venerdì 14 novembre 2014

Dislessia

Dislessia

 

 

 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.    http://it.wikipedia.org/wiki/Dislessia
Avvertenza
Le
informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere
accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono
il parere medico: leggi le avvertenze.
La dislessia è un disturbo[1] classificato tra i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) con il codice F81.0, e la sua principale manifestazione consiste nella difficoltà che hanno i soggetti colpiti a leggere
velocemente e correttamente ad alta voce. Tali difficoltà non possono
essere ricondotte a insufficienti capacità intellettive, a mancanza di istruzione, a cause esterne o a deficit sensoriali.

Dato che leggere è un complesso processo mentale, la dislessia ha
svariate espressioni. Questa sindrome sembra strettamente legata alla
morfologia stessa del cervello. La dislessia non è una malattia o un problema mentale. Secondo la definizione più recente, approvata dall'International Dyslexia Association (IDA), "la dislessia è una disabilità dell'apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella scrittura (ortografia). Queste difficoltà fonologica
del linguaggio, che è spesso inatteso in rapporto alle altre abilità
cognitive e alla garanzia di un'adeguata istruzione scolastica.
Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione
nella lettura e una ridotta pratica nella lettura che può impedire una
crescita del vocabolario e della conoscenza generale".

derivano tipicamente da un deficit nella componente

Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità
classifica la dislessia e gli altri disturbi specifici di apprendimento
come disabilità, per cui non è possibile apprendere la lettura, la
scrittura o il calcolo aritmetico nei normali tempi e con i normali
metodi di insegnamento.

Se questo problema non viene identificato nei primi anni della scuola
primaria, tramite la valutazione di una persona esperta nel campo dei
disturbi dell'apprendimento, le conseguenze possono risultare di una
certa gravità. Se il/la bambino/a dislessico/a è sottoposto/a a un
metodo d'apprendimento usuale, riuscirà solo con un grande dispendio di
energia e concentrazione a ottenere risultati che per i suoi compagni e
per l'insegnante sono quasi banali. Durante la scuola dell'infanzia è
possibile effettuare una valutazione dei prerequisiti per l'abilità di
lettura, in modo da poter intervenire precocemente e rafforzare delle
competenze eventualmente carenti, tuttavia a oggi non sono stati
identificati dei predittori del disturbo nella popolazione normale;
mentre sappiamo che sono a rischio di dislessia (nel senso che hanno
maggiori probabilità di manifestarla) chi ha disturbi del linguaggio e
chi ha un genitore dislessico. Anche se la diagnosi di dislessia può
essere fatta solo in classe seconda o terza della scuola primaria, già
in prima elementare alcuni/e bambini/e manifestano difficoltà
nell'imparare a leggere ed è opportuno dare un aiuto senza
colpevolizzazione, intervenendo subito; aspettando, la difficoltà
aumenta. La dislessia ha una prevalenza maggiore nei maschi. I problemi
maggiori nascono quando i bambini dislessici non vengono compresi,
poiché spesso passano per pigri o addirittura per stupidi. Questo li
porta spesso a perdere la propria autostima, a forme di depressione o ansia, a crisi d'identità e molto spesso a rigettare in toto
il mondo della scuola, rinunciando in questo modo a molte possibilità
che la loro intelligenza del tutto normale, invece, consentirebbe.

Elementi da considerare nel valutare la dislessia

Vanno innanzitutto esclusi disturbi generalizzati dello sviluppo e
considerate patologie mediche generali, precedenti disturbi dello
sviluppo e anomalie associate. Per la diagnosi di dislessia, e di tutti i
DSA, è necessario: - Funzionamento Intellettivo nella Norma - Almeno
No.2 prove diagnostiche con valori sotto le -2 DS - Funzionamento
scolastico deficitario

Come si manifesta la dislessia

La dislessia si può presentare in modalità molto diverse da soggetto a
soggetto. Di seguito vengono presentate le caratteristiche più comuni
relative alla decodifica della singola parola o del testo scritto. Queste possono non essere tutte presenti contemporaneamente.

  • Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio

    Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o
    simili, ma diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la “p” e
    la “b”; la “d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”; la "b" e la
    "d"... Nell'alfabeto
    latino sono molte le coppie di grafemi che differiscono rispetto al
    loro orientamento nello spazio, per cui le incertezze e le difficoltà di
    discriminazione possono rappresentare un impedimento alla lettura.
  • Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari

    Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano
    somiglianze. Egli, ad esempio, può confondere la “m” con la “n”; la “c”
    con la “e”; la “f” con la “t”; la "e" con la "a"... questo succede
    specialmente se si tratta di una scrittura in corsivo o in script.
  • Scarsa discriminazione di grafemi che corrispondono a fonemi sordi e fonemi sonori

    Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi relativi a fonemi
    con somiglianze percettivo-uditive. L’alfabeto è composto di due gruppi
    di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori, che risultano
    somiglianti
    tra loro, per cui anche in questo caso l’incertezza percettiva può
    rappresentare un ostacolo alla lettura. Le coppie di fonemi simili sono
    le seguenti:
F V
T D
P B
C G
S sorda S sonora
  • Difficoltà di decodifica sequenziale

    Leggere nella lingua italiana richiede al lettore di procedere con lo
    sguardo in direzione sinistra-destra e dall'alto in basso; tale processo
    appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di
    apprendimento della lettura ma, con l’affinarsi della tecnica e con
    l'uso della componente intuitiva, la difficoltà diminuisce gradualmente
    fino a scomparire. Nel soggetto dislessico, invece, talvolta ci troviamo
    di fronte a un ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui si
    manifestano con elevata frequenza i seguenti errori:
    • Omissione di grafemi e di sillabe

      Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la
      decodifica di consonanti (ad esempio può leggere “fote” anziché “fonte”;
      oppure “capo” anziché “campo”...) o di vocali
      (può leggere, ad esempio,
      “fume” anziché “fiume”; “puma” anziché piuma”...) e, spesso, anche di
      sillabe (può leggere “talo” anziché “tavolo”; “paro” anziché
      “papavero”...). In alcuni casi capita che questi soggetti leggano la
      prima parte della parola, mentre la seconda se la inventino o immaginino
      (vedi "Prevalenza della componente intuitiva", subito sotto).
    • Salti di parole e salti da un rigo all’altro

      Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo
      e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere
      parole o di intere righe di lettura.
    • Inversioni di sillabe

      Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori
      particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio,
      leggere “li” al posto di “il”; “la” al posto di “al”, “ni” al posto di
      “in”...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di
      “tavolo”...).
    • Aggiunte e ripetizioni

      La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra
      può dare origine anche a errori di decodifica caratterizzati
      dall'aggiunta di un grafema o di una sillaba (ad esempio “tavovolo” al
      posto di “tavolo”...).
  • Prevalenza della componente intuitiva

    Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia,
    indubbiamente, l'uso del processo intuitivo rispetto a quello di
    decodifica. L’intuizione della parola scritta rappresenta un valido
    strumento ma, al
    tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione.
    Non di rado, infatti, il soggetto esegue la decodifica della prima
    parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima
    sillaba, e procede “intuendo”/“inventando” l'altra parte. La parola
    contenuta nel testo viene così a essere spesso trasformata in un’altra,
    il cui significato può essere affine ma anche completamente diverso.

Possibili ripercussioni sulla scrittura

  • Difficoltà di copiatura dalla lavagna
    a causa della lenta o scorretta decodifica. Può inoltre essere causa di
    questo problema l'incapacità di decodificare la scrittura di un'altra
    persona, avendo già problemi con la propria.

Possibili ripercussioni sull'apprendimento logico-matematico

  • Il soggetto talvolta può presentare alcune difficoltà di decodifica
    del testo del problema e può presentare l'impedimento nella risoluzione
    di semplici problemi matematici che i non affetti di dislessia
    risolverebbero senza problema. Hanno quindi un apprendimento più lungo
    della norma.

Dislessia e difficoltà semplici della lettura

La dislessia si riconosce per la presenza di caratteristiche, più o
meno presenti, sopra descritte, che impediscono o ostacolano fortemente
il processo di decodifica.

Le difficoltà semplici di lettura, invece, si riconoscono per la
presenza di uno o di alcuni degli elementi di

riconoscimento sopra
descritti, ma gli ostacoli alla conquista di adeguate tecniche di
lettura risultano superabili attraverso l’esercizio graduato, la
proposta di attività coinvolgenti e stimolanti, la sollecitazione delle
curiosità del soggetto, lo sviluppo di capacità di base talvolta non
adeguatamente interiorizzate all'ingresso della scuola elementare.

Le difficoltà semplici di lettura sono dovute, quasi sempre, a un
ritardo maturazionale, a lievi difficoltà percettivo-motorie, a un
inadeguato bagaglio di esperienze, a scarso investimento motivazionale,
ma anche a errori didattico-pedagogici che i docenti compiono sia nelle
prime proposte didattiche relative all'approccio alla lingua scritta
sia, successivamente, negli itinerari di recupero conseguenti
all'accertamento delle difficoltà stesse.

Tipologie di dislessia

La lettura può passare per diverse vie:

  • la via fonologica, che dalla percezione visiva passa per la conversione grafema-fonema e quindi per il buffer fonemico. È una via più lenta perché ogni fonema viene letto singolarmente.
  • la via lessicale non semantica, che dalla percezione visiva passa
    per il lessico ortografico di input e giunge al lessico fonologico di
    output e quindi al buffer fonemico. Si basa sulla lettura della parola
    intera basandosi sull'elaborazione parallela.
  • la via lessicale semantica, che va dalla percezione visiva al
    sistema semantico al buffer fonemico. Si utilizza in presenza di parole
    conosciute.
Nell'apprendimento della lettura il bambino attraversa vari stadi, corrispondenti all'acquisizione delle differenti vie:

  • Stadio logografico: il bambino elabora le proprietà salienti della parola;
  • Stadio alfabetico: si realizza l'associazione grafema-fonema, si leggono nuove parole;
  • Stadio ortografico: si comincia a eseguire elaborazioni in parallelo
    e a leggere la parola per intero, applicando regole fonologiche;
  • Stadio semantico: si attiva la via lessicale semantica, la lettura diviene molto più fluente.
A queste diverse vie si associano differenti disabilità nella lettura.

È possibile classificare la dislessia in:

  • superficiale: sono compromesse le vie lessicali ma la lettura, seppur stentata, è possibile;
  • fonologica: è compromessa la via fonologica perché manca una
    corretta associazione grafema/fonema, ma la via ortografica non è
    compromessa;
  • profonda: la via semantica è compromessa e si effettuano delle parafasie semantiche.
Un'interpretazione clinica della dislessia viene da E. Boder, che distingue tra:

  • dislessia diseidetica: è difficoltosa la rappresentazione della
    parola nelle sue variazioni, le parole nuove non sono comprensibili;
  • dislessia disfonologica: il deficit è a livello delle mappe grafema-fonema.
Un'ulteriore classificazione neuropsicofisiologia, ideata da Bakker,
propone di considerare le dislessie a

seconda dell'emisfero danneggiato:

  • Tipo L (emisfero dx): sono presenti deficit visuo-percettivi, la
    lettura è colma di errori perché manca una sufficiente mediazione delle
    aree preposte.
  • Tipo P (emisfero sx): si utilizzano strategie percettive, la lettura seppur stentata è possibile;

Percorsi terapeutici

Ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato in relazione: alle caratteristiche psicologiche
del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità e difficoltà
riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di
metacognizione individuati. Le linee guida prevedono due itinerari da
portare avanti parallelamente:

  • itinerario relativo alle competenze di base percettivo-motorie e meta-fonologiche
  • itinerario specifico per la lettura
Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune
riscontrate nelle capacità di base; il secondo itinerario ha invece lo
scopo di promuovere la conquista di capacità di lettura più adeguate. È
importante quindi che i due itinerari siano proposti parallelamente e
con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di
quelle capacità di lettura che possono gratificare il bambino.
Quest’ultimo dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi,
egli stesso dovrà conoscere gli obiettivi che, di volta in volta,
dovranno essere raggiunti; in questo modo gli sarà possibile essere
protagonista e, al tempo stesso, “osservatore” dei propri processi di
apprendimento.

Consulenza alla famiglia Il lavoro con la famiglia deve integrare il
percorso individuale del soggetto dislessico. Gli incontri con la
famiglia sono un momento fondamentale nel lavoro con il bambino che
presenta difficoltà di apprendimento; attraverso queste sedute si cerca
di sostenere sia i genitori sia i figli nel cammino verso la piena
comprensione del problema, verso la ricerca condivisa di modalità idonee
per affrontarlo, evitando che il problema stesso giunga a pervadere
ogni ambito della vita del bambino e crei disagi insormontabili nella
sfera affettiva e relazionale. Nelle situazioni di disturbo specifico è
in ogni caso importante che questo tipo d’intervento affianchi, ma non
sostituisca, il lavoro individuale e personalizzato con il bambino, che
deve essere portato avanti da personale preparato e in grado di
stabilire adeguati raccordi con la scuola.

Ergonomia del testo

I problemi di dislessia impongono di pensare all'ergonomia del testo
scritto. Alcune linee guida possono essere d'aiuto per rendere più
agevole la lettura, pur senza risolvere il problema.

  • font tipografico tendenzialmente senza grazie, in quanto rendono il
    testo graficamente più pesante. È importante che, però, siano
    differenziate almeno la "l" maiuscola e la "l" minuscola. Un carattere
    senza grazie (ossia senza le sporgenze alle estremità delle aste
    verticali), come quello in cui è scritto questo testo, è bene usarlo per
    testi brevi, con una spaziatura del 5-6% tra le lettere, perché nel
    caso di
    lettere come le “o” e la “g” lo scuro, verticale, del carattere
    risulta più vicino alle lettere che precedono e che succedono facendo
    perdere l’unità della lettera. Un altro problema che già danno i
    caratteri di larghezza media (meno evidente con quelli più stretti) è
    che nelle lettere aperte come la “n”, la “m”, la “u” e la “v” il bianco
    entra nell’area del carattere, disturbando la lettura. È per questo
    motivo che i libri sono impaginati con caratteri con le grazie, che
    stancano meno la lettura, nonostante siano meno sintetici, e nel caso di
    difficoltà di decodifica visiva sono meno indicati nella fase iniziale.
    Un’altra possibilità che può aiutare approcci difficoltosi è di usare
    il maiuscoletto al posto delle lettere minuscole, sempre distanziando un
    poco le lettere tra loro;
  • sconsigliata la frazionatura delle parole andando a capo. È
    importante che la riga contenga un massimo di settanta battute. Le
    battute giuste (da cui il termine giustezza
    della riga) dovrebbero essere circa sessanta, in modo che l’occhio sia
    facilitato a tornare indietro e il ritmo della respirazione possa
    accompagnare la lettura;
  • giustificazione solo a sinistra (sbandierato a destra) per tre ragioni principali:
    • equispaziatura delle parole e delle lettere che rende la lettura più lineare e codificabile
    • la sbandieratura a destra permette di avere una forma particolare
      dell'insieme della pagina che aiuta a evitare la perdita del segno
    • elimina la frazionatura delle parole andando a capo
  • ampia interlinea.

Dislessia e disagio psicologico

È frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano
individuate precocemente e che il bambino sia costretto a vivere una
serie di insuccessi a catena senza che se ne riesca a comprendere il
motivo. Quasi sempre, i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico
vengono attribuiti allo scarso impegno, al disinteresse verso le varie
attività, alla distrazione. Questi alunni, oltre a sostenere il peso
della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli.
L’insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di
fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che,
nel tempo, può strutturarsi e dare origine a un'elevata demotivazione
all'apprendimento e a manifestazioni emotivo-affettive particolari quali
la forte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamenti istrionici di
disturbo alla classe e, in alcuni depressione.

casi, la

Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio
problema a tutto tondo e ne rimane imprigionato fino a che non viene
elaborata una diagnosi accurata che permette di fare chiarezza.

Possibili sensazioni e comportamenti del ragazzo dislessico

Provando a mettersi nei panni di un bambino o di un ragazzo con
disturbo di apprendimento si possono immaginare le esperienze e gli
stati d’animo:

  • egli si trova a far parte di un contesto (la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte;
  • osserva però che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte e ottiene buoni risultati;
  • sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti (“stai
    più attento!”, ” Impegnati di più!”, “hai bisogno di esercitarti
    molto”…);
  • si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei;
  • comincia a maturare un forte senso di colpa sentendosi responsabile delle proprie difficoltà;
  • ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui, né gli insegnanti né i genitori;
  • ritiene di non essere all’altezza dei compagni e che questi non lo
    considerino membro del loro gruppo
    a meno che non vengano messi in atto
    comportamenti particolari (ad esempio quello di fare il buffone di
    classe);
  • per non percepire il proprio disagio, mette in atto meccanismi di
    difesa che non fanno che aumentare il senso di colpa, come il forte
    disimpegno (“Non leggo perché non ne ho voglia!”, “Non eseguo il compito
    perché non mi interessa”…) o l’attacco (aggressività);
  • talvolta il disagio è così elevato da annientare il soggetto ponendolo in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura.

Possibili atteggiamenti dei familiari del soggetto dislessico

Per la maggior parte dei genitori la scuola è importante, è al primo
posto nella vita dei bambini e dei ragazzi, tutto il resto viene dopo e,
se la scuola va male, ne sono insoddisfatti e chiedono al/alla figlio/a
un maggiore impegno. Non di rado si sente dire ai genitori rispetto
alla difficoltà del figlio: “Non me lo aspettavo… mi è sempre sembrato
un bambino intelligente…".

L'ingresso nella scuola elementare ha, in questi casi, fatto emergere
un problema; il bambino non apprende come gli altri, gli altri sanno
già leggere e scrivere, lui invece… Comincia così la storia del
bambino – scolaro, una storia che, in certi casi, ha risvolti davvero
drammatici, non si riesce a comprendere tutta quella serie di “perché”
che permetterebbero di intraprendere percorsi adeguati ed efficaci e si
cercano soluzioni spesso dannose, anche se decise in buona fede. Ecco
allora che si sottopongono i figli a estenuanti esercizi di recupero
pomeridiano, si elargiscono punizioni (niente più sport, niente più
videogiochi…), e talvolta si arriva anche a far cambiare scuola al
figlio.

Nonostante si parli molto di questi problemi, c’è ancora scarsa
conoscenza e non sempre la diagnosi giunge in tempi accettabili,
cosicché sia il bambino sia la famiglia tutta vivono esperienze
frustranti, generatrici di ansia e di un clima affettivo non certamente
favorevole.

Co-morbilità

Insieme alla dislessia possono presentarsi diverse altre problematiche più o meno collegate:

  • Disgrafia ovvero la difficoltà di realizzare i grafemi manualmente in modo leggibile e fluente;
  • Disortografia ovvero la difficoltà di rispettare le regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto;
  • Discalculia ovvero la difficoltà di svolgere calcoli aritmetici a mente o su carta senza l'uso di calcolatrice o strumenti atti a ciò;
  • Disprassia Problematiche motorie.
  • Eminegligenza spaziale unilaterale ovvero un deficit di attenzione, solitamente in seguito a lesioni destre, che porta a ignorare l'emicampo visivo sinistro.[senza fonte]

Classificazione ICD-10

F81.0 Disturbo specifico delle lettura (Dislessia)

F81.1 Disturbo specifico della scrittura (Disortografia)

F81.2 Disturbo specifico delle abilità aritmetiche (Discalculia)

F81.3 Disturbi misti delle abilità scolastiche

Recenti ricerche

Secondo quanto riportato dal notiziario on line delle Scienze, ricercatori della Scuola di Medicina dell'Università di Yale hanno identificato un gene nel cromosoma umano 6, chiamato DCDC2,
le cui alterazioni sarebbero associate alla dislessia. Secondo questi
studiosi una mutazione genetica di DCDC2

condurrebbe a un difetto nella
formazione dei circuiti cerebrali preposti alla lettura. L’alterazione
genetica sarebbe ereditaria.

Il principale autore della ricerca, Jeffrey R.Gruen,
ritiene che questi risultati, se confermati, potrebbero portare a una
migliore diagnostica per identificare la dislessia e potrebbero portare a
una migliore comprensione del funzionamento a livello molecolare della
lettura. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
La ricerca si basa su un campionamento statistico effettuato su 153
famiglie dislessiche. Le prove statistiche dimostrerebbero che circa il
20% dei casi di dislessia è dovuto all'alterazione nel gene DCDC2.
L'alterazione genetica su questo cromosoma corrisponde alla
cancellazione di una regione regolatrice. Lo stesso gene è responsabile,
nei centri della lettura del cervello, della modulazione della
migrazione di neuroni. Questa architettura cerebrale è necessaria per
leggere normalmente.

Il mondo della scuola

Normativa

I bambini dislessici ancora faticano a essere compresi e accettati a
scuola dove la maggior parte degli apprendimenti passa ancora attraverso
il codice scritto. Ma è l'ambiente scolastico che permette di
riconoscere e rilevare precocemente gli impedimenti all'apprendimento e
questo comporta anche la responsabilità degli insegnanti di riuscire a
riconoscere e successivamente segnalare eventuali difficoltà. Spesso
però gli alunni dislessici vengono definiti "pigri" e si deve partire
proprio da questa pigrizia per capire che spesso è la spia di un
disturbo che può portare alla specificità di un disturbo di
apprendimento. Come dice G.Stella (psicologo e fondatore
dell'Associazione Italiana Dislessia) "la pigrizia è solo l'effetto di
una problematica più profonda".

I primi passi concreti nella giusta strada erano stati fatti con la CM del 5 ottobre 2004 n. 4099/A/4 emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione
che raccomandava agli insegnanti di utilizzare strumenti compensativi e
misure dispensative per agevolare l'apprendimento di bambini e ragazzi
dislessici e di applicare con loro una

valutazione specifica in tutte le
fasi del percorso scolastico, compresi i momenti di valutazione finale.
Nella stessa si specificava, altresì, che per adottare tali misure
poteva essere sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo
specifico di apprendimento di lettura (o dislessia). Per bambini e
ragazzi dislessici non si ritiene opportuno l'appoggio di un insegnante
di sostegno.

La Legge dell'8 ottobre 2010 n. 170[2]
riconosce esplicitamente l'esistenza dei disturbi specifi di
apprendimento (dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia) come
disturbi che possono limitare notevolmente l'apprendimento e che si
manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di
patologie neurologiche e di deficit sensoriali. Nella stessa viene fatto
obbligo alle scuole, previa comunicazione alla famiglia, di intervenire
in caso di sospetto di DSA.

L'unico ente accreditato a fornire diagnosi di DSA utilizzabile dalle scuole sono i Servizi sanitari nazionali
(con qualche eccezione laddove il territorio non possieda le strutture
adeguate). Ciò significa che qualsiasi altra diagnosi, senza la
validazione dell'ASL, anche redatta da specialisti, non conta dal punto
di vista legale per poter attivare ciò che la normativa scolastica
prevede.

In presenza di diagnosi di DSA da parte dei servizi la scuola è
tenuta a garantire misure educative e didattiche di supporto quali:

  • l'utilizzo di provvedimenti compensativi e dispensativi inerenti alla flessibilità didattica
  • una didattica individualizzata e personalizzata: il team docente,
    entro il primo trimestre scolastico, deve compilare un documento
    chiamato Piano Didattico Personalizzato (PDP) di cui si può trovare un
    esempio[3]nel sito dell'AID (Associazione Italiana Dislessia);
  • l'introduzione di strumenti compensativi quali ad esempio l'utilizzo
    di tecnologie informatiche (computer con videoscrittura e correttore,
    libri digitali, sintesi vocale, ma anche semplici tabelle o formulari e la calcolatrice)
  • strategie compensative (integrazione della comunicazione scritta con
    altri codici: grafici, mappe; potenziare la capacità di ascolto;
    rafforzare le relazioni sociali)
  • misure dispensative riguardo a specifiche attività non essenziali ai
    fini dei concetti da apprendere e che quindi consentano a questi alunni
    di vivere in un clima più sereno e sicuro
  • un monitoraggio continuo delle misure adottate
  • adeguate forme di verifica e valutazione che oltre all'uso degli
    strumenti sopraelencati tengano in considerazione modalità anche solo
    orali o l'uso di mediatori durante le prove, interrogazioni programmate e
    inoltre la possibilità di usare un tempo maggiore per eseguire il tutto
    (anche nella prova INVALSI viene concesso del tempo maggiore rispetto alla classe)
Ai familiari di alunni del primo ciclo di istruzione viene
riconosciuto il diritto ad avere un orario di lavoro

flessibile per
poter assistere lo studio a casa laddove il contratto lo preveda.

Importanti sono altresì le linee guida[4] emanate con il decreto attuativo della L.170/10. Esse, oltre a dare numerose indicazioni su come realizzare interventi didattici personalizzati
e sulle modalità di utilizzo delle misure dispensative e gli strumenti
compensativi, delinea il livello essenziale delle prestazioni richieste
alle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo studio degli
studenti con DSA.

PDP

Nell'articolo 5 del DM del 12 luglio 2011 viene specificato che "la
scuola garantisce ed esplicita nei confronti di alunni e studenti con
DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche
attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato con
l'indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative
adottate". Nelle Linee Guida sempre di luglio 2011 si auspica che i vari
Uffici Regionali predispongano delle procedure condivise sulla stesura
di PDP da parte delle singole scuole ma fino a oggi non è stato definito
un modello specifico a livello nazionale, anche se il MIUR e l'AID
forniscono degli esempi. I vari CTI ( centri territoriali per
l'integrazione) e i CTS (centri territoriali per il supporto
informatico) però si stanno muovendo a livello provinciale per definire
la stesura di schemi condivisi dai vari ordini di scuola.

In tale documento, il PDP, che può essere modificato nel corso
dell'anno scolastico, devono essere definite in primo luogo le
difficoltà rilevate che si possono dedurre dalla diagnosi,
successivamente, per ogni materia, devono essere specificate le
strategie metodologiche e didattiche che si ritengono utili, le misure
dispensative, gli strumenti compensativi usati e le modalità di verifica
e valutazione. Esso poi deve essere sottoscritto dal consiglio di
classe e condiviso con la famiglia o con lo stesso studente se
maggiorenne. Questo documento sottolinea la presa in carico dello
studente con DSA da tutto il team docente che si impegna ad attuare gli
interventi didattici necessari per il successo scolastico dell'alunno
senza delegare la stesura del PDP alla figura del "referente per i DSA",
che il ministero auspica sia presente in ogni scuola, ma che, come
specificato nel punto 6.3 delle "linee guida", ha in modo specifico il
compito di orientamento, organizzazione, coordinamento e formazione.

L'importanza di uno screening precoce

Le Raccomandazioni per la pratica clinica per i Disturbi Specifici di
Apprendimento (pubblicate nel 2009) affermano che non si possa fare una
diagnosi certa di DSA se non al completamento del secondo anno della
scuola primaria quando "si completa il ciclo dell'istruzione formale al
codice scritto e si ha una riduzione significativa dell'elevata
variabilità interindividuale nei tempi di acquisizione della lettura" e
ciò permette quindi una certa attendibilità della eventuale diagnosi.
Questo comporta che spesso non ci possa essere l'avvio di un intervento
prima della fine terza o inizio quarta. Spesso ciò avviene addiruttura
al passaggio alla scuola secondaria di primo grado o addirittura dalla
classe prima alla seconda di questo grado. A questo punto il lavoro di
una eventuale rieducazione logopedica tende a ridursi o a essere inutile
visto che il periodo sensibile "Finestra evolutiva", dove l'attività di
recupero ha la massima efficacia, è presente nelle prime fasi di
acquisizione della lettura e scrittura. Successivamente diventa un
inutile lavoro che non apporta nessun beneficio specifico e sposta di
conseguenza l'intervento scolastico sull'uso di strumenti compensativi.

La necessità quindi risulta essere la possibilità di individuare
precocemente un alunno con DSA o meglio, una fascia a rischio. Si è
infatti visto che nella scuola Primaria, dove si lavora sui prerequisiti
all'acquisizione del codice scritto, non è possibile parlare di un
riconoscimento riferito a un singolo soggetto ma di gruppi a rischio
dove l'attenzione va posta su quelle competenze e funzioni che sono alla
base comunque di questo codice. Verso questa direzione va il progetto
"Non è mai troppo presto" dell'AID in collaborazione con Fondazione
Telecom e MIUR, che si concluderà a luglio 2012 che, dopo 5 anni di
attività di screening si propone di definire un nuovo protocollo di
attività da effettuare a livello nazionale. Tale collaborazione e la
successiva, si spera, formazione degli insegnanti permetterà la
rilevazione sistematica delle variabili di rischio da segnalare già alla
scuola primaria e quindi la possibilità per i soggetti segnalati di
attivare un percorso utile, non certo a eliminare, ma almeno a ridurre
alcune difficoltà o almeno a sfruttare completamente, dopo la
segnalazione ai Servizi Sanitari competenti, il già detto periodo
sensibile attraverso attività specifiche.

Legislazione

LEGGE 8 ottobre 2010 , n. 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/34ca798c-2cac-4a6f-b360-13443c2ad456/legge170_10.pdf

Decreto N. 5669 del 12 luglio 2011 http://www.aiditalia.org/upload/dm12luglio2011sudsa.pdf integrato dalle LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO http://www.aiditalia.org/upload/linee_guida_sui_dsa_12luglio2011.pdf



Esiste una proposta di legge
per riconoscere la dislessia in modo sistematico. Questo avviene già in
molti altri stati della Comunità Europea. Ciò permetterà ai dislessici
certificati di avvalersi di metodi alternativi di avvicinamento al
sapere che non passino dal testo scritto.

In data 19 agosto 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il
REGOLAMENTO recante il

coordinamento delle norme vigenti per la
valutazione degli alunni.

Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 (in GU 19 agosto 2009, n. 191)

Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la
valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia, ai
sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169 http://www.invalsi.it/invalsi/rn/odis/doc/dm122_2009.pdf

L’articolo N° 10 riguarda direttamente gli alunni con DSA. Si riporta di seguito il testo integrale dell’articolo.

Art. 10 – Valutazione degli alunni con difficoltà specifica di
apprendimento (DSA) – 1. Per gli alunni con difficoltà specifiche di
apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la
verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di
esame conclusivo dei cicli, devono tener conto delle specifiche
situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento
dell’attività didattica e delle prove d’esame, sono adottati,
nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione
vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e
dispensativi ritenuti più idonei. 2. Nel diploma finale rilasciato al
termine degli esami non viene fatta menzione delle modalità di
svolgimento e della differenziazione delle prove.

Linee Guida

Il 26 gennaio 2007 sono state ufficialmente promulgate le
"Raccomandazioni per la pratica clinica sui Disturbi Specifici
dell'Apprendimento" approvate con il metodo della Consensus Conference dalle principali associazioni culturali e professionali interessate a questi problemi.

I rappresentanti di quasi tutte queste associazioni hanno istituito
un Panel per la revisione di queste Raccomandazioni, in modo da arrivare
al più presto a delle vere e proprie linee guida secondo quanto
previsto dal Piano Nazionale Linee Guida.

Note

  1. ^ sito AID italia http://www.aiditalia.org/it/cosa_e_la_dislessia.html#introduzione legge http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/34ca798c-2cac-4a6f-b360-13443c2ad456/legge170_10.pdf
  2. ^ Legge 170/2010, http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/34ca798c-2cac-4a6f-b360-13443c2ad456/legge170_10.pdf
  3. ^ esempio di PDP, http://www.aiditalia.org/it/modello_di_richiesta_della_famiglia_alla_scuola_di_percorso_personalizzato_1.html
  4. ^ Linee guida all'applicazione della L170/2010, http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/76957d8d-4e63-4a21-bfef-0b41d6863c9a/linee_guida_sui_dsa_12luglio2011.pdf

Bibliografia

  • Monica Pratelli; Difficoltà di apprendimento e dislessia; Edizioni Junior, Azzano San Paolo, Bergamo
  • Andrea Biancardi, Gianna Milano; Quando un bambino non sa leggere; Milano, Rizzoli, 2003
  • Cesare Cornoldi; Le difficoltà di apprendimento a scuola; Bologna, Il Mulino, 1999
  • Claudio Vio, Cristina Toso; Dislessia evolutiva. Dall'identificazione del disturbo all'intervento; Roma, Carocci Editore, 2007
  • Pierluigi Zoccolotti, Paola Angelelli, Anna Judica, Claudio Luzzatti; I disturbi evolutivi di lettura e scrittura; Roma, Edizioni Carocci, 2005
  • Chiara De Grandis, La dislessia: interventi della scuola e della famiglia; Trento, Edizioni Erickson, 2007 - ISBN 978-88-7946-995-1
  • Tiziano Colombari, Dislessia, Dyslexia, Legasthenie, Learning Difficulties - lettura, scrittura, calcolo e repertorio normativo, UNI Service, Trento, 2009, ISBN 978-88-6178-330-0.
  • Andrea Bigagli; Leggere la lingua italiana. Apprendimento e dislessia evolutiva; Milano, Academia Universa Press, 2009
  • Margherita Orsolini, Sara Capriolo, Angela Santese, "Suono o Sono?.
    Un compito di consapevolezza fonologica" , Edizioni Infantiae.Org, Roma,
    2005, ISBN 88-89529-07-5
  • Dario Ianes, Sofia Cramerotti e Monja Tait; "La dislessia - Il ruolo
    della scuola e della famiglia"; Trento, Edizioni Erickson, 2007, ISBN 978-88-6137-112-5
  • Zardus-Mazzocca, Tuo figlio non parla bene Le applicazioni di Dialogo Attivo, Edizione Cisalpino, ISBN 9788832362244

Voci correlate

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