sabato 7 dicembre 2013

La psichiatria, dice la chiesa di L. Ron Hubbard Scientology (CCDU) , è responsabile del nazismo, delle sparatorie nelle scuole e anche delll'11 settembre.

La psichiatria, dice la chiesa di L. Ron Hubbard Scientology (CCDU) , è responsabile del nazismo, delle sparatorie nelle scuole e anche delll'11 settembre.


Di Andrew Gumber, L.A. Citybeat, 12 gennaio 2006.



Ancora prima di cominciare a scrivere questa articolo e indipendentemente da ciò che scriverò, so già che rimprovererò gli scientologist, e lo so perché l'ho già fatto in passato. 
Alcuni giorni fa ho visitato il loro nuovo museo anti-psichiatria di Hollywood convinto,
giustamente, che avrebbe offerto un interessante spaccato sul modo di pensare di un'organizzazione notoriamente votata alla ritrosia. Ma con un titolo come "Psichiatria: Industria di Morte" questa volta non vi sarebbe stata ritrosia alcuna sulle sue convinzioni.
Circa a metà strada della lunghissima parata di video e cartelloni - dopo essere stato informato del "progetto universale" ordito da sempre dalla psichiatria per dominare il mondo, dopo la lezione sul ruolo centrale di Adolf Hitler nel rendere realtà quel progetto, ma appena prima del tabellone che accusava la psichiatria della morte di Ernest Hemingway, Del Shannon, Billie Holiday, Kurt Cobain, Spalding Gray e di quasi ogni altra stella dell'intrattenimento non deceduta per cause strettamente naturali - un uomo con camicia grigia e cravatta in tinta mi si è avvicinato nella semi oscurità prendendomi da parte.
L'ho riconosciuto: era lo stesso che stava alla reception quando ero entrato nel palazzo e aveva accolto le cinque o sei persone entrate con me, consegnandoci le cuffie audio. Aveva anche dato una risposta davvero particolare a un passante che chiedeva se si pagava per entrare: «Entrare non costa nulla» aveva detto con voluta enfasi. Non ero riuscito a trattenermi dal commentare: «ma riuscire ad uscire è tutt'altra cosa», ma mi ero subito pentito della battuta.
«Ho visto che sta prendendo appunti» mi ha detto severamente. «È forse un giornalista?». Gli ho risposto che lo ero e gli ho dato il nome del mio giornale. Ha replicato che andava bene ma avrebbe gradito che, all'uscita, scambiassi due parole con l'addetta stampa del museo. Anche l'addetta, una donna magra e asciutta di nome Marla Filidei, aveva poi fatto un paio di rapide incursioni nella mostra. Quando alla fine io e la mia compagna ci siamo seduti con lei nella sala conferenze, ci ha chiesto che cosa pensassimo dell'esperienza.
Dopo un paio di minuti era chiaro che non le interessava minimamente conoscere la nostra
opinione su come fosse stata allestita la mostra - il modo in cui avevo deciso di interpretare la sua domanda - ma ci stava bombardando di ulteriori osservazioni sui mali della psichiatria. Le ho risposto che non ero uno scienziato e non mi interessava sostenere una discussione dettagliata su benefici o rischi di farmaci che alterano l'umore; d'altra parte nemmeno lei era una scienziata e la Chiesa di Scientology non era assolutamente nella posizione di pronunciarsi su questioni mediche. La cosa l'ha chiaramente irritata, tanto che appena rientrato a casa ho trovato una sua e-mail in cui mi diceva che il nostro incontro «era stato il più bizzarro che avesse avuto con un giornalista negli ultimi 10 anni», e fondamentalmente mi redarguiva per non avere voluto ingaggiare una discussione che lei era evidentemente ansiosa di sostenere.
Nulla di tutto questo dovrebbe sorprendere chi abbia seguito i recenti scoppi di ira dell'über-scientologist Tom Cruise - la serie di stupidaggini rivolte a Brooke Shields dopo le sue dichiarazioni pubbliche sulla depressione post-partum che l'aveva colpita, o lo scontro avuto con Matt Lauer a proposito di Ritalin quando l'attore si è auto proclamato esperto di storia della psichiatria e si è reso stupido tanto quando fece saltando come un matto sul divano di Oprah. L'approssimazione di quelle argomentazioni anti-psichiatriche è intrisa di una spessa patina di paranoia. E non basta che gli scientologist esprimano il loro odio quasi patologico per la psichiatria in ogni sua forma, devono anche pensare di essere perseguitati per le loro credenze.
Le premesse della mostra assomigliano un po' alla trama di Angoscia, il vecchio film con Ingrid Bergman: gli psichiatri sono praticamente l'incarnazione del personaggio di Charles Boyer che, per i suoi scellerati scopi personali, fa di tutto per far credere alla moglie di essere pazza quando in realtà è perfettamente sana. Vengono fatti continui riferimenti alle "vittime della psichiatria", alle "cavie umane inconsapevoli" della professione, ai suoi tentativi, del tutto privi di scrupoli, di "drogare in massa milioni di persone". E qual è la motivazione dietro a tutto questo? In realtà sono due: il controllo, naturalmente - il desiderio della dominazione mondiale dettata dal "progetto universale" della psichiatria - e il denaro, l'opportunità di raggranellare somme enormi creando e perpetrando la miseria altrui.
Sotto certi aspetti la psichiatria è un bersaglio facile: si va dalla terribile crudeltà delle istituzioni mentali vittoriane che facevano pagare il biglietto per potere entrare e farsi qualche risata alle spalle degli idioti lì ricoverati, al movimento eugenetico, che ebbe davvero influenze sul nazismo (e sui segregazionisti del Jim Crow South), fino a tutta la storia controversa della terapia elettroconvulsiva e della lobotomia. Al giorno d'oggi si possono sollevare moltissime critiche legittime contro lo smodato potere dell'industria farmaceutica e dei i suoi lobbisti, sull'eccesso di prescrizioni di tranquillanti e modificatori dell'umore come il Prozac o il Ritalin, esiste davvero una casistica documentata di effetti collaterali preoccupanti, a volte letali, che emergono molto dopo che la FDA ha approvato un farmaco, e così via.
Ma una cosa è affermare che in campo psichiatrico si sono verificati abusi, un'altra, e ben diversa, è dire che la professione stessa è malvagia. Il museo dell'"Industria della Morte" si spinge ancora un passo oltre sostenendo niente di meno che la psichiatria è responsabile di tutte le malvagità del mondo. È la psichiatria la vera chiave per comprendere Hitler, non il nazionalismo estremo ("nessun uomo nella storia è stato più importante per il sogno psichiatrico di dominazione mondiale..."). È la psichiatria la vera responsabile del collasso degli standard educativi degli Stati Uniti, non la mancanza cronica di fondi; ed è colpevole anche dell'aumento dei premi assicurativi delle polizze sanitarie. Dietro la recente esplosione di sparatorie nelle scuole c'è la psichiatria, che è responsabile anche dell'11 settembre. «I kamikaze sono... assassini costruiti grazie alle droghe e ai metodi psicopolitici» si legge su uno dei cartelloni. «Accurato indottrinamento e trattamento psichiatrico possono far sembrare razionale anche l'atto più barbarico».
È difficile parlare degli errori fattuali di tali affermazioni (anche se la prego signora Filidei, se lo scriva: il vice di Osama bin Laden, Ayman al-Zarkahiri, non è uno psichiatra ma un chirurgo pediatrico) quando le affermazioni stesse sono caratterizzate dalla lampante mancanza della ben che minima corroborazione fattuale. È l'armamentario classico della teoria paranoica del complotto: prendi ogni minimo fatto negativo su cui riesci a mettere le mani, scarta qualsiasi cosa puzzi di positivo, mischia il tutto e combinalo in qualcosa di più grande che sommi tutti i suoi componenti. E improvvisamente gli psichiatri diventato tutti dei demoni, il loro manuale diagnostico una bufala colossale, dall'inizio alla fine; non esiste giustificazione alla teoria che squilibri chimici provochino problemi di natura mentale; il Ritalin non è mai la cura adeguata, né per i bambini, né per gli adulti; in realtà non esiste nemmeno, in primo luogo, una cosa chiamata malattia mentale.
Queste sciocchezze potrebbero essere divertenti se non avessero anche un'influenza
perniciosa. Il ricevimento di inaugurazione del museo, poco prima di Natale, era affollato di star, a cominciare da Anne Archer, Jenna Elfman e gran parte del gotha scientologico di Hollywood. Il museo non ha badato a spese, un astuto esercizio di propaganda destinato a una platea quanto più vasta possibile. E come recitava il raccapricciante slogan di reclutamento del video finale, «Sarai al sicuro fino a quando noi siamo qui».
Nella nostra epoca sempre più anti-razionale l'assalto degli scientologist alla psichiatria prende posto accanto al movimento anti-Darwin, al movimento anti-effetto serra globale e, in realtà, al disprezzo generale dell'amministrazione Bush verso fatti scientificamente comprovati. E tutto questo deve essere vigorosamente denunciato, come tutto il resto. La mia compagna ha probabilmente detto giusto quando, nell'uscire dal museo, ha preso a passeggiare su e giù davanti l'ingresso scandendo: «Sto prendendo il Ritalin, e mi ha cambiato la vita!». Sul Sunset i passanti sono subito scoppiati a ridere, il miglior antidoto possibile.
Andrew Gumbel è autore di Steal This Vote (Nation Books).



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