giovedì 16 gennaio 2014

DIPENDENZE E APPROCCIO PSICODINAMICO: UN PERCORSO POSSIBILE?

DIPENDENZE E APPROCCIO PSICODINAMICO: UN PERCORSO POSSIBILE?

 



 di Martinotti G., Monti L. , Conte G.L., Janiri L.
La medicina delle dipendenze è ormai divenuta una branca autonoma della scienza medica con fondamentali contributi provenienti dalla psichiatria, dalla farmacologia, dalla medicina interna, dall’igiene, dalla medicina legale e dalla medicina sociale: non riconoscere la complessità di tale ambito disciplinare significa operare in modo riduzionistico, e non assumersene l’onere si traduce nel rischio del fallimento di qualsiasi progetto terapeutico. A fianco del modello medico non può, tuttavia, essere tralasciato quello psicologico-psicoterapeutico, sia per i risvolti epistemologici che per i rimandi utili alla comprensione del fenomeno. Nello specifico, approcci di tipo cognitivo-comportamentali, educazionale e basati sul modello degli Alcolisti Anonimi o Minnesota hanno assunto, negli ultimi anni, un ruolo estremamente significativo, tanto da essere universalmente considerate come tecniche utili in un approccio di tipo integrato.
Differentemente, il ruolo dell’approccio psicodinamico è stato sempre accolto con scetticismo, considerato troppo “distante” da una realtà in cui il lato biologico, determinato dall’interazione tra sostanza e sistema nervoso dell’abusatore, svolgeva il ruolo di protagonista indiscusso. Qualsiasi approccio psicodinamico alla tossicodipendenza tende a considerare una serie di eventi concatenati ricercando il senso o la causa della condizione in atto in qualcosa di accaduto in precedenza: la genesi delle dipendenze, siano esse di natura tossicofilica o da comportamenti, e' rintracciata in altri problemi, precedenti e sottostanti, che avrebbero significato strutturale, mentre essa e' considerata generalmente un epifenomeno o addirittura semplicemente un sintomo o una forma espressiva del disturbo psicopatologico. Certamente questo può essere verificato in alcune circostanze, ma e' altrettanto vero che in molte altre rimane una petizione di principio, difficile da riconoscere nel caso clinico, spesso indimostrabile e a volte fuorviante. Ci si mette di fronte al problema della dipendenza senza affrontarla in modo diretto, considerandola come un fenomeno che rimanda ad altri scenari. Come esemplificazione del fatto che la tossicodipendenza e' abitualmente affrontata "come se" fosse qualcosa d'altro si ricorda che per Rosenfeld la personalità del tossicodipendente e' sovrapponibile a quella della sindrome maniaco-depressiva; Meltzer definisce come tossicomania "...un tipo di organizzazione narcisistica delle strutture infantili che indebolisce e può eliminare la parte adulta della personalita' dal controllo del comportamento"; Bowlby, elaborando la teoria generale dell'attaccamento, descrive la condizione di "iperdipendenza", che viene successivamente definita meglio come "attaccamento ansioso" o "immaturo"; Kohut inquadra la tossicomania nell'ambito dei disturbi narcisistici, per cui la droga è "una sostituzione di una funzione che l'apparato psichico non puo' svolgere, non un sostituto di un oggetto d'amore o da cui essere amati". Bergeret sostiene che non esiste una struttura di personalità specifica del tossicomane e che non c'e' una struttura psichica profonda che caratterizza i comportamenti di dipendenza, mentre qualunque tipo d'organizzazione mentale può dare loro origine e individua quindi tossicomani a struttura nevrotica, tossicomani con modalità di funzionamento mentale di tipo psicotico, tossicomani con un'organizzazione depressiva della personalità. Secondo Bergeret il tossicodipendente ha riportato delusioni precoci e ripetute nelle relazioni primitive fondamentali che fanno si che i desideri siano degradati a semplici bisogni non in grado di entrare nell’immaginario per l’incapacità di usare il registro fantasmatico e simbolico, e quindi necessariamente soddisfatti attraverso il comportamento mediante il passaggio all’atto. Di conseguenza, nulla di simbolico fa da contrappeso al piacere immediato e al sentimento di trionfo che la soddisfazione del bisogno procura. Questi bisogni tendono ad escludere la presenza di un’altra persona, inficiano in modo preponderante la capacità empatica e hanno forti componenti aggressive. Si tratta di soggetti con difficoltà di integrazione infantile e adolescenziale che rimangono sospesi in una sorta di “pseudolatenza interminabile”. Bergeret ha inoltre individuato tre fattori che in qualche modo sono propri della tossicomania e che si presentano indipendentemente dalla struttura di base a cui appartiene il funzionamento mentale del soggetto tossicomane:
1)  il registro comportamentale sopravanza sia in qualità che in quantità di investimento energetico il registro somatico e mentale ;
2)  l’esperienza tossicomanica determina una regressione al primitivo intreccio pulsionale dove gli investimenti risultano essere molto accentuati ed indifferenziati ;
3)  emergono delle notevoli difficoltà di identificazione per cui il soggetto tossicomanico ha difficoltà a prendere il posto dell’oggetto parentale e si limita ad imitarlo e a porsi in uno stato di soggezione ed influenzamento. In questo contesto l’interiorizzazione della legge del padre diventa molto difficile per non dire impossibile, la trasgressione non si pone in relazione alla legge del padre, ma piuttosto in relazione ad un gioco che sta tra la vita e la morte.
Se per i precedenti autori il campo delle dipendenze non ha mai rappresentato , nella pratica clinica, una parte significativa, Olievenstein, allievo di Lacan, e' forse l'unico che dedica in modo preponderante la sua attività ai tossicomani, sia dal punto di vista terapeutico che di ricerca, conducendo osservazioni su circa 12.000 casi seguiti presso il Centro Medico Marmottan di Parigi. Anch'egli individua uno specifico meccanismo psicologico per descrivere la genesi della dipendenza: la teoria della "fase dello specchio infranto". Secondo questa ipotesi il rituale tossicomanico trae origine dall'esperienza di una simultaneità del riconoscimento del Se' e della sua frattura ed e' basato sulla ricerca ad ogni costo di provare di nuovo, tramite la sostanza, quella prima esperienza d'incontro riuscito con l'immagine del Se' solo intravista. Il mancato riconoscimento delle esigenze del bambino come individuo separato, derivante dalla richiesta di riconoscimento da parte della madre, rende impossibile la definizione dell’individualità, e il bambino risulta costruito in maniera fittizia dalle proiezioni materne. L’immagine dello specchio è spezzata e ne risulta un profondo senso di incompletezza, che verrà annullato dalla sostanza d’abuso, che consente un temporaneo ripristino della propria interezza mediante un ritorno al momento della fusione col sé materno. Le specifiche qualità dell’eroina (la tipologi di sostanze maggiormente utilizzata dai tossicodipendenti seguiti da Olievenstein),  fanno si che il soggetto si senta, dopo la sua assunzione, sprofondato nell’arcaico, nel pregenitale; i suoi effetti peculiari permettono di riempire i vuoti dello “specchio”, annullando la fonte di angoscia. La sostanza riesce a collocarsi al posto della frattura e per quel preciso istante ad annullarla. Ciò aiuta a capire
l’impossibilità propria del tossicodipendente di fermarsi nell’acquietamento; si ha dinnanzi un individuo che prova una sofferenza che racchiude insieme la rabbia per ciò che è stato perduto (la possibilità di differenziarsi) e l’impotenza di fronte all’ineluttabilità del suo futuro. Quanto sostenuto da Olievenstein conferma, da un punto di vista fenomenologico e clinico, le osservazioni di Glover: "il tossicomane somiglia sempre a qualcosa gia' conosciuto clinicamente" (e cita elementi di psicoticita' maniaco depressiva o paranoie ed elementi di perversione, in particolare l'omosessualita'). Da questo punto di vista anche la posizione di Adler fornisce degli spunti interessanti. Adler, per spiegare le dinamiche che stanno alla base delle tossicodipendenze, utilizza alcuni concetti fondamentali della Psicologia Individuale, quali: l'intelligenza privata, i falsi scopi, il pensiero antitetico, la finzione, cosi' come vengono elaborati dal bambino viziato o trascurato e maltrattato. Il bambino viziato sviluppa una dipendenza assoluta soprattutto con la madre, che non permette di procedere secondo un corretto processo di individuazione: "abituato alla costante presenza di una persona, ogni situazione che ne preveda l'assenza appare ora inaccettabile". Il tossicodipendente sostituisce alla madre la sostanza stupefacente, sempre presente e capace di nutrire il soggetto. L'insicurezza profonda che lo caratterizza fa in modo che egli percepisca la sua inadeguatezza di fronte alla realtà esterna, usando la droga come agente deresponsabilizzante. Il tossicodipendente fuggendo dalla realtà, imputa all'ambiente ogni proprio fallimento e non sviluppa adeguatamente il sentimento sociale. Nel contesto sociale, tuttavia, non riuscirà più a trovare la dimensione viziante dell'infanzia e quindi vivrà un disagio nelle relazioni con il mondo e non sarà in grado di realizzare i compiti
vitali autonomamente. Il bambino trascurato o maltrattato non ha avuto accanto persone che si sono prese cura di lui e che hanno cercato di alleviare il primissimo sentimento di inferiorità fisiologico. Il bambino, in questo caso, non riesce a raggiungere un sufficiente grado di autonomia e ciò aggrava il suo sentimento d'inferiorità', trasformandolo in complesso d'inferiorità'. Adler ha paragonato lo stile di vita del tossicomane con quello del melanconico, il quale utilizza la propria debolezza come un'arma per evitare le responsabilità, aspirando a "costringere l'altro alla propria volontà e a conservare il prestigio, mediante l'anticipazione della rovina". Adler ritiene che i meccanismi che stanno alla base della dipendenza siano gli stessi delle nevrosi, delle difficolta' educative e delle perversioni. Infatti, egli pone sullo stesso piano i soggetti che abusano di sostanze, i nevrotici e i criminali, e considera la tossicodipendenza come un sintomo nevrotico causato da un mancato adattamento alla vita, che si manifesta, fin dall'infanzia, con comportamenti quali scoraggiamento, vigliaccheria, inadeguatezza, tutti dovuti a uno scarso sviluppo di sentimento sociale. Tutto ciò può portare l'individuo ad isolarsi per superare il sentimento di inferiorità, usando una sostanza per non dover affrontare i problemi che la realtà gli impone. Infatti, uno dei fini dell'uso di sostanze e' quello di evitare di prendere decisioni, di non dare risposte alle domande che la vita impone. Inoltre Adler ha evidenziato come l'irritabilità', la rabbia, l'aggressività', l'impazienza, la spacconeria, l'ambizione, la disobbedienza e la tendenza criminale, siano presenti nella personalità tossicomane e come siano espressione di un'aspirazione alla superiorità derivante da una compensazione verso un sentimento d'inferiorità'. Per concludere, è innegabile che i contributi sopra elencati forniscono al clinico degli strumenti utili sia per comprendere la genesi epistemologica di un quadro complesso come il fenomeno delle dipendenze, quanto per approcciare terapeuticamente il paziente nella maniera ottimale. Quanto esposto, tuttavia, può a nostro avviso essere di aiuto soltanto qualora alcune anacronistiche prese di posizione integraliste saranno definitivamente abbandonate, favorendo l’integrazione del modello psicodinamico all’interno di uno scenario variegato e multifattoriale come quello dell’addiction e della medicina delle dipendenze.

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