Il bambino abusato: evoluzione della normativa a sua tutela
Di Luigia Belli e Sandro Ciufici
Panoramica sulla legislazione internazionale
Il 19 novembre, a livello internazionale, si é celebrata la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Abuso all’Infanzia, voluta caparbiamente dalla Fondazione Summit Mondiale delle Donne – Dipartimento Infanzia - di Ginevra. All’appuntamento annuale hanno partecipato 783 organizzazioni non governative, distribuite in oltre 100 paesi del Mondo, con l’obiettivo di rilanciare l’importanza della prevenzione della violenza sui minori fra le priorità del nostro pianeta. Sebbene, infatti, la violenza sui minori assuma varie forme e sia determinata da un’ampia gamma di fattori, non ultimo l’ambiente naturale e culturale in cui ha luogo, rappresenta purtroppo un denominatore comune che coinvolge e chiama in causa tutti i paesi del mondo. Non a caso, infatti, la violenza sui bambini è percepita come un problema collettivo, a cui la comunità internazionale, negli ultimi decenni, ha cercato di dare una risposta comune.
La data della Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Abuso all’Infanzia, di fatto, non è frutto della casualità: il 19 novembre vuole precedere la ricorrenza della firma della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 (ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991). La Convenzione, che è la pietra miliare del cammino della comunità internazionale verso la definizione di strategie utili ad arginare la violenza sui minori e riconoscere il bambino come vero soggetto giuridico, venne ratificata da 193 Stati (con la sola eccezione di Somalia e Stati Uniti) e altrettanto numerose sono state le Nazioni che, a seguito, firmarono l’adesione ai Protocolli Opzionali alla Convenzione,
sia quello relativo alla vendita e alla prostituzione dei bambini, che quello concernente il coinvolgimento di bambini nei conflitti armati. In tal modo, la Convenzione è arrivata a rappresentare il trattato sui diritti umani che maggiori adesioni ha avuto in tutta la storia dell’uomo e la base giuridica irrinunciabile per tutti coloro che, nel mondo e a vario titolo, combattono affinché bambini e adolescenti possano crescere nel rispetto dei loro diritti fondamentali ed inviolabili. Apparsa sul panorama internazionale come uno strumento giuridico profondamente innovativo, è venuta ad affiancare altri trattati storici finalizzati a tutelare l’individuo, quali i Patti sui Diritti Umani, del 1966, e la Convenzione Internazionale per l’Eliminazione delle Discriminazioni contro la Donna, del 1979.
Ad ispirare l’azione delle istituzioni governative e non di numerosi paesi del mondo che oggi lavorano a favore dei minori è in particolare l’articolo 3 della Convenzione, che sancisce, per la prima volta, l’interesse superiore del minore, da tenere in preminente considerazione “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle Istituzioni pubbliche che private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi”.
A questo importante documento, che stabilisce solennemente il rispetto dei diritti di ogni bambino e la responsabilità delle istituzioni di rendere prioritari tali diritti e dare loro effettività, si ispirano e si sommano, nei decenni successivi, altri testi giuridici promossi e ratificati a livello europeo ed internazionale. Effettivamente, il XX secolo rappresenta una fase di rapida evoluzione della normativa internazionale relativa alla protezione dei bambini e, se il secolo si apre con bambini che non avevano praticamente nessun diritto ed una sola dichiarazione a loro difesa (la Dichiarazione di Ginevra sui diritti del fanciullo del 1924), lo stesso si conclude con una serie importante di documenti che sollecitano i vari Governi a garantire “la protezione e lo sviluppo armonioso del fanciullo”.
Nel 1993, dalla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale emerge la Convenzione sulla Protezione dei Minori e sulla Cooperazione in Materia di Adozione Internazionale, che istituzionalizza la cooperazione fra gli stati e stabilisce una serie di regole vincolanti per assicurare che l’adozione rappresenti davvero per il bambino una risorsa e uno strumento di risarcimento della violazione di un diritto. 76 Paesi firmano e ratificano la Convenzione, procedendo negli anni successivi a plasmare le proprie leggi relative al diritto del minore alla famiglia in funzione delle indicazioni fornite dalla citata Convenzione. Nel 2000 si fa un ulteriore passo avanti con il Protocollo per la Prevenzione, l’Eliminazione e la Repressione del Traffico di Esseri Umani, soprattutto di donne e bambini.
Nel campo del lavoro, il 1999 segna un anno di grande impegno in cui numerosi Governi, preso atto del drammatico problema del lavoro minorile, adottano la Convenzione dell’OIL[1] n.182, che sollecita “misure immediate ed efficaci atte a garantire la proibizione e l'eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile, con procedura d'urgenza”. Ciò ha spronato i paesi che hanno ratificato il trattato a modificare i piani d’intervento nazionali e a riformare le leggi già esistenti.
A livello europeo, è necessario citare l’entrata in vigore, il 1° luglio del 2000, della Convenzione Europea sull’Esercizio dei Diritti dei Minori, che contempla una serie di misure procedurali utili a far valere i diritti dei bambini, soprattutto in occasione di procedure familiari davanti alle autorità giurisdizionali (perdita o limitazione della potestà genitoriale, protezione di minori contro i trattamenti crudeli o degradanti, adozione, affido, custodia). Nel 2007, infine, vale la pena menzionare la Convenzione dell’Unione Europea, attualmente in fase di ratifica, sulla protezione dei minori contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale.
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia il prossimo anno celebrerà il proprio ventennale e, inevitabilmente, già si affastellano in tutto il mondo iniziative e giornate di studio per poterne analizzare le conseguenze, i benefici e i riflessi sulla condizione dei bambini nei vari paesi del mondo.
Già nel 2001, su raccomandazione del Comitato per i Diritti dell’Infanzia, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite chiese al Segretario di condurre uno studio analitico sul problema della violenza sui bambini nel mondo e di rivolgere raccomandazioni agli Stati membri affinché attuino un piano d’azione adeguato. Il risultato della ricerca ci dice che, indubbiamente, sono stati realizzati grandi progressi, ma il cammino da fare è ancora lungo. Sebbene gli Stati membri si siano impegnati a proteggere i bambini da ogni tipo di violenza, le testimonianze delle vittime in tutti i continenti ci fanno prendere atto che gli impegni sono ben lungi dall’essere rispettati nella loro totalità e ci obbligano a fare un ulteriore sforzo comune verso la definizione di obiettivi realistici e di una strategia ampia e complessiva. Un’antica massima cinese afferma: “Nessun suono può essere emesso se solo una mano applaude”. I bambini dell’Asia Orientale e del Pacifico ci hanno spiegato che “noi, i bambini, siamo una mano. Gli adulti sono l’altra mana. La Comunità è una mano. Il Governo è una mano … Noi crediamo veramente che si possa costruire una comunità pacifica, unita e piena d’amore, solo se lavoreremo tutti insieme per il futuro”.[2]
Panoramica sulla legislazione nazionale
Dalla ratifica della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo avvenuta con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, l’Italia ha compiuto importanti passi in avanti verso l’affermazione del diritto dei bambini ad una crescita non avvilita da carenze affettive, sociali e materiali e ad essere protetti da ogni forma di violenza e sfruttamento.
In particolare, in questi ultimi dieci anni sono entrate in vigore nuove leggi in materia di abuso e maltrattamento che hanno modificato profondamente gli scenari di intervento clinico, sociale e giudiziario.
La prima risposta significativa alla necessità di provvedimenti per contrastare il fenomeno degli abusi a danno di minori è stata la legge n.66 del 15 febbraio 1996, recante norme sulla violenza sessuale. La legge individua quattro figure criminose di violenza sessuale in senso ampio: la violenza sessuale propriamente detta (art. 609 bis), gli atti sessuali con minorenne (609 quater), la corruzione di minorenne (609 quinquies) e la violenza sessuale di gruppo (609 octies).
Le disposizioni della legge n. 66/96 tendono a tutelare qualsiasi persona da illecite e conturbanti invasioni nella propria sfera di libertà, sia essa maschio o femmina, adulto o minore. Una tutela particolare, tuttavia, è riservata a quest'ultimo a ragione della sua immaturità psichica e fisica, della sua conseguente incapacità di esprimere un consenso automaticamente libero e cosciente, della sua inesperienza e delle conseguenze altamente dannose per un suo equilibrato ed armonico processo di crescita.
Un’ulteriore innovazione legislativa in materia di abusi all’infanzia è rappresentata dalla promulgazione della legge n. 269/98: "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno dei minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù". Strutturalmente, la normativa è composta da 19 articoli i quali mirano sia a rafforzare la repressione penale mediante l’introduzione di nuove fattispecie delittuose (prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico ed iniziative turistiche finalizzate allo sfruttamento della prostituzione minorile), sia a fornire alla polizia giudiziaria nuovi mezzi di contrasto e più efficaci strumenti processuali.
La legge 269/98 ha permesso all'Italia di allinearsi all'orientamento internazionale in materia di perseguibilità penale per il reato di pornografia minorile, nonché di perseguibilità penale extraterritoriale per i reati di violenza e sfruttamento sessuale dei minori.
La legge è stata redatta in adesione alla Convenzione sui diritti del fanciullo e alla dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma del 1996, la quale si è conclusa con l'approvazione del Progetto delle dichiarazioni di intenti e del programma operativo, in cui si poneva come obiettivo la cooperazione a livello locale, nazionale, regionale ed internazionale dei paesi aderenti per combattere il fenomeno.
Un’immagine del Parlamento Italiano
Per tutelare ancor più i minori sul versante “sfruttamento sessuale”, grazie agli sviluppi conseguenti la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, tenutasi nel novembre 2001, e la Decisione quadro del dicembre 2003, il legislatore italiano ha approvato la legge n. 38 del 6 febbraio 2006: “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo Internet”. La legge dispone il divieto dell’uso di immagini virtuali di minori o di parti del corpo, in contesti reali o artificiali
e delinea un quadro punitivo severo nei confronti di chi assume condotte di distribuzione, divulgazione, diffusione e pubblicizzazione di materiale pedo-pornografico.
e delinea un quadro punitivo severo nei confronti di chi assume condotte di distribuzione, divulgazione, diffusione e pubblicizzazione di materiale pedo-pornografico.
Grande importanza, infine, ha avuto l'emanazione della legge 4 aprile 2001 n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” che tutela il minore da qualsiasi forma di violenza familiare. La legge ha introdotto (all'art. 282-bis c.p.p.) la misura coercitiva dell'allontanamento del familiare violento. La ratio della norma è stata quella di predisporre un rimedio rapido ed efficace nei casi più gravi di violenza in famiglia, di pornografia e di sfruttamento della prostituzione minorile.
La normativa apporta due importanti innovazioni: ampia la definizione di violenza, che viene individuata in tutte quelle situazioni di grave pregiudizio dell'integrità (fisica o morale) o della libertà di un componente qualsiasi del nucleo familiare causate da un altro componente della famiglia (legittima o naturale) e riconosce il diritto del bambino a non essere sradicato dal proprio ambiente familiare quando sia necessario porlo al riparo dal ripetersi della violenza.
Complessivamente, i nuovi provvedimenti legislativi hanno disegnato un quadro generale di tutela dei diritti
primari del minore e hanno posto le premesse per articolare un progetto di tutela all'infanzia fondato sulla multidimensionalità dell'analisi e sulla interdisciplinarità delle metodologie di un intervento
[2] Indirizzo programmatico dei delegati minori di 18 anni, nel Rapporto Regionale sui Risultati dello Studio del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro i Bambini: Asia Orientale e Pacifico (2005).
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