2013.


Don Jon
Don Jon.svg
Titolo originaleDon Jon
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno2013
Durata90 min
Colorecolore
Audiosonoro
Rapporto2,35 : 1
Generecommediadrammatico
RegiaJoseph Gordon-Levitt
SoggettoJoseph Gordon-Levitt
SceneggiaturaJoseph Gordon-Levitt
ProduttoreRam Bergman
Produttore esecutivoNicolas Chartier
Casa di produzioneModern VideoFilmRam Bergman Productions,Voltage Pictures
Distribuzione(Italia)Good Films
FotografiaThomas Kloss
MontaggioLauren Zuckerman
MusicheNathan Johnson
ScenografiaMeghan C. Rogers
CostumiLeah Katznelson
TruccoElena ArroyKentaro Yano
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali
Doppiatori italiani
Don Jon è un film indipendente del 2013 scritto, diretto ed interpretato da Joseph Gordon-Levitt.

HBO prepara un documentario su Scientology: assunti 160 avvocati












HBO prepara un documentario su Scientology: assunti 160 avvocati



In arrivo il documentario di

Alex Gibney tratto da “Going Clear”, l’avversatissimo libro di Lawrence

Wright sulla religione fondata da L. Ron Hubbard
Going-Clear-Scientology





La chiesa di Scientology è – notoriamente – abbastanza litigiosa e l’emittente HBO si

sta per cacciare in una valle di lacrime grazie al suo prossimo

documentario sull’argomento. Per fortuna è previdente: per tutelarsi, ha

appena assoldato 160 avvocati.





Contenuto originale, il film sarà tratto da Going Clear – Scientology, Hollywood & The prison of Belief, libro di Lawrence Wright già duramente avversato dalla religione fondata da L. Ron Hubbard e decostruito pezzo per pezzo in una sorta di contro-volume (divulgato da Scientology stessa).





I vertici di HBO sperano che il documentario sarà pronto per essere presentato al prossimo Sundance; firmato dal vincitore di Oscar Alex Gibney, conterrà scottanti rivelazioni anche su Tom Cruise e John Travolta.


venerdì 28 novembre 2014

Il leone del deserto

Il leone del deserto 

wikipedia.org 

(in arabo: أسد الصحراء, Asad al-ṣaḥrāʾ), realizzato nel 1981 per la regia di Moustapha Akkad, è un film storico, basato sulla vita del condottiero senussita libico Omar al-Mukhtar, che si batté opponendosi alla riconquista della Libia da parte del Regio Esercito italiano, interpretato da Anthony Quinn.


Il film è stato censurato impedendone la distribuzione in Italia, in quanto "lesivo all'onore dell'esercito italiano", dove è stato trasmesso in televisione solo nel 2009 a distanza di quasi trent'anni.

Il regista e produttore siriano Mustafà Akkad fu ucciso in Giordania nel 2005 in un attentato kamikaze di terroristi di al-Qāʿida ad Amman.

Trama

È il 1929 e l'allora capo del governo italiano Benito Mussolini (interpretato da Rod Steiger) deve confrontarsi con la ventennale guerriglia intrapresa dai locali arabi e berberi di Libia che si battono contro il colonialismo italiano e le sue rivendicazioni di una "quarta sponda", a simboleggiare un rinato Impero Romano sul suolo d'Africa.

L'Italia aveva occupato la regione, che era parte dell'Impero Ottomano,
nel 1911-1912, sconfiggendo i turchi che occupavano il Paese. Il
successo iniziale però si trasforma in una lunga guerra contro
l'inaspettata resistenza libica su cui per anni non si arriva a
conseguire una vittoria definitiva. Nel film Mussolini nomina, come successore sul posto di Pietro Badoglio, il generale Rodolfo Graziani (Oliver Reed), sesto Governatore di Libia,
sicuro che un militare di tale credito saprà schiacciare la rivolta e
ristabilire la pace e la sicurezza dei coloni italiani, in gran parte
provenienti dalle regioni povere del Sud Italia, dal Veneto e
dall'Emilia. Seguendo una strategia precisa dettata da Badoglio,
Graziani deporta popolazioni di pastori seminomadi, fa distruggere il
loro bestiame e, per impedire rifornimenti dall'Egitto, fa costruire un
reticolato di 270 km di filo spinato lungo il confine, costantemente
presidiato dalle truppe italiane. Organizza campi di concentramento dove
regnano denutrizione, stenti, epidemie e soffoca nel sangue la
ribellione. L'idea era di fiaccare l'opposizione dei ribelli libici
coinvolgendo nella repressione l'intera popolazione che forniva
assistenza, visto che la sola opzione militare si era dimostrata
insufficiente. Nel film,
le immagini dei lager, avvalorate dalle foto di cinecronache del tempo,
vanno a segno, e dimostrano la durezza della realtà del colonialismo (I
morti furono tra i 60.000 e i 100.000).

Ciononostante sembra una ricostruzione piuttosto di parte. Nella
realtà la deportazione delle popolazioni libiche nei "campi di lavoro"
aveva come fine allontanare il favore dell'opinione pubblica musulmana
dai ribelli, dunque sarebbe stato controproducente ed insensata
l'attuazione di tali misure repressive.

Si ricordi poi che la fame e gli stenti erano condivise, diversamente
dai campi di sterminio nazisti, anche dai carcerieri e dal popolo
italiano dell'epoca.

. Ad ispirare e guidare la resistenza dei guerriglieri è Omar al-Mukhtar (Anthony Quinn). Insegnante di professione, guerrigliero per dovere, Omar al-Mukhtar si è votato ad una lotta che non potrà vedere vinta nel corso della propria vita.

La storia, che si svolge in Cirenaica,
mostra solo in parte quella che è stata la resistenza libica
all'insediamento e la repressione italiana sul territorio. Molti furono i
gruppi armati anche in altre zone del paese, soprattutto in Tripolitania,
zona che però era già ben controllata dall'esercito coloniale. La
guerra iniziata ad ovest si sposta lentamente verso est e si scontra
contro la resistenza della confraternita Senussita guidata da Omar
al-Mukhtar.

Omar al-Mukhtar ed i suoi uomini si avvalevano di armi obsolete. Graziani controllava il Nordafrica con la forza dell'esercito italiano, aeroplani e carri armati furono impiegati per la prima volta nel deserto. Una dotazione primitiva non poteva reggere il confronto con delle armi moderne - come si afferma nel film
- e malgrado il loro valore i libici ebbero pesanti perdite (nel film
si vedono morire molti soldati italiani, in particolare camicie nere
della Milizia i cui ufficiali si distinguono per efferatezza ed indicati
nel film come italiani cattivi e militari fer





oci).

L'arresto di Omar al-Mukhtar da una foto dell'epoca
Nonostante tutto ciò, essi impegnarono per venti anni gli italiani
impedendo loro di conseguire una vittoria completa. Nel film viene
esaltato il coraggio e l'eroismo dei poi pochi ma veloci cavalieri
berberi armati di fucili, contro i blindati e i mezzi corazzati
dell'esercito italiano, decisamente inutili nel deserto.

In una scena Omar al-Mukhtar mostra il suo lato umano rifiutandosi di uccidere un giovane ufficiale superstite di un agguato (contrariamente a quanto scritto nei libri di storia[1]), riconsegnandogli anche la bandiera italiana catturata in combattimento poiché secondo lui nell'Islam non si uccidono i soldati prigionieri, ma si lotta solo per la propria patria e solo se mossi dalla necessità; altrimenti si deve odiare la guerra.
Lo sceneggiatore farà successivamente uccidere quel tenente italiano
alle spalle e a tradimento da un altro ufficiale italiano, appartenente
alla Milizia fascista.

Nel film al-Mukhtar viene catturato dalle truppe nazionali italiane (mentre in realtà fu catturato da uno squadrone di regolari libici a cavallo inquadrati nei Regi Corpi Truppe Coloniali)[2].

Nelle riprese è presente anche un raro documento di una veduta aerea
del campo di concentramento che gli italiani crearono in Libia per
rinchiudere la popolazione che appoggiava la resistenza. Alcune scene
poi rappresentano l'uso dei gas per combattere i ribelli oltre al
bombardamento aereo sull'oasi Cufra (uno dei principali centri dei
Senussi) in pieno Sahara.

Il film è ambientato nel 1931, anno in cui Graziani - figura chiave del film - fu nominato vice governatore della Cirenaica italiana, una delle due regioni libiche.

Censura in Italia

Le autorità italiane hanno vietato la proiezione del film nel 1982 perché, nelle parole del presidente del consiglio Giulio Andreotti, «danneggia l'onore dell'esercito». Il veto fu posto dall'allora sottosegretario agli Affari Esteri Raffaele Costa[3].

Fu anche intentato un procedimento contro il film per "vilipendio delle Forze Armate". La pellicola non fu mai distribuita nel Paese, dove resta tuttora introvabile nelle videoteche, anche se più facilmente reperibile tramite Internet.

Nel 1987 fu bloccata la proiezione dalla DIGOS in un cinema di Trento, ci fu così un processo che si concluse però con un nulla di fatto.

L'anno seguente venne proiettato semi-ufficialmente nel festival di Riminicinema a Rimini.[4]. In seguito è stato proiettato non ufficialmente in altri festival senza alcuna interferenza da parte delle autorità.

Craxi promise di mandarlo in onda sulla RAI, ma la promessa non fu mantenuta[5][6].

In occasione della sua prima visita ufficiale in Italia, il 10 giugno 2009, il leader libico Mu'ammar Gheddafi si presentò all'aeroporto italiano di Ciampino
con appuntata al petto la fotografia che ritrae l'arresto di
al-Mukhtār, accompagnato dall'ormai anziano figlio dell'eroe libico[7]. In quell'occasione, la piattaforma televisiva Sky annunciò la proiezione del film l'11 giugno[8], replicandolo più volte, ponendo così fine a un caso di censura durato quasi trent'anni[9].

Produzione

Il film venne girato a Hollywood, a Roma e Latina (si intravedono della città la Casa del Combattente e la Cattedrale di san Marco) e in Libia, nel deserto e nel Fezzan.

Il film Il leone del deserto fu parzialmente finanziato con 35 milioni di dollari da Mu'ammar Gheddafi, il quale chiese l'inclusione di una scena storicamente inesatta che mettesse in cattiva luce i Senussi, in modo da separare la figura di al-Mukhtar, suo riferimento ideale, da quella di re Idris I, capo dei Senussi e cacciato dalla rivolta di Gheddafi.[1]

Il film è stato ripetutamente trasmesso dalla televisione libica, per diffondere la visione storica di Gheddafi il quale è rappresentato da bambino presente all'impiccagione di al-Mukhtar[senza fonte]. Questa circostanza è un mero falso, in quanto Gheddafi nacque nel 1942, vale a dire alcuni anni dopo la morte di al-Mukhtar.

Critica

Lo storico inglese Denis Mack Smith ha scritto sulla rivista Cinema nuovo:
"Mai prima di questo film, gli orrori ma anche la nobiltà della
guerriglia sono stati espressi in modo così memorabile, in scene di
battaglia così impressionanti; mai l'ingiustizia del colonialismo è
stata denunciata con tanto vigore... chi giudica questo film col
criterio dell'attendibilità storica non può non ammirare l'ampiezza
della ricerca che ha sovrinteso alla ricostruzione".[10]

Note

  1. ^ wikipedia, Omar al-Mukhtar.
  2. ^ Domenico Quirico, Lo squadrone bianco, Milano, Edizioni Mondadori Le Scie, 2002, p. 313.. "A
    catturare Omar al-Mukhtar fu uno squadrone di altri libici che
    servivano nei nostri reparti a cavallo... Fu pura fortuna, perché il
    destriero di quel vecchio guerriero nella fuga inciampò facendo cadere a
    terra il suo padrone. L'uomo aveva un fucile a tracolla a sei cartucce,
    ma essendo ferito a un braccio non riusciva a puntare la sua arma. Il
    libico che vestiva la nostra divisa puntò il fucile e stava per sparare,
    non c'era pietà in quella guerra fratricida. Si fermò quando l'uomo
    lanciò un grido: "Sono Omar el Muchtàr!"
    .
  3. ^ Gianni Lannes, Ustica 1911, il lager della vergogna in l'Unità, 14 settembre 2001. URL consultato il 12 dicembre 2009.. In evidenza il brano: «In
    Germania, che pure non è tanto critica col suo passato nazista vedono
    nelle sale "Schindler's list", a noi italiani ci è stato negato di
    vedere un film crudo e veritiero nei minimi dettagli, trattasi di "Omar
    Mukhtar - il leone del deserto" con Anthony Quin, Gastone Moschin, Raf
    Vallone che racconta la storia dei partigiani libici scannati
    dall'esercito savoiardo. Il liberale Raffaele Costa rispose a
    un'interpellanza parlamentare dicendo che "Il film non poteva essere
    proiettato sugli schermi italiani perché offendeva il nostro esercito".
    »
  4. ^ Il leone del deserto, terrelibere.org. URL consultato il 7 aprile 2014.
  5. ^ Film satanici/1 - Omar Mukhtar il Leone del Deserto, 8 febbraio 2006. URL consultato il 7 aprile 2014.
  6. ^ Omar Mukhtar - Il leone del deserto su MyMovies. URL consultato il 7 aprile 2014.
  7. ^ Gheddafi in Italia con foto eroe anti-italiano sul petto, reuters.com, 10 giugno 2009. URL consultato il 7 aprile 2014.
  8. ^ Il leone del deserto arriva su SKY Cinema, sky.it, 10 giugno 2009. URL consultato il 7 aprile 2014.
  9. ^ Dopo trent’anni, via il divieto italiano al «Leone del deserto», corriere.it, 11 giugno 2009. URL consultato il 7 aprile 2014.
  10. ^ Eric Salerno, Genocidio in Libia, Roma, 2005, p. 15
  11.  
  12. L0001 r1.jpg

    Rodolfo Bigotti e Irene Papas in una foto di scena
    Titolo originale Lion of the Desert

    أسد الصحراء
    Paese di produzione Libia
    Anno 1981
    Durata 172 min.
    Colore colore
    Audio sonoro
    Genere guerra, storico
    Regia Moustapha Akkad
    Sceneggiatura H.A.L. Craig
    Interpreti e personaggi
    Doppiatori italiani
    Il leone del deserto (in arabo: أسد الصحراء, Asad al-ṣaḥrāʾ), realizzato