venerdì 14 novembre 2014

"LO SCANDALO DEL PROCESSO DI OUTREAU NON E' SOLO IL FRUTTO DELL'INESPERIENZA DI UN MAGISTRATO ALLE PRIME ARMI.






"LO SCANDALO DEL PROCESSO DI OUTREAU
NON E' SOLO IL FRUTTO DELL'INESPERIENZA
DI UN MAGISTRATO ALLE PRIME ARMI.



E' IL FALLIMENTO DELLE CONCEZIONI
PSICOPATOLOGICHE CHE ANIMANO LA LOTTA
ALLA PEDOFILIA DA CIRCA UN QUARTO DI
SECOLO"




S.Lepastier - Le Monde - 8 febbraio 2006








ASSOLTI PER PEDOFILIA
"UNA WATERLOO DELLA GIUSTIZIA"

Il ministro della Giustizia: “Mai più un’altra Outreau"





LE SCUSE DEI GIUDICI AGLI IMPUTATI
“Che essi sappiano
che il ricordo delle loro vite frantumate accompagna da mesi il nostro quotidiano”






"NON SONO PEDOFILI, HO INVENTATO TUTTO"

Diciassette adulti (tra essi persino un prete-operaio) alla sbarra per abusi sessuali su bambini in tenera età, complici attivi i genitori.
Nelle due ultime settimane questo processo ha riempito di orrore i francesi, ma ieri sera c’è stato alla corte di assise d’Otreau uno spettacolare colpo di scena: le due principali accusatrici hanno ritrattato tutto ammettendo di aver raccontato soltanto una grande bugia.
Nel giro di poche ore il maxi-processo contro la “barbara rete pedofila” additata a simbolo della cattiveria umana si è trasformato in un enorme, scioccante scandalo giudiziario e la magistratura francese si ritrova adesso sul banco degli imputati per l’incredibile leggerezza con cui ha condotto l’inchiesta.
A mandare tutti in frantumi è stata una delle imputate, Myriam Delay, pilastro dell’accusa e madre di quattro bambini stuprati. Poco dopo le 19 di ieri Myriam ha chiesto la parola e ha dichiarato “Sono una malata e una bugiarda Ho mentito su tutto”. La donna (assurta in Francia a modello di madre diabolica e snaturata) ha additato uno dopo l’altro tredici co-impotati: “Roselyne, tu non hai fatto niente. Nemmeno Monsieur Godard ha fatto qualcosa. Anche te, Karine, non c’entri niente… Io e mio marito abbiamo stuprato i bambini dal 1995 al 2000 ma loro no, loro non hanno mai toccato il piccoli”.
Il pubblico ministero è rimasto di stucco. I tredici imputati “assolti” dall’accusatrice numero uno hanno reagito con un misto di sollievo e rabbia: malgrado fin dall’inizio delle indagini nel 2000 si proclamassero innocenti, molti di loro hanno conosciuto le pene dell’inferno. Si sono fatti tre anni di carcere, sono stati messi alla gogna come disgustosi pedofili, hanno perso la tutela dei loro figli e il lavoro.
Anche un’altra accusatrice-chiave, Aurelie Grenon, ha ieri fatto completamente marcia indietro.




Il mondo aveva altro a cui pensare quando il tassista, la panettiera, il prete, l’operaio, l’infermiera, l’ufficiale giudiziario e altri disgraziati finirono dietro le sbarre con l’accusa di aver violentato una dozzina e mezzo di bambini.
Soltanto due mesi prima erano crollate le torri gemelle e la guerra divampava già in Afghanistan. Non c’era spazio per ripugnanti peccatori di pro-vincia. Nemmeno la Francia aveva tempo e voglia di soffermarsi sui dettagli delle debordanti confessioni di Madame Delay che aveva messo i figli a disposizione del vicinato e di chiunque volesse approfittarne.
Non sembrava Un caso né una novità che tutto ciò avvenisse vicino alla frontiera con i Belgio in Un villaggio che già nel nome, Outreau, aveva una diabolica assonanza con l’incarnazione stessa della pedofilia, Marc Dutroux, il mostro di Marcinelle.
Pareva orrendo ma verosimile che una coppia di quarantenni disoccupati, Myriam Delay e il marito Thierry, avesse messo in piedi un’impresa di sfruttamento sessuale della sua unica ricchezza: quattro bambini.
Pareva squallido ma sempre credibile che un intero quartiere popolare, la Tour du Renard, la Torre della Volpe, periferia di Outreau, fosse diventato il complice e consenziente scannatoio dell’infanzia locale, con ramificazioni oltre confine,in Belgio ovviamente.
Pareva angoscioso, ma scontato, anche il corredo di videocassette hard, sex shop, dépéndance per orge a tema. Pareva terribile e probabile che ci fosse perfino il cadavere di una bambina da disseppellire in qualche giardino.
Non era vero. Non tutto. E non tutti ci hanno creduto. Per sua fortuna e per sua tragedia, Outreau, dignitoso sobborgo di Boulogne sur Mer, a una cinquantina di chilometri da Calais, non è l’ombelico della pedofilia europea, ma piuttosto Ia Waterloo della giustizia francese. Del 17 imputati e svergognati nell’autunno del 2001, 8 sono stati assolti il primo luglio scorso. Quasi tre anni dopo. Innocenti e distrutti.
Bisogna vedere la perplessità del tassista, Pierre Martel, di fronte a una moneta che non conosce, l’euro, per immaginare i suoi 30 mesi di morte civile.
Basta guardare la panettiera, Roselyne Godard, che quando incrocia un bambino in strada ora cambia marciapiede, per sentire sulla pelle l’unto indelebile di quell’accusa.
Ed è la voce consumata da fumo e rabbia dell’operaio Daniel Legrand a tentare di spiegare come si passi da una vita alla catena di montaggio al sospetto di dirigere una filiera di stupratori di minorenni.
“Non è una catastrofe, non è una Cernobyl giudiziaria’, ha tentato di arginare il tracollo della credibilità istituzionale il procuratore Gerald Lesigne durante la sua requisitoria, nell’aula di giustizia del tribunale di Saint Omer.
Ma poi si è girato verso gli imputati che stava per scagionare, prima ancora del rispettivi difensori: ‘M’inchino al loro dolore. Tutte queste persone meritano la compassione dei loro giudici, del pubblico, del pubblico ministero”.
Gli assolti non sono i soli creditori della giustizia. C’è un diciottesimo arrestato che si è ucciso due anni fa in prigione. Ci sono mogli, mariti, fratelli, sorelle, figli in cima al calvario di un’indagine che da Parigi ha fatto giurare al ministro della Giustizia, Dominique Perben:
“Mai più un’altra Outreau”.
                    
Mai più un’altra Karine Duchochois, 26 anni frantumati dall’accusa di essere una madre indegna: “Per tre anni mi è stato impedito di rivedere mio figlio".
Mai più un Martel, ”Pierrot le taxi” che per sei anni aveva portato tutti i mesi, spesso a credito, madame Delay e i suoi figli a far compere all’ipermercato Auchan, prima che la donna l’accusasse di essere lui il cliente della perversa impresa di famiglia.
Mai una multa, mai una grana con la polizia, Pierre si è dovuto difendere in carcere dalle aggressioni degli altri detenuti e, nel parlatorio, dalla malcelata disperazione di sua moglie Christine: “Gira a testa alta, lo sono innocente” la supplicava, sempre più magro e imbiancato.
Lei non ha smesso un istante di credergli, dalle sei del mattino del 14 novembre del 2001, quando la polizia è venuta a prenderlo, alle 19 e 05 del 18 maggio scorso, quando dal banco degli imputati Myriam Delay ha ritrattato tutto con un grido strozzato: “E vero Pierrot, tu non hai fatto nulla”.
Mai più una Roselyne Godard, che non ha ritrovato il padre di sua figlia, compagno di una vita, ad aspettarla fuori dalla prigione, dopo 16 mesi di ingiusta detenzione.
Non ha più trovato il camion con cui girava Outreau e dintorni vendendo pane e dolciumi.
Non ha più trovato la sua casa e i suoi mobili.
Tutto dissolto da una chiamata di correità: “C’era anche lei, con noi e i bambini. . . “. Non c’era.
Non ci ha mai messo piede, Roselyne, nel lupanare per pedofili al quinto piano della residenza dei Merli. “Perdonami, ti ho accusato per gelosia, le dirà poi Myriam all’ora tardiva del pentimento. Invidia per ciò che Roselyne aveva e non ha più  
“La giustizia ha fatto di me una senza fissa dimora. Rendetemi almeno l’onore”, ha chiesto lei ai 9 giudici popolari. Parlava del suo, ma non soltanto: “Non avrò pace finché gli altri innocenti ancora in prigione non saranno liberati”, dice, seduta al solito tavolo del Cafe de France di Saint Omen, girato l’angolo del tribunale, dove ha atteso la sua riabilitazione per settimane.
Non c’è come un risorto per testimoniare Ia vita oltre la morte.
E i risorti di Outreau non si accontentano di essere tornati a respirare. Vogliono vedere riemergere anche altri compagni di sventura dall’oltretomba dell’infamia.
Come il prete-operaio Dominique Wiel, 67 anni, rilasciato prima del processo, quasi prosciolto e condannato con un colpo di scena finale a 7 anni. La festa era già pronta, la notte della sentenza, a pochi metri dalla Corte d’assise, nella chiesa di cui è parroco Michel, ii fratello di Dominique.
Risucchiato dalla colpa, assieme ai soli quattro rei confessi di Outreau, la coppia Delay, neodivorziata, e i vicini di casa David Deiplanque e Aurélie Grenon, condannati a pene tra i 20 e i 4 anni.
Strade libere, ma separate per l’ufficiale giudiziario Alain Manécaux e l’ex moglie Odile, infermiera. Appiccicata a lui resta invece una lieve condanna per “comportamenti ambigui” con il suo stesso bambino, insufficiente a ributtarlo dietro le sbarre,ma non a fargli inghiottire un’overdose di barbiturici la notte stessa della sentenza.
Un’altra famiglia spezzata dal “tornado nero Myriam’, come i giornali hanno ribattezzato la principale accusata-accusatrice, dopo aver smesso di enfatizzarne le calunnie.
“Sarebbe questo Dany le Beige, il capo di tutta la banda?”, sarcastico, l’avvocato Julien Delarue ha indicato alla giuria il ruvido metallurgico cinquantenne, Daniel Legrand.
Di lui era stato detto e scritto che gestiva una fattoria a luci rosse e un sex shop specializzato in Belgio. E che a filmare le prodezze di tutta la comitiva fosse suo figlio, Daniel junior, promessa del football locale.
“Quest’uomo non ha i soldi nemmeno per pagarsi la benzina fino al Belgio”. Il difensore ha sventolato le buste paga dell’operaio. In sé non sarebbe una prova d’innocenza, ma mesi di indagini della polizia belga non hanno portato un solo riscontro alle accuse.
“In compenso c’erano i cartellini timbrati da mio padre a dimostrare che non aveva mai perso un giorno di lavoro”, sottolinea Peggy Legrand, 30 anni, tre figli e il merito di aver tenuto insieme la famiglia nel ciclone: “Mia madre aveva dovuto scegliere tra il diritto di visita in carcere a papà o a mio fratello. Entrambi no, perché avrebbero potuto inquinare le prove. Lei non ha visto suo figlio per 14 mesi e io mio padre, per due anni e mezzo)”.
A Romain, il suo bimbo più grande, Peggy ha raccontato che nonno e zio erano a Parigi per lavoro: ”Ma lui guarda la tivù ed e venuto da me: ho sentito quello che dicono, che hanno fatto male a dei bambini, ma io so che non ne sono capaci” . nonno sembra non ascoltare, non vuole commuoversi:
“Non ho più paura di nulla, né della polizia, né della prigione “ . Non è ancora finita: “Dimostreremo anche l’innocenza di mio fratello’, non si arrende Peggy, “e poi chiederemo un’inchiesta sull’inchiesta. Nessuno dovrà più soffrire come noi”.
“Mai piü un’altra Outreau” , era stato detto anche a Outreau, già sette anni fa, al termine di un processo ai fratelli Jourdain, che avevano violentato e ucciso quattro ragazzine. ‘Siamo ricordati per questo, non per essere una delle prime città francesi che ha creato la “drogheria sociale”, a prezzi calmierati” , si rammarica il sindaco Jean Marie François. “o per aver aperto Ia prima scuola-guida municipale, gratis per tutti i cittadini. Non per aver costruito le case popolari in centro. Ne per aver avviato una fattoria pedagogica al parco, i corsi di musica per 240 bambini, quelli di ginnastica per altri 450. Alla tv Outreau è stata presentata come la città del pedofili e la Tour du Renard come il quartiere maledetto. Ci fanno pure gli sketch satirici.
Ma in tutto questo, gli unici che sono stati dimenticati sono i bambini:almeno venti di loro, alla fine di questa storia, stati tolti alle famiglie. Chi ci pensa?”. Troppo tardi, la notizia è ormai vecchia e ii mondo ha altro a cui pensare.

Elisabetta Rosaspina


17/11/2005

Pedofilia: caso Outreau, bambini ritrattano, prete innocente

PARIGI - I due bambini che accusavano di pedofilia il prete operaio Dominique Wiel nell'affare di pedofilia di Outreau hanno confessato davanti alla Corte d'assise d'appello di Parigi di avere mentito. Sono così crollate le accuse mosse contro il prete, che per la parola di quei bambini si era fatto 30 mesi di carcere preventivo e che era stato condannato in primo grado, nel luglio 2004, dalla Corte d'assise di Saint Omer, a sette anni di prigione.
Assieme al religioso vennero condannate altre nove persone: sei, fra le quali Wiel - che si sono sempre dichiarate innocenti - avevano fatto ricorso. Le accuse contro l'abbè Wiel mosse dalla madre di uno dei bambini iniziavano a vacillare per mancanza di prove poiché "totalmente incompatibili" con le visite mediche.
La donna, interrogata dai giudici, ha allora confessato: il figlio le aveva detto che in realtà il prete non gli aveva fatto nulla e che davanti alla polizia il ragazzino aveva sostenuto il contrario solo perché "aveva paura".




1/12/2005

Pedofilia: Francia; tutti in carcere, tutti assolti

PARIGI - È stato un "disastro" giudiziario: parola del ministro della giustizia francese Pascal Clement. Era stato invece presentato dal giovane magistrato - che nel 2001 aveva aperto l'inchiesta - come un giro di pedofilia enorme, forse internazionale, che nasceva nella periferia di Outreau, cittadina nel nord della Francia. Non era così: dei 17 imputati, 13 sono stati assolti - sette in primo grado, 6 oggi in appello - dopo essersi fatti molti mesi, fino a tre anni, di carcere preventivo. Vite rovinate, famiglie spezzate, uno degli indagati suicida in carcere. Un disastro.

Alla fine i veri colpevoli sono solo quattro: due uomini e due donne, accusati di abusi sessuali dai bambini di una delle due coppie che, poi, avevano portato dentro tutti. La parola dei bambini è stata devastante.

Una delle due donne, Myriam Badaoui, condannata in primo grado a 20 anni di prigione per aver abusato dei propri figli, ha detto nel corso del processo di appello di aver trascinato con sè persone totalmente innocenti. "Lo ammetto - ha dichiarato - ma non volevo che si dicesse che i miei figli mentivano".

È stato questo il colpo di scena che ha messo fine, qualche giorno fa, al cosiddetto scandalo d'Outreau, iniziato nel febbraio 2001: i due figli della Badaoui avevano infatti accusato i genitori, i vicini e altre 13 persone di aver abusato di loro.

La donna, il suo ex marito Thierry Delay e la loro vicina di casa Aurelie Grenon avevano in un primo tempo sostenuto le dichiarazioni dei bambini, puntando il dito su questi presunti complici, alcuni dei quali ora ammettono "di non conoscere nemmeno".


Francia: assolti i sei condannati in primo grado per pedofilia

Tutti assolti. La giustizia francese ha corretto in appello quello che probabilmente passera alla storia come il più clamoroso errore giudiziario degli ultimi cinquant'anni. La corte di assise di appello ha assolto sei condannati per lo scandalo di pedofilia di Outreau accogliendo le richieste del procuratore generale di Parigi.

In primo grado furono condannate dieci persone con pene fino a vent'anni, altre sette vennero assolte, come Roselyne Godard. "Credo che possiamo di nuovo credere alla giustizia come ce la ricordavamo - ha detto la donna prima del verdetto - quella giustizia a cui credevamo prima".

Il caso era partito dalle denunce di quattro bambini che avevano accusato di abusi sessuali diciassette persone, tra cui i propri genitori e un prete. Due minori hanno poi ritrattato le accuse. E i quattro condannati in via definitiva con le proprie dichiarazioni hanno scagionato gli altri imputati.

I sei assolti di oggi hanno effettuato tre anni di carcerazione preventiva durante i quali hanno perso tutto dall'affetto dei cari al proprio patrimonio.


Pedofilia: caso Outreau, tutti assolti

(ANSA)-PARIGI, 1 DIC- Il tribunale parigino ha assolto tutti gli imputati, una donna e 5 uomini, tra cui un prete, condannati in 1/o grado per pedofilia a Outreau.
Facevano parte di un gruppo di 17 persone giudicate dal tribunale di Saint Omer a luglio per violenze e aggressioni sessuali: ne erano state assolte 7 e condannate 4, i genitori dei 4 bimbi che con le loro denunce avevano avviato l'indagine nel 2002.
Questi ultimi non hanno presentato ricorso. Durante le indagini un indagato si era suicidato in carcere.


da "Le Monde" 
9 gennaio 2006

Outreau le
choix de la méthode
par Philippe Houillon

Philippe Houillon, député
UMP du Val d'Oise, est rapporteur de la commission d'enquéte sur
l'affaire d'Outreau, et président de la commission des lois de
l'Assemblée nationale.

Le débat
engagé cesjours derniers autour de la publicité des auditions de la
commission d'enquéte de l'Assemblée nationale sur l'affaire d'Outreau. a
soulevé des réflexions souvent très binaires. Le choix du huis elos
relèverait de l'obscurantisme le plus rétrograde, tandis que la publicité
des débats de cette commission constituerait la forme la plus achevée de
la démocratie.

Réunis
deux fois depuis sa création, les trente membres de la commission se sont
prononcés à une forte majorité pour une formule qui les laisse juges de
la publicité à donner à leurs auditions sur ce sujet douloureux. Ils ont
en effet décidé d'ouvrir celles‑ci à la presse, au cas par cas. Si
certaines personnes souhaitent s'exprimer devant les députés et les
journalistes, leur demande sera prise en considération. Si, à l'inverse,
d'autres revendiquent le huis clos, leur requéte sera également
satisfaite.

Lorsque
l'option du huis elos prévaut, l'opinion publique n'a connaissance des
travaux d'une commission d'enquéte qu'à l'issue de ces derniers, soit six
mois après sa création. En revanche, si l'option de la publicité a
été retenue, l'information est quasiment immédiate. Sauf à faire un
mauvais procès, on ne saurait done voir derrière ce pragmatisme et ce
respect de la volonté de chacun une quelconque attitude doctrinaire
émanant d'une enceinte qui, rappelons‑le, n'a pas vocation à étre un
tribunal ou une instance disciplinaire. Animée par le seul souci de
confèrer le plus de sérénité possible à ces travaux, cette méthode est au
demeurant très classique dans notre procédure parlementaire.
   
Les
acquittés d'Outreau qui, tout naturellement, seront invités le moment
venu à s'exprimer devant la commission, ont plaidé pour la publicité.
Lors de leur prochaine réunion, les commissaires prendront position sur
ces voeux que Fon comprend aisément dans le contexte de cette affaire.

  
Cependant,
cette ouverture à la presse ne saurait étre pas plus assimilée à une
séance publique accessible à tout un chacun qu'à une quelconque
confrontation directe entre les protagonistes de l'affaire. Seuls les
journalistes accrédités et spécialisés pourront suivre les débats le jour
où Vouverture à la presse aura été décidée.

Parce
qu'elle se situe aux confluents de l'exercice du pouvoir législatif et de
l'autorité judiciaire, parce qu'elle doit concilier harmonieusement ses
pouvoirs d'investigation avee le respect du secret professionnel et du
secret du délibéré, parce qu'elle a, d'emblée, marqué sa volonté de faire
des propositions conerètes de nature à éviter les dysfonctionnements qui
ont justifié sa création, la commission d'enquéte sur l'affaire d'Outreau
a des responsabilités particulières. C'est en respectant le droit à
l'expression, la dignité de chacun et en veillant à travailler à l'abri
des passions, qu'elle assumera au mieux la táche qui lui a été confiée.

PHILIPPE HOUILLON
Traduzione a cura del Centro
di Documentazione
falsi abusi sui minori

Outreau: la scelta del metodo
di Philippe Houillon

Philippe Houillon, deputato
UMP di Val d'Oise, è relatore della commissione d'inchiesta sul caso
Outreau,
e presidente della commissione
di leggi dell'Assemblea nazionale.

Il dibattito intrapreso questi ultimi giorni
intorno alla pubblicità delle audizioni della commissione d’inchiesta
dell’Assemblea nazionale sul caso d’Outreau ha sollevato delle
riflessioni spesso molto binarie. La scelta del processo a porte chiuse
riscontrerebbe l’oscurantismo più retrogrado, mentre la pubblicità dei
dibattiti di questa commissione costituirebbe la forma più completa della
democrazia.

Riuniti 2 volte dopo la sua creazione, i 30
membri della commissione si sono pronunciati a una forte maggioranza per
una formula che li lascia giudici della pubblicità da dare alle loro
audizioni su questo soggetto doloroso. Essi hanno infatti deciso d’aprire
queste alla stampa, al caso per caso. Se alcune persone sperano di
esprimersi davanti ai deputati e ai giornalisti, la loro istanza sarà
presa in considerazione. Se, al contrario, altri rivendicano il processo
a porte chiuse, la loro richiesta sarà ugualmente soddisfatta.

Quando l’opzione del processo a porte chiuse
prevale, l’opinione pubblica non ha conoscenza dei lavori di una
commissione d’inchiesta che alla conclusione di questi ultimi, cioè 6
mesi dopo la sua creazione. In compenso, se l’opzione della pubblicità è
stata accettata, l’informazione è quasi immediata. A rischio di fare un
cattivo processo, non si saprebbe dunque vedere dietro questo pragmatismo
e questo rispetto della volontà di ciascuno un qualunque atteggiamento
dottrinario emanando da un’aula che, ricordiamolo, non ha vocazione a
essere un tribunale o un istanza disciplinare. Animata dal solo pensiero
di conferire il più di serenità possibile a questi lavori, questo sistema
è del resto molto classico nella nostra procedura parlamentare.
  
Gli assolti d’Outreau che, naturalmente, saranno
invitati, venuto il momento, a esprimersi davanti alla commissione, si
sono dichiarati per la pubblicità. Al momento della loro prossima
riunione, i commissari prenderanno posizione su questi desideri che lo si
comprende facilmente nel contesto di questo caso.

Tuttavia, questa apertura alla stampa non
potrebbe essere più assimilata a una seduta pubblica accessibile a
ciascuno che abbia un qualsiasi confronto diretto fra i protagonisti del
caso. I soli giornalisti accreditati e specializzati potranno seguire i
dibattiti il giorno in cui l’apertura alla stampa sarà stata decisa.
  
Perché essa si colloca alle convergenze
dell’esercizio del potere legislativo e dell’autorità giudiziaria, perché
deve conciliare armoniosamente i suoi poteri d’indagine con il rispetto
del segreto professionale e del segreto della deliberazione, perché ha,
di primo acchito, mostrato la sua volontà di fare delle proposte concrete
di natura per evitare le disfunzioni che hanno giustificato la sua
creazione, la commissione d’inchiesta sul caso d’Outreau ha delle
responsabilità particolari. E’ rispettando il diritto all’espressione, la
dignità di ciascuno e vigilando a lavorare al sicuro dalle passioni, che
essa assumerà al meglio l’incarico che le è stato affidato.

PHILIPPE HOUILLON




da "Le Monde" 
10 gennaio 2006

La commission Outreau débute ses travaux
dans un climat polémique

La commission d'enquéte parlementaire sur les
dysfonctionnements de la justice dans l'affaire de pédophilie d'Outreau
tient sa première séance de travail mardi lo janvíer. L'ouverture de
sestravaux a été précédée de vives polémiques dans le monde politique et
judiciaire, notamment en ce qui concerne la publicité des débats.

Les treize acquittés ont demandé à étre
entendus publiquement, de méme que le juge d'instruction de l'affaire,
Fabrice Burgaud. Pour les avocats des anciens accusés, le recours au huis
clos est un"scandale" qui "génère l'inquiétude". Le
président de l'Assemblée nationale, Jean‑Louis Debré, s'est aussi
prononcé pour la publicité, de méme que le socialiste Christian Caresce,
un des deux ,íceprésidents de la commission, et l'UDF Michel Hunault.
Pour les principaux syndicats de magistrats et le Conseil supérieur de la
magistrature, la publicité des auditíons est indispensable pour
latransparence des débats. Aida Chouk, presidente du Syndicat de la
magistrature (gauche), accuse lesparlementaires de "se défausser
" en "[faisant] reposer sur chaque personne auditionnée le
choix de la publicité ou du huis clos".

Phìlippe Houillon (UMP), rapporteur de la
commission d'enquéte, maintient la décision en expliquant que les députés
doivent "concilier harmonieusement leurs pouvoirs d'investigation
avec le respect du secretprofessionnel et du secret du délibéré". Il
explique cependant que les personnes souhaitantdéposer publiquement
pourront le faire.

Cette commission 'Vest ni un tribunal, ni une
tribune mais un endroit où sereinement on va essayer de proposer des
solutions pour améliorer lefonctionnement de lajustice ", a défendu
de son cóté ledéputé socialiste du Pas‑de‑Calais, Guy Lengagne, dont la
circonscriptíon compte la localité d'Outreau. Il assure que le huis clos,
levé au cas par cas, n'empéche pas la transparence.

Le président socialiste de la commission,
André Vallini, s'est montré plus nuancé en souhaitant, lundi 9 j anvier,
que les auditions soient ouvertes '7e plus souvent possible à la
presse". Il a aussi exprimél'espoir que l'une des acquittées
d'Outreau, Roselyne Godard, revienne sur sa décision de ne pass'exprimer
devant la commission pour protester contre le huis clos.


Le huis clos n'est pas le seul point de
discorde. Une deuxième controverse a été soulevée par le conseil de
Fordre des avocats parisiens, pour qui lespersonnes auditionnées par la
commission d'enquéte ont le droit d'étre assistées par un avocat. Dans
une délibération rendue publique, il fait valoir qu"'étre conseillé
et assisté par un avocat constitue un droitfondamental " et
qu"aucune disposition législative n'interdit à une personne
convoquée " devant une telle commission 'Ve sefaire assister par
l'avocat de son choix". Plusieurs personnes convoquées par les parlementaires,
dont le juge d'instruction Fabrice Burgaud, ont souhaité étre assistées,
maiscette questíon doit encore étre tranchée par la commission.
Cette commission de l'Assemblée natíonale,
créée le 7 décembre, doit tirer les le~ons de la catastrophe judicíaire
d'Outreau et formuler avant le début du mois de juin d'éventuelles
proposítions de réforme de la justice, notamment en matière de détention
provisoire, d'instruction, de responsabilité et de formation des
magistrats. Mais l'attention portée au débat est telle que la scène
politique s'impatiente. Des élus de droite et de gauche se sont déjà
exprimés pour demander la suppression de la fonetion de juge
d'instruction, que le parquet pourrait remplacer pour les investigations
complexes. Jacques Chirac a annoncé le 4 janvier une réforme de lajustice
Vans les prochaines semaines". Son entourage a ensuite précisé que
le gouvernement attendrait les conclusions de la commission pour
légiférer, mais le ministre de la justice, Pascal Clément, a déjà avancé
Vidée de rendre punissable une ,erreur grossière et manifeste" d'un
magistrat, ce qui est actuellement impossible.Pour respecter l'ordre
chronologique de l'affaire d'Outreau, les employés des services sociaux
du Pasde‑Calais sont les premières personnes entendues par les trente
députés membres de la commission. Les témoignages de ces personnels,
qu'on a beaucoup critiqués lors des procès pour leur róle dans les
dénonciations à la justice de propos fantaisistes d'enfants, seront
capitaux pour le travail des parlementaires.

Traduzione a cura del Centro
di Documentazione
falsi abusi sui minori

La commissione Outreau
comincia i suoi lavori
in un clima polemico.

La commissione d’inchiesta parlamentare sulle disfunzioni della
giustizia nel caso di pedofilia d’Outreau tiene la sua prima seduta di
lavoro martedì 10 gennaio. L’apertura dei suoi lavori è stata preceduta
da vive polemiche nel mondo politico e giudiziario, particolarmente in
ciò che concerne la pubblicità dei dibattiti.

I 13 assolti hanno chiesto di essere sentiti pubblicamente, come il
giudice istruttore del caso, Fabrice Burgaud. Per gli avvocati degli ex
accusati, il ricorso al processo a porte chiuse è uno “scandalo” che
“genera l’inquietudine”. Il presidente dell’Assemblea nazionale,
Jean-Louis Debré, s’è anche pronunciato per la pubblicità, come il
socialista Christian Caresce, uno dei due vice-presidenti della
commissione, e l’UDF Michel Hunault. Per i principali sindacati dei
magistrati e il Consiglio superiore della magistratura, la pubblicità
delle audizioni è indispensabile per la trasparenza dei dibattiti. Aida
Chouk, presidente del Sindacato della magistratura (sinistra), accusa i
parlamentari di “sbagliarsi facendo gravare su ciascuna
persona ascoltatala scelta della pubblicità o del processo a
porte chiuse”.

Philippe Houillon (UMP), relatore della commissione d’inchiesta,
mantiene la decisione spiegando che i deputati devono “conciliare armoniosamente
i loro poteri d’indagine con il rispetto del segreto professionale e del
segreto della deliberazione”. Egli spiega, tuttavia, che le persone che
sperano di deporre pubblicamente potranno farlo.

Questa commissione “non è né un tribunale, né una tribuna ma un luogo
dove serenamente si sta per cercare di proporre delle soluzioni per
migliorare il funzionamento della giustizia”, ha difeso da parte sua il
deputato socialista del Pas-de-Calais, Guy Lengagne, di cui la
circoscrizione annovera la località d’Outreau. Egli assicura che il
processo a porte chiuse, sollevato al caso per caso, non impedisce la
trasparenza.

Il presidente socialista della commissione, André Vallini, si è
mostrato molto meno duro augurandosi, lunedì 9 gennaio, che le audizioni
siano aperte “il più spesso possibile alla stampa”. Egli ha anche
espresso la speranza che una degli assolti d’Outreau, Roselyne Godard,
ritorni sulla sua decisione di non esprimersi davanti alla commissione
per protestare contro il processo a porte chiuse.

Il processo a porte chiuse non è il solo punto della discordia. Una
seconda controversia è stata sollevata dal consiglio dell’ordine degli
avvocati parigini, per il quale le persone ascoltate dalla commissione
d’inchiesta hanno il diritto di essere assistiti da un avvocato. In una
deliberazione resa pubblica, egli fa notare che “essere consigliato e
assistito da un avvocato costituisce un diritto fondamentale” e che
“alcuna disposizione legislativa proibisce a una persona convocata”
davanti a una tale commissione “di farsi assistere da un avvocato di sua
scelta”. Molte persone convocate dai parlamentari, di cui il giudice
istruttore Fabrice Burgaud, hanno sperato d’essere assistiti, ma questa
questione deve ancora essere risolta dalla commissione.
Questa commissione dell’Assemblea nazionale, creata il 7 dicembre,
deve trarre gli insegnamenti della catastrofe giudiziaria d’Outreau e
formulare prima dell’inizio del mese di giugno delle eventuali proposte
di riforma della giustizia, particolarmente in materia di detenzione
provvisoria, d’istruttoria, di responsabilità e di formazione dei
magistrati. Ma l’attenzione portata al dibattito è tale che la scena
politica s’impazienti. Degli eletti di destra e di sinistra si sono già
espressi per chiedere l’abolizione della funzione di giudice istruttore,
che la Procura potrebbe sostituire per le indagini complesse. Jacques
Chirac ha annunciato il 4 gennaio una riforma della giustizia “nelle
prossime settimane”. Il suo entourage ha poi precisato che il governo attenderebbe
le conclusioni della commissione per legiferare, ma il ministro della
giustizia, Pascal Clément, ha già avanzato l'idea di rendere punibile un
"errore grossolano e manifesto” di un magistrato, ciò che è
attualmente impossibile.
Per rispettare l'ordine cronologico del caso d’Outreau, gli impiegati
del servizio sociale di Pas-de-Calais sono le prime persone ascoltate dai
30 deputati membri della commissione. Le testimonianze di questi
personali, che furono molto criticati all'epoca dei processi per il loro
ruolo nelle denunce alla giustizia delle intenzioni fantasiose dei
bambini, sarebbero di capitale importanza per il lavoro dei parlamentari.



da "Le Monde" 
11 gennaio 2006

Les juges d'Outreau plaident la faute collective

 BERNE - Des magistrats qui sont
intervenus dans l'affaire de pédophilie d'Outreau, en France,
s'expriment pour la première fois  dans la presse. Ils imputent la
responsabilité du fiasco judiciaire à "l'emballement répressif
et médiatique".

"L'affaire d'Outreau est à l'image de la
justice de tous les jours. Il faut y voir non pas une aberration
isolée mais plutôt la  révélation paroxystique d'un véritable
emballement répressif et  médiatique"
, écrivent cinq magistrats de la cour d'appel
de Douai  dans une lettre au journal "Le Monde", publiée
mercredi.

 La chambre de l'instruction de Douai,
présidée par Didier Beauvais, s'est vu reprocher dans l'affaire
d'Outreau d'avoir repoussé des centaines de demandes de remise en
liberté présentées par les suspects.

L'acquittement de 13 des 17 suspects lors de
deux procès en 2004 et 2005 et la mort en prison d'un 18e en 2002 ont
fait de cette  affaire la plus grave erreur judiciaire de
l'histoire récente du pays.


 Les magistrats, dont Didier Beauvais
promu depuis conseiller à la Cour de cassation, s'adressent dans leur
lettre aux acquittés, détenus pour 12 d'entre eux pendant des
années."Qu'ils sachent que le souvenir de leurs vies broyées
accompagne depuis des mois notre quotidien"
, disent Didier
Beauvais et les conseillers Pascale Fontaine, Sylvie Karas, Claire
Montpied et Sabien Mariette.

 Ils écartent implicitement toute erreur
personnelle. "Le verdict  permet à certains de redécouvrir la
valeur de la présomption  d'innocence alors que depuis trois ans, au
nom d'un politique  sécuritaire de plus en plus envahissante, le
législateur a érigé l'incarcération en principe de précaution",
disent-ils.

Le crime sexuel étant érigé selon eux en
"mal absolu", les magistrats seraient victimes d'une pression
pour placer ou maintenir en détention les suspects. Les signataires
mettent aussi en cause les journalistes, coupables d'avoir "jugé
d'avance et  condamné toutes les personnes impliquées avant de les
innocenter médiatiquement".

Traduzione a cura del Centro
di Documentazione
falsi abusi sui minori

I giudici d’Outreau dichiarano
l’errore collettivo

BERNE – Alcuni magistrati che sono intervenuti nel processo di
pedofilia d’Outreau, in Francia, si esprimono per la prima volta sulla
stampa. Essi imputano la responsabilità del fiasco giudiziario all’
“infatuazione repressiva e mediatica”.

“Il caso d’Outreau è l’immagine della giustizia di tutti i giorni.
Bisogna vedervi non un’aberrazione isolata, ma piuttosto la rivelazione
parossistica di un’autentica infatuazione repressiva e mediatica”
, scrivono 5 magistrati della corte d’appello di Douai in una lettera
al giornale “Le Monde”, pubblicata mercoledì.

La camera dell’istruzione di Douai, presieduta
da Didier Beauvais, s’è vista rimproverare nel caso d’Outreau d’aver
respinto centinaia di domande di rimessa in libertà presentate dagli
indiziati.

L’assoluzione di 13 dei 17 indiziati all’epoca
dei 2 processi nel 2004 e 2005 e la morte in prigione di un diciottenne
nel 2002 hanno fatto di questo caso il più grave errore
giudiziario della storia recente del paese.

I magistrati, di cui Didier Beauvais nominato
poi consigliere alla Corte di cassazione, si rivolgono nella loro lettera
agli assolti, detenuti per 12 di loro per degli anni. “Che essi
sappiano che il ricordo delle loro vite frantumate accompagna da mesi il
nostro quotidiano”
, dicono Didier Beauvais e i consiglieri Pascale
Fontaine, Sylvie Karas, Claire Montpied e Sabien Mariette.

Essi escludono implicitamente ogni errore
personale. “Il verdetto permette ad alcuni di riscoprire il valore della
presunzione d’innocenza mentre dopo 3 anni, a nome di un politico
sicuritario sempre più invadente, il legislatore ha istituito la
carcerazione in principio di precauzione”, dicono loro.

Il crimine sessuale è stato trasformato secondo
loro in “male assoluto”, i magistrati sarebbero vittime di una pressione
per mettere o mantenere in detenzione gli indiziati. I firmatari chiamano
anche in causa i giornalisti, colpevoli d’aver “giudicato in anticipo e
condannato tutte le persone implicate prima di scagionarli
mediaticamente”.



UN DRAMMA NEL DRAMMA

Una tragedia senza fine, quella di Outreau.

Dopo aver visto le loro vite devastate, dopo mesi di carcerazione preventiva, dopo essersi dovuti difendere da accuse tanto ignobili quanto terribili, per gli ex-imputati ancora non c'è pace.

L'incubo che hanno vissuto, un incubo per il quale ora il governo francese sta cercando di individuare le responsabilità, non cessa di tormentarli. Fino a spingerli verso gesti estremi.

Pedofilia: caso Outreau, uno dei prosciolti tenta suicidio


PARIGI - Uno dei prosciolti nel processo su una presunta rete di pedofilia di Outreau ha tentato di uccidersi la notte scorsa. Si tratta dell'ufficiale giudiziario Alain Marecaux, che è ora ricoverato nell'ospedale di Calais. L'uomo, assieme a tutti gli altri imputati, era stato assolto in appello a Parigi, nel dicembre scorso, in quello che lo stesso presidente della repubblica, Jacques Chirac, ha definito "un disastro giudiziario senza precedenti".

Marecaux, che si era fatto diversi mesi di prigione preventiva - come tutti gli altri imputati - aveva già tentato di uccidersi in carcere. L'uomo era stato ascoltato negli giorni scorsi, insieme con gli altri assolti, dallaCommissione parlamentare d'inchiesta istituita dall'Assemblea nazionale per far luce sulla vicenda.
I racconti di Marecaux e degli altri si sono spesso interrotti a causa dell'emozione e delle lacrime provocate dal ricordo di quell'esperienza. 

swissinfo 24 gennaio 2006 12.06


IERI LA «GOGNA PUBBLICA» TRASMESSA DALL’AULA DEL PARLAMENTO

La Francia processa
in tivù il giudice
che sbagliò processo

Tredici innocenti hanno trascorso fino
a quattro anni in carcere per pedofilia

"Gli altri colpevoli potrebbero restare così sullo sfondo: gli esperti, psichiatri e psicologi, che avevano garantito la fondatezza delle testimonianze dei bambini violati, i giornali che esigevano mostri da immolare in prima pagina, i politici che non hanno perso tempo su un sistema giudiziario privo di meccanismi di controllo in caso di errore del giudice istruttore. "

Domenico Quirico
corrispondente da PARIGI
Eccola la telegiustizia. Implacabile e neutra come gli obiettivi delle telecamere di ben sei reti televisive francesi. Impossibile evitarla, sfuggirle, parlar d'altro. Forse assomiglia un po' troppo a una feroce gogna catodica; ma non importa, già se ne celebrano i fasti come vero contropotere. E qualcuno immagina una «rete giustizia» che trasmetterà in continuazione processi e processoni: zap, un colpo al telecomando e siamo accomodati nella giuria universale.
E' successo ieri in Francia, una prima assoluta, durata sette ore.
L'imputato ha la faccia di un giovanotto di 34 anni, abito grigio, pallido, emaciato che si esprime lentamente, deglutisce in continuazione alla ricerca difficile delle parole giuste. Eppure lui è un giudice, Fabrice Burgaud, il responsabile della più grande catastrofe giudiziaria della recente storia francese, lo scandalo di Outreau.
E' quasi una replica aggiornata del caso Dreyfus. Tredici accusati di un losco e orribile caso di pedofilia infantile, risultati totalmente e scandalosamente innocenti dopo aver fatto fino a quattro anni di prigione.
Diciassette bambini, le vittime, e una donna erano l'architrave della accusa, lei ha ritrattato, per i racconti degli altri non è mai stata trovata una prova. Tutto questo ha prodotto vite spezzate, matrimoni distrutti, carriere annientate, un morto suicida in carcere, figli travolti dalla vergogna e dall'autopunizione con la droga.
Un Paese intero, quando ha saputo la verità, è inorridito, due terzi dei francesi dicono di aver paura della giustizia. Il giudice Burgaud sa che milioni di persone lo vorrebbero volentieri giustiziare.
Questo «processo» televisivo, in un aula parlamentare, è appunto la sua forca mediatica, più terribile e feroce forse di quella vera. Perché la monumentale nequizia giudiziaria ha inaugurato l’inevitabile commissione parlamentare di inchiesta: vuole sapere, capire, spiegare, correggere il sistema.
Le testimonianze delle vittime le hanno trasmesse solo le reti specializzate, quelle parlamentari: momenti terribili e strazianti. E audience elevatissima. Per quella del giudice hanno sradicato tutti i palinsesti, i grandi telebusti hanno fatto a gomitate per esserci, per presentare.
E' un audizione, avverte il presidente della commissione, non un tribunale: parole sprecate, non ci crede nessuno, l'atmosfera è a metà tra l'udienza staliniana e la fantasia romanzesca. Oggi Burgaud non assomiglia certo al Grande Inquisitore dostojevskiano che hanno dipinto le vittime e i giornali: implacabile, sicuro delle proprie sensazioni, un uomo senza la cultura del dubbio, uno psicorigido.
Questo mediocre allievo della facoltà di legge è un uomo spaventato, sempre più incerto e confuso, arrivato all'assemblea nazionale accompagnato da due agenti, perché si teme che qualcuno possa meditare una scorciatoia spiccia e riparatrice al male commesso, la sua carriera è naturalmente finita, anche se i magistrati per corporativo dovere timidamente lo difendono.
Ha iniziato l’«audizione», prima di raccontare passo dopo passo i passaggi della sua inchiesta, le sue «prove» prima solidissime e poi sgretolate, che lui oggi, più di ogni altro, «può sentire la sofferenza delle vittime e immaginare che cosa hanno vissuto, la prigione, la separazione dai loro cari, dai loro bambini, dal loro buon nome che è stato messo in dubbio»: «Ma quello che dico e ridico è che sono certo di aver svolto il mio lavoro senza alcun partito preso, con gli elementi che avevo allora e che sono diversi da quelli emersi successivamente».
Eccola forse la sua vera grande colpa, per cui lo processano qui: non aver chiesto scusa, come Chirac, come i ministri, aver rifiutato il grande rito assolutorio, ribadire ostinatamente che tra i suoi terribili diritti di giudice c'è anche quello di poter sbagliare. 
Gli altri colpevoli potrebbero restare così sullo sfondo: gli esperti, psichiatri e psicologi, che avevano garantito la fondatezza delle testimonianze dei bambini violati, i giornali che esigevano mostri da immolare in prima pagina, i politici che non hanno perso tempo su un sistema giudiziario privo di meccanismi di controllo in caso di errore del giudice istruttore.


Tratto dal settimanale "PANORAMA" del 20 febbraio 2006

Noi «pedofili» innocenti
di  Alberto Toscano

Condannati per abusi sessuali su minorenni, sono rimasti in carcere per molti mesi. Poi si è scoperto che erano innocenti. Ecco le loro storie, che raccontate in diretta televisiva stanno provocando una bufera giudiziaria paragonabile soltanto all'affaire Dreyfus.

Giustizia o telenovela? La domanda s'aggiunge al dibattito sul più clamoroso errore giudiziario della recente storia francese. Gli animi si scaldano. Come accadde in Belgio nel periodo 1996-97 a seguito del caso Dutroux (il massacro degli innocenti da parte di un pedofilo), i lavori della commissione parlamentare d'inchiesta francese sul caso di Outreau (nella cittadina settentrionale alcune persone sono state incarcerate per mesi per una storia di presunta pedofilia e poi completamente scagionate in appello) sono trasmessi in quasi diretta televisiva. Le tv propongono ore di interrogatori, con le domande dei parlamentari e le risposte di tutte le persone implicate nella catastrofe giudiziaria: gli ex accusati (14, uno dei quali suicidatosi in carcere), i magistrati e i testimoni.

L'inchiesta del giudice istruttore Fabrice Burgaud aveva voluto dimostrare la colpevolezza degli imputati, che hanno trascorso fino a 38 mesi in prigione. Poi nell'autunno scorso, al processo d'appello, i bambini hanno ammesso di avere raccontato menzogne e gli adulti hanno giustificato le proprie false accuse con il desiderio di non far fare una figuraccia ai bambini. Adesso è il titolare dell'istruttoria a doversi spiegare. La giuria è composta da milioni di francesi incollati al televisore.
L'8 febbraio il giudice Burgaud, 34 anni, ha risposto per sei ore alle domande della commissione parlamentare, guidata dal deputato socialista André Vallini. Al momento del primo processo, Burgaud aveva l'aria arrogante. Adesso assomiglia a un pulcino bagnato. Ai parlamentari dice: «Voi immaginate la mia emozione nel trovarmi di fronte a persone che sono state assolte. Oggi più che in passato posso percepire la loro sofferenza e comprendere ciò che hanno vissuto: l'isolamento, la separazione dai loro cari, il dramma dei loro figli e le macchie alla loro onestà personale».
E prova lo scaricabarile: «Avrei potuto agire diversamente? Con il senno di poi posso rispondere affermativamente. Ho commesso errori di valutazione? Forse, ma quale giudice non li commette? Ero solo. Nessuno mi ha detto che mi stavo incamminando su una strada sbagliata. Né il procuratore, che consultava regolarmente il fascicolo, né il procuratore generale, né alcun'altra autorità».
Sulla testa del giudice istruttore Burgaud pesano come un macigno le parole da lui rivolte il 18 novembre 2005 a Parigi, al processo d'appello, all'ex grande accusatrice Myriam Badaoui, 39 anni, i cui figli avevano lanciato terribili accuse di sevizie agli imputati. «Lei è una madre indegna se non sostiene le accuse dei suoi bambini» le avrebbe detto il giudice istruttore. Così da menzogna è nata menzogna.

«Il giudice istruttore Burgaud sapeva fin dall'inizio che alcuni testimoni stavano mentendo» è la convinzione del prete operaio Dominique Wiel, imprigionato il 14 novembre 2001, scarcerato in libertà vigilata il 20 luglio 2004 e assolto in appello il 1° dicembre 2005. Dalla sua testimonianza emergono i morbosi pettegolezzi che serpeggiavano tra i 15 mila abitanti di Outreau. Cattiverie come mine vaganti.
Dice il prete operaio: «Contrariamente a ciò che è stato affermato, Burgaud sapeva che una certa persona (alcuni nomi sono stati oscurati nella quasi diretta televisiva, ndr) aveva mentito nell'affermare che sua figlia era stata violentata dal suocero. I gendarmi avevano interrogato la ragazza, che aveva negato tutto, accettando di sottoporsi a visita ginecologica: il medico ha indirizzato poi al giudice istruttore Burgaud un rapporto che attestava la verginità dell'interessata».

Secondo padre Wiel, ciò dimostra un fatto inequivocabile: l'istruttoria è stata condotta senza verificare l'affidabilità di testimoni che già in precedenti occasioni avevano sparso veleno in quella cittadina della regione Nord-Pas de Calais. Lydia Cazin-Mourmand è andata di fronte alla commissione parlamentare per difendere la memoria del fratello François Mourmand, suicidatosi in prigione il 9 giugno 2002. Lei non crede alla tesi del suicidio e dice che François è stato riempito sistematicamente di barbiturici.
Poi parla della volta in cui il fratello cercò di dimostrarsi innocente in occasione di un confronto con Myriam Badaoui di fronte al giudice Burgaud. Sentiamola: «Mio fratello disse d'avere un tatuaggio sul sesso. Allora Burgaud chiese alla Badaoui se lo sapeva e lei disse di sì, aggiungendo che si trattava di una farfalla. Invece non era una farfalla, ma il nome della moglie». Tutte frasi trasmesse in tv.

«Il magistrato mi ha interrogato solo per mezz'ora e poi sono finito in prigione per 38 mesi» ricorda l'imbianchino Thierry Dausque, che prima era stato presentato come un mostro e che poi è stato assolto in appello. Dausque accusa il giudice istruttore d'averlo interrogato in assenza del difensore e ricorda quella volta in cui lo minacciò dicendogli: «Lei ha interesse a parlare: nel suo caso ci sono vent'anni di carcere». Non sono stati 20, ma tre. «Oltre tre anni da innocente» dice Thierry, che ricorda d'aver patito una pena anche maggiore: la separazione da suo figlio, piazzato d'autorità in un centro d'accoglienza. È anche il caso dei figli dell'infermiera Odile Marécaux, che ha passato sette mesi in prigione e che parla del suo arresto, il 14 novembre 2001.

«Davanti ai miei tre bambini, in casa mia, mi hanno annunciato l'incriminazione per atti di libidine su minorenni. Mi hanno sottratto i bambini. Ho avuto solo il tempo di dir loro che sarei passata a prenderli a fine mattinata. Ma quella mattinata è durata tre anni». Padre dei tre piccoli è l'ex marito di Odile, l'ufficiale giudiziario Alain Marécaux, che ricorda di fronte alla commissione parlamentare (e alle telecamere) il suo arresto, alle 6.30 del mattino di quel 14 novembre 2001. Dice che un poliziotto gli propose uno scambio, che riguardava la «libertà» dei suoi stessi figli, affidati nel frattempo alle strutture sociali. «Mi hanno detto che, se mi fossi dichiarato colpevole, mia moglie e i miei figli sarebbero immediatamente stati liberati». Alain ha fatto 23 mesi di prigione prima d'essere scagionato in appello.

Anche nel caso di David Brunet, portiere di un palazzo, c'è di mezzo un figlio. «I poliziotti» dice a proposito dell'arresto «mi hanno chiesto di vestire il mio bambino di 3 anni e mezzo, che stava dormendo. Così ho fatto. Poi mi hanno costretto a seguirli al commissariato, dove ci hanno sbattuti in una cella in compagnia di un tipo sporco, ma buono. La cella faceva schifo. Mio figlio piangeva per la fatica, per lo stress e perché non sapeva che cosa stava succedendo». Storie di bambini, vittime in definitiva delle false testimonianze di altri bambini. La Francia guarda, s'interroga e comincia a dubitare della propria giustizia. Per fortuna ha la tv.

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