venerdì 14 novembre 2014

Nove petali di Loto



La Compagnia della
Memoria

presenta


Nove petali di Loto

è un testo
fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera della Soc. Coop. CEARPES


Uno cine-spettacolo di
Milo Vallone


Testo di Luca Pompei e Milo Vallone


Con


Milo Vallone


E con


Antonella De Collibus


Angelo Del Romano


Chiara Di Marco


Fabio Fusco




E con la partecipazione
in video di


Simona Berardocco


Andrea Maria Costanzo


Pierfrancesco Leone


Michele Di Mauro


Bruno Monti


Elena Gkionoglou


Alice Pacini


Michela Manso


Valentina Valente


Federica De Rubeis




Regia di Milo Vallone


Assistente alla regia: Daniela De Rubeis

Musiche originali di Gianluigi Antonelli

Produzione video e post produzione a cura di: Acciaierie Sonore

Organizzazione e produzione esecutiva: Tam
Tam Communications


Il progetto.


“Nove petali di Loto” è un testo di fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera della Soc. Coop. CEARPES .
Lo spettacolo segue il progetto ideato e inaugurato alcuni anni fa da Milo Vallone e

definito CineprOsa. Questo progetto di realizzazione vede l’incontro e l’intreccio tra i linguaggi teatrali e quelli cinematografici, ne nasce così un vero e proprio
cine-spettacolo che vede un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo.




Il titolo.


Il titolo evoca il numero di anni (o petali di vita) di cui la vicenda narrata si compone.
Il fiore di loto è un fiore bellissimo che si può ammirare ovunque perché presente in tutto il mondo, ma la sua esistenza non è così facile e piena di bellezza come si potrebbe immaginare.
A differenza di tutti gli altri fiori, infatti, quando il loto inizia a germogliare, si trova sotto l'acqua sporca di laghi o piccoli stagni, circondato da fango e melma e tormentato da pesci e insetti.
Nonostante queste condizioni, il fiore di loto si fa forza e, crescendo, sale verso la superficie dell’acqua. E’ ancora solo un gambo con alcune foglie e un piccolo baccello.
Col tempo lo stelo continua ad allungarsi e il baccello lentamente emerge dall’acquitrino. E’ allora che il loto comincia ad aprirsi, petalo dopo petalo, nell’aria pulita e nel sole. Il fiore di loto è pronto per appagare gli occhi di tutto il mondo.
Nonostante sia nato in acque torbide, scure, dove la speranza di una vita bella sembra lontana, il loto cresce, supera le avversità e, ironia della sorte, quella stessa acqua sporca che lo ha visto germogliare si pulisce man mano che esso emerge.
Quando il loto si apre, non una macchia di fango o sporcizia rimane esternamente. All’interno poi non vi è traccia dell’acqua di provenienza.


Note di regia


La trama dello spettacolo vede protagonista Roberto Occhipinti, un operatore sociale da anni attivo con crescente e meritata fortuna nel campo del recupero di minori disagiati. La PreCase, struttura che dirige, cresce sia in termini di efficacia nell’azione della sussistenza e del reinserimento sociale degli ospiti che nella relativa consistenza economica della cooperativa che gestisce il centro.
Le fortune però non passano mai inosservate e diventano fulcro attrattivo per vampiri e sciacalli che oggi senza alcuna forzatura, potremmo sintetizzare con l’ esplicativa locuzione di “poteri forti” che cercano di ritagliarsi un ruolo all’interno di queste esperienze, per usare, pian piano, le stesse iniziative come nuove piattaforme di certi

abusi di potere.
Occhipinti, mosso da sempre, da una reale e pura passione verso il suo mestiere e con l’entusiasmo e l’energia di chi ben sa della notevole possibilità di incidenza sociale che un lavoro così può rappresentare, dopo un’iniziale e doverosa accettazione istituzionale di collaborazione con sindacati e consorzi nazionali, si vede costretto a prendere le distanze da questi stessi enti poiché le loro ingerenze si facevano sempre più pressanti, insostenibili nonché minatorie verso la delicata e assolutamente necessaria qualità che il suo centro doveva offrire ai non fortunati ospiti.
Da qui inizieranno per il nostro protagonista, i suoi collaboratori e la PreCase tutta, una serie di atti di persecuzione giudiziaria che manderanno letteralmente in frantumi il mirabile lavoro fatto negli anni e l’eccellenza che, su tutto il territorio nazionale, questa esperienza rappresentava.
A nove anni dall’inizio dell’inchiesta, l’ultimo processo.
Anche per l’ultimo come per tutti gli altri (tanti) capi di imputazione, la magistratura si esprimerà con una sentenza inequivocabile:
Assoluzione. Poiché il fatto non sussiste”.
Alla fine della vicenda da noi raccontata, come il fiore di Loto Occhipinti, nuovamente trarrà forza dalle acque melmose nelle quali si è ritrovato a navigare, per ricominciare da capo.
Con la forza del bene generato in tanti anni di onesto e lodevole lavoro e con la fertilità di un dolore che mai riuscirà a dimenticare, il protagonista e i suoi collaboratori, sono pronti per ripartire poiché la dirompenza del bene la si può combattere, ma non arginare.


Milo Vallone

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