sabato 18 gennaio 2014

LE DIPENDENZE TECNOLOGICHE

LE DIPENDENZE TECNOLOGICHE

 

  
Daniele La Barbera,
ordinario di psichiatria presso l'Università degli studi di Palermo, presidente della Società Italiana di Psicotecnologie e clinica dei nuovi media (SIPtech).



www.cooplilium.it
di Daniele La Barbera

Approfondire il tema delle dipendenze tecnologiche consente di comprendere meglio come va evolvendo, nella società attuale, la relazione psicologica con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT, Information, Communication Technology) e il ruolo che esse oggi svolgono nella mediazione, ma anche nella regolazione, del nostro rapporto con la realtà. I dispositivi per comunicare e, più in generale, tutto il sistema dei media elettronici rappresentano infatti dei potenti fattori di cambiamento, non solo del modo di relazionarsi e di interagire, sia nella sfera pubblica che in quella privata, ma anche dell’assetto cognitivo-affettivo, della sensibilità e della sensorialità.  Le dipendenze tecnologiche comprendono una vasta area di fenomeni di addiction da differenti dispositivi tecnologici: computer, Internet, videogame, TV, cellulare. Inoltre, all’interno della categoria di dipendenze da Internet, si segnalano numerose varianti in relazione alla  specifica tipologia di funzione o servizio on-line che sta alla base della condotta additiva: chat, blog, e-mail, MUD, peer to peer, cybersesso, gioco d’azzardo on line, shopping e aste, trading on line, second life. Non è rara né la concomitanza di un uso compulsivo di più tecnologie, né quella di una contemporanea dipendenza da differenti attività in Rete. Diversamente da altre forme di dipendenza, le dipendenze tecnologiche a volte tendono ad una forma di spontanea estinzione o di progressivo ridimensionamento (short addiction), nella quale il soggetto, nell’arco di un periodo di mesi o, al massimo, di un paio di anni, diminuisce gradatamente l’intensità e l’estensione del proprio comportamento dipendente, spesso in modo del tutto autonomo da qualsiasi intervento terapeutico. A fronte di questi casi a prognosi favorevole, esistono però situazioni di dipendenza da tecnologia che tendono alla cronicità, con gravi danni per la vita socio-relazionale e con chiusura estrema alle attività off-line; con elevata frequenza tali casi interessano soggetti adolescenti o giovani adulti, pur potendosi presentare in qualsiasi fascia di età. Pure con una certa frequenza si assiste al rapido instaurarsi della dipendenza (fast addiction) e non è raro che la condotta additiva si sviluppi proprio in rapporto ai primi contatti con una determinata tecnologia o con una sua specifica funzione. Il potenziale additivo delle tecnologie della comunicazione è determinato da una serie di  fattori specifici: innanzitutto, un aspetto di notevole significato per comprendere più a fondo il problema è costituito dalla ipotesi di considerare le tecnologie della comunicazione e i media delle “psicotecnologie” (de Kerckhove D., 1996), ossia tecnologie che interagiscono direttamente con la nostra vita mentale, con le funzioni cognitive, con i canali sensoriali, intensificandone e amplificandone le potenzialità funzionali e operative; questo vertice di osservazione può spiegarci il fascino e l’attrazione che avvertiamo per dispositivi che, isomorfi a molti aspetti della nostra vita psichica, ne protesizzano molte attività e funzioni; le psicotecnologie avrebbero quindi un forte potenziale additivo proprio in ragione del fatto che esse, molto più di tanti altri mezzi tecnologici, impegnano direttamente la mente e i sensi, li coinvolgono pienamente, li gratificano e li stimolano variamente. Altri fattori che possiamo chiamare in causa per individuare la specificità additiva delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione sono rappresentati dall’estrema disponibilità e dalla facilità di accesso a questi dispositivi, oggi ubiquitari, diffusi in tutte le categorie sociali, utilizzati in tutte le fasce di età; dall’estrema facilità con cui è possibile interagire con le tecnologie ma anche con cui è possibile reiterare una certa esperienza tecno mediata; dalla velocità che caratterizza il rapporto con il mondo tecnologico e che rappresenta uno dei motivi di appeal maggiori di questi strumenti: “tempo reale” e istantaneità sono due aspetti del funzionamento delle tecnologie che tendiamo a importare anche nelle nostre transazioni sociali off-line; ancora, dall’intensa gratificazione sensoriale che molte delle esperienze che è possibile effettuare attraverso le tecnologie sono in grado di offrire, grazie anche al carattere di multimedialità sempre più spinta di molte attuali tecnologie della comunicazione e dell’informazione e alla loro tendenza a ibridarsi, cioè a essere sempre più polifunzionali; e, infine, dalla dimensione fortemente ludica che caratterizza tutta l’area del virtuale e delle tecnologie digitali. La rilevanza di questa categoria di disturbi, che possiamo fare rientrare tra le cosiddette “nuove dipendenze”, o dipendenze comportamentali, è dimostrata dall’impatto clinico progressivamente più ampio che essi tendono ad assumere; con sempre maggiore frequenza, infatti, condizioni di dipendenza da tecnologie sono oggetto di consultazione specialistica in ambito psichiatrico; potremmo anzi affermare che l’interesse di molti psichiatri e psicoterapeuti all’approfondimento di questa area clinica è stato sollecitato proprio dalla richiesta crescente di intervento da parte di pazienti – o dei loro familiari – affetti da una qualche forma di dipendenza tecnologica; in tal senso le dipendenze tecnologiche possono essere a pieno titolo considerate patologie psichiatriche emergenti, anche nel senso che la concettualizzazione, le ipotesi interpretative e diagnostiche e i modelli di cura sono stati sollecitati, negli anni recenti,  proprio dal contatto del clinico con queste nuove forme di disagio psichico.

Al pari di altre forme di dipendenza, sia nel novero delle new addiction, sia nell’ambito delle forme additive più tradizionali e conosciute, le dipendenze tecnologiche sono relative all’incontro tra un oggetto, un soggetto, un contesto; se delle caratteristiche additive dell’oggetto tecnologico abbiamo più sopra discusso, possiamo adesso accennare alle caratteristiche psicologiche e psicopatologiche individuali che agiscono come fattori predisponenti per l’insorgenza di una dipendenza tecnologica. Anche in questo ambito una serie di dimensioni psicopatologiche appaiono più direttamente implicate nel poter favorire la condotta additiva: impulsività, compulsività, alessitimia, tendenza alla dissociazione; inoltre intensi vissuti di inadeguatezza, di colpa e di vergogna, introversione spiccata, iperespressione di fattori temperamentali quali sensation seeking,  novelty seeking, reward dependance; tra i dipendenti tecnologici, specie giovani, si riscontra con discreta frequenza la presenza di tratti personologici di tipo evitante, ossessivo-compulsivo, più raramente schizoide. Significativa l’associazione, sia nell’adolescente che nell’adulto, tra l’ADHD e una condotta di utilizzazione dipendente di computer, videogiochi o Internet; in tal caso è interessante osservare che soggetti che in ambito scolastico o lavorativo mostrano evidenti difficoltà a mantenere l’impegno o la concentrazione a volte anche per periodi molto brevi, riescono a protrarre la navigazione in Rete o l’esecuzione di un videogame per ore, senza alcun calo della acuità attentiva, verosimilmente per l’effetto gratificante e stimolante sensoriale che ne ricavano.  Questa potrebbe rappresentare un’altra prova a sostegno dell’ipotesi che il contatto con le esperienze tecnomediate per alcuni soggetti può assumere il significato di un tentativo di autoregolazione emozionale, di compensazione di elementi depressivi o anedonici, che, in maniera del tutto simile a quanto avviene nelle stesse tossicodipendenze, provoca un circuito vizioso che tende a peggiorare la generale disregolazione della vita affettiva e finisce con il rafforzare il legame dipendente, anche per via delle ricadute negative sulla vita sociale e relazionale che tutte le forme di addiction finiscono col  determinare. Pure rilevante, per la comprensione dello specifico rapporto psicologico che ogni individuo stabilisce con i dispositivi tecnologici elettronici e digitali, risulta il rapporto tra computer self-efficay e dipendenza tecnologica; recenti ricerche (La Paglia, Caci, La Barbera, 2008; Yang, Lay, Lay, 2008) evidenziano come ad una elevata competenza e attitudine nella gestione delle nuove tecnologie e alla percezione di un’alta capacità performativa nel loro uso, corrispondono più elevati potenziali di rischio additivo. Tali aspetti si evidenziano con particolare frequenza nei casi di dipendenze tecnologiche in adolescenti, in cui i due fattori risultano associati con estrema regolarità. Per altro il problema delle dipendenze tecnologiche si pone con particolare delicatezza nella fascia di età adolescenziale; in alcuni casi infatti, un grado elevato di abilità e competenza tecnologica nei ragazzi sembra svilupparsi proprio a scapito della competenza emotivo-affettiva, della capacità di autoregolazione emozionale, della corretta attitudine a sviluppare costrutti esistenziali e orizzonti di senso personali e maturativi. In tale ambito di criticità è pure possibile inserire un certo uso regressivo adolescenziale delle tecnologie della comunicazione che di frequente oggi si segnala in molte forme di cyber bullismo o di molestie e prevaricazione sessuale che si realizzano attraverso i circuiti mediatici costruiti attraverso il telefonino, Internet, YouTube, i Blog. In tali condotte si evidenziano con chiarezza tratti narcisistico-onnipotenti che possono rappresentare uno degli aspetti più deteriori della civiltà mediatica di massa, orientata alla fruizione istantanea, cinica e spettacolarizzata anche degli aspetti più privati, intimi, problematici dell’esistenza. Senza alcun dubbio l’insieme di tali aspetti richiama l’attenzione sulla necessità che il rapporto dei giovanissimi con l’universo tecnologico e mediatico possa essere regolato e accompagnato da una competenza vigile da parte degli adulti. In tale esigenza che oggi appare fondamentale per la corretta formazione dei bambini e dei ragazzi in un mondo non privo di aspetti caotici e irrazionali, si segnala la difficoltà da parte dei genitori e degli educatori di interagire sul piano dell’abilità tecnologica con una generazione che mostra già dalla più tenera età una straordinaria attitudine a familiarizzare con estrema facilità con ogni tipo di dispositivo tecnologico. Un elemento particolarmente critico è quindi rappresentato

 dalla forte discrepanza tra la capacità di utilizzare adeguatamente le tecnologie da parte di bambini e adolescenti e la relativa mancanza di autoefficacia che molti adulti denunciano in questo campo: il risultato di questo profondo solco culturale – un vero e proprio digital divide intergenerazionale – è quello di allontanare sempre di più la dimensione esperienziale e le sottoculture giovanili dal mondo degli adulti, contribuendo a distanziare i linguaggi e a rendere poco intellegibili i relativi vissuti (La Barbera et al. in  press). L’esperienza clinica dimostra che un altro fattore di rischio per lo sviluppo di dipendenze tecnologiche nei giovanissimi è rappresentato dalla assenza di genitori o adulti significativi in grado di monitorare e orientare il rapporto dei ragazzi con gli strumenti tecnologici; inoltre, quando un comportamento di dipendenza tecnologica si è già stabilmente instaurato, il ruolo dei genitori diviene sempre più  marginale e la loro possibilità di intervenire sul comportamento additivo dell’adolescente non solo appare pressoché irrisoria, ma spesso del tutto controproducente; quindi quasi sempre è solo  nella fase iniziale di rapporto con le esperienze tecnomediate che può strutturarsi un intervento pedagogico e preventivo utile ed efficace nei confronti del rischio di uso inadeguato o additivo.
 Quando l’addiction tecnologica si sarà ormai stabilita, sia per l’adolescente che per l’adulto il lavoro terapeutico non sarà facile, né breve; si tratterà, spesso con l’ausilio congiunto di un adeguato trattamento psicoterapeutico e dell’impiego di una terapia farmacologica, variabile in relazione alle determinanti psicopatologiche e personologiche individuali, di favorire l’estinzione della condotta dipendente attraverso il recupero della capacità del soggetto di trarre piacere e gratificazione da esperienze diversificate in modo non compulsivo e iterativo, ristabilendo la capacità di regolare il rapporto con l’oggetto in modo non vorace, onnipotente ed immersivamente esclusivo. Porre l’accento sui rischi impliciti nel rapporto con le nuove tecnologie non deve però in alcun modo privarci della capacità di intravedere, nell’attuale universo tecnologico, una straordinaria possibilità di cambiamento evolutivo della coscienza umana.  Come afferma Henry Jenkins (2006) la prospettiva rivoluzionaria continuamente ridisegnata dai nuovi media elettronici va verso la creazione di una nuova cultura convergente, capace di modellare una nuova politica della partecipazione e della condivisione, una sensibilità info-estetica e tecno-ludica e una capacità creativa collettiva in rapporto con una stimolazione della dimensione dell’immaginario che non ha eguali nella storia della cultura umana. La sfida straordinaria posta oggi da questa innovativa mitologia post-moderna richiede quindi di individuare le sinergie possibili tra umanesimo, tecnologia, arte e scienza, cogliendo, insieme con gli elementi di rischio e di criticità, le immense potenzialità evolutive e le risorse creative offerte dalla sviluppo della civiltà digitale

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