sabato 22 febbraio 2014

IL MODELLO DELLA COMUNITÁ TERAPEUTICA: L’AREA STATUNITENSE

 IL MODELLO DELLA COMUNITÁ TERAPEUTICA: L’AREA STATUNITENSE


Anno 6, n. 34, Ottobre 2006

Marta Vigorelli




Introduzione

Proseguendo il lavoro di descrizione dei differenti orientamenti psicodinamici del campo istituzionale, vorrei soffermarmi ora sull’area statunitense, prendendo in esame tre differenti esempi di istituzioni di terapeutiche: : Il Chestnut Lodge Hospital, La Menninger Foundation e il Centro di Austen Riggs.

1. Il laboratorio clinico e di ricerca di Chestnut Lodge

Il Chestnut Lodge Hospital è un’istituzione psichiatrica privata, che ha chiuso i battenti nel 2001 ed è stata messa all’asta per fallimento. Ancora nel biennio ‘95/’96 figura nella graduatoria dei “Best Hospital in America” (al 16° e 15° posto) come ospedale specializzato nel trattamento intensivo di pazienti gravi in regime di medie e lunghe degenze, coniugando in un setting comunitario la psicoterapia individuale a orientamento analitico, la farmacoterapia, la riabilitazione e trattamenti di gruppo ad indirizzo diverso. Fondata nel 1908 dalla famiglia Bullard, immersa in uno splendido parco di ippocastani, vicino a Washington, essa si è configurata, a partire dal 1933 e per un cinquantennio, come uno straordinario
laboratorio clinico e di ricerca per la diagnosi e la cura dei gravi disturbi psichiatrici, animato dalla presenza da parte di Fromm-Reichmann, Sullivan, Searles, Burnham, Gladstone, Pao, Feinsilver, che si sono avvicendati con diverse funzioni: una genealogia di psichiatri psicoanalisti che ha influenzato in modo significativo il dibattito sull’elaborazione di un modello originale e complesso di comprensione delle psicosi e del loro trattamento terapeutico, nel quadro più generale di quella forte alleanza tra psicoanalisi e psichiatria, caratteristica della tradizione nordamericana fino agli anni ‘50.
Il Chestnut Lodge rappresenta un modello di integrazione “forte” tra psicoanalisi e prassi psichiatrica istituzionale. La sua storia è, inoltre, paradigmatica di ogni istituzione sperimentale che deve fare i conti sia con i vincoli imposti via via dalle trasformazioni socioculturali esterne, sia con le difficoltà connesse al contatto con un oggetto inquietante e destabilizzante quale la psicosi: dei pazienti, delle famiglie invianti e, di riflesso, delle dinamiche interpersonali scatenate dall’istituzionalizzazione totale. In questo senso, le strategie e i dispositivi messi in atto nel corso della sua evoluzione, con l’anticipo proprio di un’esperienza pilota, rappresentano ancor oggi un patrimonio di grande interesse per chi si occupa della costituzione di un ambiente psicoterapeutico e, più ampiamente, del rapporto tra una specifica prassi clinica e l’elaborazione teorica che ne può scaturire. D’altra parte la peculiarità della sua struttura organizzativa (complessità del setting istituzionale, alti costi di gestione, forte impronta psicoanalitica, necessità di formazione analitica di tutto lo staff, mancanza di collegamenti istituzionali con il mondo universitario) ci aiuta a comprendere le sue alterne vicende, fino alla recentissima chiusura.
Vediamone le tappe salienti: è a partire dal 1933 che Dexter M. Bullard jr (che succede al padre nella direzione clinica) inaugura il progetto coraggioso di trasformare Chestnut Lodge in ospedale psicoanalitico, con l’intento di verificare l’estensibilità della tecnica freudiana al trattamento delle psicosi. Bullard assume uno staff di psichiatri psicoanalisti e inizia un tentativo di psicoterapia con tutti i pazienti ricoverati. La nuova scelta metodologica incide immediatamente anche sull’impostazione organizzativa del lavoro: infatti la presa in carico iniziale, secondo i canoni classici, pone una questione di rilievo riguardante la possibilità di coniugare le 
condizioni del setting psicoanalitico (colloquio riservato, regolarità spazio-temporale, astinenza) con l’agire sollecitato dalle indicazioni assistenziali e dalle pratiche di accudimento nella vita quotidiana del paziente in reparto. L’incompatibilità tra questi due ruoli, avvertita fin dal primo staff di terapeuti, orienta la scelta verso due figure di riferimento distinte, secondo una modalità resa poi programmatica: il ”therapist” con funzione psicoterapeutica e una regolarità di sedute quadrisettimanale e l’“administrator” con la funzione di gestire tutti gli altri aspetti, dalla somministrazione dei farmaci (utilizzati solo in rari casi per facilitare l’osservazione più libera delle manifestazioni sintomatiche) alle attività più specificatamente riabilitative. Ancor prima degli anni ’40, entra qui in vigore un metodo terapeutico “integrato”, che attualmente va sempre più stabilizzandosi, sia in Europa che in Italia. La collaborazione tra queste due figure, di cui l“administrator” con compito di coordinamento di altri ruoli, quali infermieri, assistenti sociali, ecc., funziona senza problemi nel piccolo gruppo iniziale: con la successiva crescita dei reparti (fino a sette con 20 medici e circa 80-100 pazienti) e il formarsi di una generazione di terapeuti più giovani, cominciano a nascere quelle caratteristiche dinamiche conflittuali, competitive e scissionali che portano, negli anni ‘50, ad una revisione complessiva di tutta l’impostazione organizzativa, con la messa in discussione di molti stereotipi e l’introduzione di momenti sistematici di discussione, confronto e supervisione, nonché di un assetto gerarchico facente capo ad un “clinical dyrector” ed a un “dyrector of psychotherapy”. Se i problemi di valutazione clinica non possono essere risolti a livello dei due direttori, vengono ora riferiti al “Council” composto da terapeuti anziani. E, in casi estremi di residua conflittualità, l’eventuale decisione definitiva è assunta dal Direttore di Chestnut Lodge, Dexter M.Bullard jr.
L’Istituto di Ricerca, sorto con i finanziamenti della Fondazione Ford, promuove nel 1949 un ampio progetto di ricerca sugli effetti del tipo di organizzazione e di prassi del gruppo curante sulla sintomatologia e sull’evoluzione del paziente, apportando un originale contributo allo studio e alla discussione sui problemi
dello staff e del personale curante, sia nel rapporto con i pazienti che nelle interazioni di gruppo, e mettendo in rilievo una significativa correlazione tra il versante clinico e quello organizzativo, tra i meccanismi intrapsichici analizzati nel singolo e quelli emergenti nelle relazioni dell’équipe curante.
L’occasione promotrice della ricerca, infatti, è uno stato di insoddisfazione relativo alla verifica dei risultati dei trattamenti terapeutici: nonostante l’applicazione puntuale della psicoterapia psicoanalitica intensiva e la selezione del personale medico (analizzato e supervisionato), non si constatano miglioramenti complessivi in gran parte dei pazienti; inoltre nel corso della degenza si manifestano nuovi sintomi cronici (ad esempio l’incontinenza fisica).
Si decide, dunque, di introdurre una funzione di “osservazione. partecipe” attraverso un “team” di ricercatori esterni (United States Public Health Service) guidati dallo psichiatra A.H. Stanton e dal sociologo M.S. Schwartz, che aiutano l’équipe a riconoscere e mettere in discussione una serie di “credenze” stereotipate su cui si fonda la prassi quotidiana di rapporto con i pazienti e ad evidenziare gli effetti del tipo di organizzazione sul comportamento dei pazienti e dello staff.
Un fenomeno caratteristico di risonanza sociopatologica è definito dagli autori “Mirror-Image structure”, secondo il quale il malato ritrova nell’ambiente istituzionale e tra gli operatori, come in uno specchio, l’immagine della propria frammentazione; inoltre molti sintomi, soprattutto quelli cronici, sono espressione di un modello di interazione tra lo staff e il personale ospedaliero (infermieri, assistenti sociali, riabilitatori, ecc) in cui nessuno dei partecipanti si rende conto della parte svolta, né degli effetti relazionali in un “campo multindividuale” (Stanton e Schwartz 1954). Ad esempio, laddove tra figure di una stessa équipe si adottano atteggiamenti divergenti che entrano in conflitto nascosto su aspetti ritenuti importanti nel rapporto con il malato, si manifesta un notevole aggravamento dei sintomi, che può trovare soluzione solo attraverso l’esplicito riconoscimento e l’elaborazione delle dinamiche in atto, filtrate da un’osservazione multindividuale ad opera dell’équipe curante.
Osservano gli autori: “I malati che presentano un’eccitazione patologica sono regolarmente i soggetti segreti e affettivamente importanti di un disaccordo in seno all’équipe terapeutica” ma “l’eccitazione si
risolverà non appena i membri dell’équipe si decideranno a discutere apertamente i loro punti di disaccordo” (Stanton e Schwartz 1954).
Inoltre, il perpetuarsi dell’abitudine cronica per cui alcuni pazienti ricevono la maggior parte dell’attenzione (in genere sulla base di richieste espresse in modo verbalmente attivo) e alcuni poche o nessuna con effetto di un rigido ritiro psicotico, ha posto la questione di un inserimento nella partecipazione di quelle figure professionali tendenzialmente emarginate dalla “casta” medica. Superando un concetto intellettualistico di formazione, lo staff ha quindi avviato un tentativo di integrazione dei dati osservati attraverso momenti di condivisione delle esperienze emotive, con attribuzione di significato e valorizzazione soprattutto dei gesti e dei compiti quotidiani degli infermieri, riabilitatori, ecc., affrontando e discutendo i diversi punti di vista verso la realizzazione di un autentico consenso (con colloqui periodici in piccoli gruppi e psicodramma formativo).
Alla fine degli anni cinquanta, l’organizzazione di Chestnut Lodge affronta una profonda ristrutturazione e la sperimentazione, in uno dei reparti, di una gestione clinica di tipo comunitario, sotto la direzione dello psicoanalista Woodbury[1], con il coinvolgimento globale dei pazienti (13 pazienti cronici), dei curanti (come l’équipe polivalente intesa come un tutto le cui componenti integravano competenze e strumenti differenziati) e delle famiglie prima marginali, ora prese in carico dal gruppo terapeutico come espressione del campo sociale esterno che deve trasformarsi insieme al paziente.
Woodbury ritiene infatti che “l’istituzione forma un insieme che deve essere preso in considerazione e utilizzato come tale, unitamente alle proiezioni inconsce che i pazienti operano su di lui” (Racamier, 1970).
Il cambiamento si sviluppa gradualmente nel corso di sette anni di gestione sperimentale, non senza crisi e momenti d’intensa conflittualità, realizzando, nella fase conclusiva, una vita comunitaria, terapeutica sia per i pazienti che per le altre componenti. E’, inoltre, raccolto un ampio materiale osservativo che viene a conferma ulteriore delle ipotesi espresse da Stanton e Schwartz sui meccanismi sociopatologici istituzionali, mettendo a fuoco in modo puntuale una sorta di corrispondenza isomorfica tra metodi clinici adottati, dinamiche di gruppo e psicopatologia prevalente nei pazienti.
Nella fase conclusiva, cosiddetta “parlamentare”, contraddistinta da un approccio integrato e dalla responsabilizzazione del paziente nei confronti di sé e degli altri, la terapia interpersonale comporta la valorizzazione di alcune importanti dimensioni: a) l’attivazione psicocorporea di tutta l’équipe con un gruppo quotidiano denominato “contatto fisico” (strutturato con massaggi, ginnastica dolce, ergoterapia, danza, ecc.) per stimolare lo “schema corporeo dei pazienti e promuovere le tendenze imitative, premessa indispensabile ai processi di identificazione nei confronti dei curanti”; b) l’utilizzo nelle riunioni con i pazienti, il personale e le famiglie, del “feedback” polivalente da parte dell’équipe, inteso come capacità di riconoscere e di riflettere le tendenze personali, diverse e contraddittorie del malato, attraverso l’esplicitazione emotiva delle reazioni, anch’esse complementari, suscitate nelle diverse componenti del gruppo terapeutico; c) la risoluzione delle scissioni, agite dal malato, attraverso un paziente ma continuo lavoro di accoglimento e di integrazione emotiva, da parte dell’équipe curante, delle proiezioni del paziente, che egli potrà gradualmente interiorizzare in vista di una maggiore coesione e identità.
Questo percorso terapeutico gruppale va a integrarsi con la psicoterapia individuale, finalizzata a catalizzare il processo di risoluzione delle scissioni attraverso l’analisi del movimento transfert-controtransfert[2].
Infine, negli anni ‘70[3] il contesto dell’esperienza di Chestnut Lodge produce, ad opera della riflessione sistematica di Ping-Nie Pao, un modello teorico-clinico “comprensivo” dei disturbi schizofrenici, i cui aspetti qualificanti sono: la valorizzazione di una diagnosi differenzialela selezione del terapeuta più adatto per ogni tipo di paziente (lavoro detto di “matching”); la necessità di altri tipi di intervento oltre a quello psicoterapico (rimedicalizzazione); il modello biopsicosociale dell’etiopatogenesi della schizofreniaun approccio integrato alla terapia.
Infine, la classificazione di Pao di vari sottotipi della schizofrenia[4] e la scansione della malattia in fase acuta, subacuta e cronica in base allo stato di coesione del Sé costituiscono un utile riferimento diagnostico, e, al tempo stesso, si propongono come strumento di verifica e di ricerca. Si pensi, a questo proposito, all’indagine esemplare di T.H. McGlashan, il “Chestnut Lodge Follow-up Study”, condotta su tutti gli ex degenti dimessi tra il 1950 e il 1975 dalla clinica, che concorre a liberare la tradizione di Chestnut Lodge da
una persistente “ideologia salvifica”, inserendola in un più problematico atteggiamento antiriduzionistico, senza nulla togliere alla validità del metodo e allo spessore dell’esperienza.
Nel 1994 il Cestnut Lodge viene acquistato dalla CPC, una compagnia non profit impegnata nel settore della prevenzione e della salute mentale, che muta sensibilmente l’impostazione complessiva dell’istituzione e la sua missione. Vengono ulteriormente diversificati i servizi che spaziano dal ricovero (sempre più breve) alle prestazioni in regime ambulatoriale o di day-hospital, alle varie iniziative di prevenzione sul territorio e sono rivolti non più soltanto ai pazienti gravi e alle loro famiglie ma all’intera comunità locale. Inoltre, la farmacoterapia acquista maggior spazio nel programma terapeutico, pur senza soppiantare la psicoterapia ad orientamento analitico.


Negli Stati Uniti, la Menninger Clinic, amministrata con i fondi dell’omonima Fondazione, è un prestigioso centro comprensivo per la cura la ricerca e la formazione nell’ambito della salute mentale, riconosciuto a livello internazionale come sistema all’avanguardia per gli elevati standard di qualità[5]. Nel 2002, per far fronte ai problemi finanziari in un’epoca di politica sanitaria controllata senza rinunciare alla sua vocazione e identità, la Menninger ha siglato un accordo di partnership con due istituzioni, l’università Baylor di medicina e l’ospedale Methodist, che possano condividerne e sostenerne gli obiettivi di cura, formazione e ricerca. Contestualmente la sede è stata spostata nel giugno 2003 da Topeka nel Kansas a Huston nel Texas. Dal 1925[6], anno della sua fondazione da parte dei dottori Karl e Will Menninger, padre e figlio, la clinica ha accolto 250.000 pazienti dagli Stati Uniti e dall’estero, attualmente impiega 250 impiegati a tempo pieno e opera attraverso 95 basi satelliti. Dal 2000 si dedica quasi esclusivamente al trattamento intensivo-residenziale con programmi specifici di trattamento per bambini adolescenti e adulti, e per i diversi disturbi (disturbi di personalità, disordini ossessivo-compulsivi, disturbi dell’umore e d’ansia, disturbi dell’alimentazione, disturbi d’abuso e dipendenza da sostanze psicoattive), e alla valutazione diagnostica su vasta scala, mentre ha delegato i servizi di prevenzione e assistenza territoriale ad altri fornitori locali.
Gli aspetti qualificanti della Menninger fin dalle sue origini sono:
·             un modello biopsicosociale della psicopatologia;
·             un approccio interdisciplinare e integrato alla diagnosi e al trattamento, che raccoglie le più recenti acquisizioni nell’ambito delle neuroscienze, della psichiatria e della psicoanalisi;
·             un approccio terapeutico centrato sul paziente nel suo ambiente di vita (programmi specifici di trattamento per tipologia di disturbo e per fase del ciclo di vita, progetto terapeutico intensivo individualizzato, specialmente per i pazienti cronici e/o con sintomatologia complessa);
·             un forte e fecondo connubio tra cura, formazione e ricerca, sostenuto anche attraverso costanti collegamenti con il mondo accademico e con gli organi federali NMH.
Nella storia della psichiatria la Menninger Clinic rappresenta una dei primi ospedali che hanno  perseguito con convinzione la via del trattamento terapeutico ambientale nella clinica della malattia mentale, in alternativa alla cura custodialistica o all’asylum dominanti negli anni venti. Nel giro di un decennio, inizia a farsi conoscere come modello all’avanguardia nella cura psichiatrica per l’attenzione ad un processo diagnostico multifattoriale, cioè biopsicosociale, l'applicazione della teoria psicanalitica all’attività terapeutica dell'ospedale, lo sviluppo della terapia ambientale in cui l'ambiente di vita complessivo del paziente è usato nel trattamento, e per l’adozione di un metodo pluridisciplinare. Nello stesso periodo stabilisce un programma di studi curriculare accademico e clinico, coerente con gli obiettivi perseguiti, iniziando una serie di corsi di formazioni per i vari operatori nel settore della salute mentale e della medicina (infermieri, psicologi, psichiatri, operatori sociali, ecc.), che porta all’apertura prima della School of Psychiatry & Mental Health Sciences[7], che per anni è uno dei più importanti centri di formazione nel settore, e poi nel ‘46 della Facoltà omonima.
Gli anni quaranta sono densi di avvenimenti. Viene istituita nel 1941 la Menninger Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro, che si occupa dell’amministrazione, dello sviluppo del fondo monetario e di altri servizi di tipo gestionale a sostegno della Clinica. Nel 1942 viene fondato il Topeka Institute for Psychoanalysis, l’istituto di formazione di psicoanalisi (il quarto negli Stati Uniti), che raccoglie molti analisti emigrati dall’Europa e viene ad essere responsabile di tutto l'addestramento psicanalitico ad ovest di Chicago. Contestualmente viene creato l’istituto di ricerca, la cui direzione viene affidata a David Rapaport[8], uno psicologo psicoanalista, che forma un gruppo di ricercatori illustri, quali Robert R. Holt, Lester Luborsky, George Klein, Merton Gill, Benjamin Rubinstein, Roy Schafer, Margaret Brenman, Sibylle Escalona, Milton Wexler, Paul Bergman, Martin Mayman, Gardner e Lois Murphy, per cui nel giro di pochi anni la Menninger diviene “l’Atene della formazione e della ricerca psicoanalitica”.
Numerosi sono i programmi di ricerca avviati nei decenni che hanno riguardato molteplici ambiti, dalla psicologia generale alla psicofisiologia alla psicologia del lavoro. In ambito psicodinamico alcune delle ricerche più importanti hanno riguardato la validità dei test psicologici, l’infanzia e le famiglie[9], gli effetti e l’efficacia differenziale della psicoanalisi e degli altri tipi di psicoterapia nel trattamento di diverse patologie, la prevenzione del disagio nel bambino, l’interazione tra fattori genetici e ambientali nell’etiopatogenesi psichiatrica.
Ripercoriamo sinteticamente alcune delle tappe più significative. Nel 1954 Otto F. Kernberg[10], Robert Wallerstein e altri iniziano a lavorare al noto "Psychotherapy Research Project" (Wallerstein et al., 1986), esaminando l’andamento della terapia e, ove possibile, il successivo corso di vita in un follow-up di 30 anni,
di un gruppo di 42 pazienti, la metà dei quali trattati con psicoanalisi e l’altra metà con tipi variati di psicoterapia lungo il range espressivo-supportivo, contribuendo a chiarire importanti questioni sui fattori terapeutici di cambiamento, sugli effetti differenziali e sull’efficacia dei vari tipi di tecnica. Glen Gabbard[11] e collaboratori hanno condotto ricerche sulla efficacia della psicoanalisi nella cura delle patologie gravi e sull’interazione tra fattori ambientali, neurofisiologici e psicoterapici allo scopo di sviluppare sempre più un approccio intergrato alla cura.
Nel 1993 sorge il Centro della Famiglia e del Bambino specializzato in programmi di ricerca sullo sviluppo psicologico infantile, sugli effetti della deprivazione, del trauma e della violenza, sui bisogni dei bambini e delle famiglie nell’epoca contemporanea, allo scopo di ideare progetti di intervento con finalità di prevenzione e di trattamento efficace della sofferenza infantile e famigliare. Tale centro è attualmente diretto da Peter Fonagy[12].
Sulla scorta della sua esperienza come membro, capo e consulente di istituzione psichiatriche e psiconalitiche, Otto Kernberg (1998) elabora una concezione integrata innovativa sulla psicodinamica degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni, che offre spunti stimolanti.
Secondo l’Autore, l’interazione tra impulsi libidici e aggressivi, con i connessi processi difensivi e sublimatori, tra sbocchi creativi e distruttivi, opera non solo a livello intrapsichico, ma anche gruppale e istituzionale. Ne consegue che l’attivazione di fenomeni regressivi di gruppo, caratterizzati da conflitti distruttivi e autodistruttivi, è un effetto praticamente inevitabile del funzionamento istituzionale, la controparte latente del lavoro produttivo sviluppato dai gruppi di lavoro e dalle strutture organizzative delle varie istituzioni. L’esempio più eclatante di questi stretti nessi tra dinamiche individuali, gruppali e istituzionali all’interno di un’organizzazione è il fatto che pazienti molto gravi possono funzionare in maniera quasi normale in gruppi dalla struttura solida e dai compiti chiaramente definiti e rispettati. Per contro professionisti perfettamente sani e ben adattati, che lavorano nel contesto di gruppi regressivi con una struttura di lavoro non adeguata, possono regredire rapidamente a stili di comportamento disturbati. E’ come se all’interno di queste situazioni gruppali disfunzionali, le forze gravemente distruttive e autodistruttive dell’inconscio dinamico fossero senza controllo.
Kernberg sostiene che la leadership istituzionale e la struttura organizzativa giocano un ruolo cruciale nel contrastare o, al contrario, nell’esacerbare i processi regressivi attivi all’interno di un’istituzione. Un’organizzazione richiede per poter funzionare in modo efficace una leadership e una struttura organizzativa razionali.
Le caratteristiche proprie di un dirigente razionale sono: un’alta intelligenza, una personalità onesta e impermeabile ai giochi e alle pressioni politiche, una capacità di creare e mantenere delle relazioni oggettuali in profondità, un sano narcisismo che lo protegge dall’iperdipendenza dagli altri e fortifica la sua capacità di autonomia, un sano atteggiamento paranoide, legittimamente circospetto e sensibile alle manipolazioni. Riguardo al secondo requisito, esso implica innanzitutto un rapporto ottimale tra lo scopo generale dell’organizzazione e la sua struttura gestionale; lo scopo deve essere importante e non banale, facilmente realizzabile nella misura in cui siano disponibili le opportune risorse materiali e umane, non eccessivamente complesso. Le istituzioni psichiatriche operano in contesti differenti e la loro efficacia nel perseguire gli obiettivi terapeutici dipende tanto dall’adeguatezza delle risorse, quanto dalla natura del loro rapporto con l’ambiente circostante. Quando queste risorse sono insufficienti, oppure quando il flusso verso l’esterno di servizi e prodotti è inadeguato, o quando obiettivi contraddittori o una scarsa chiarezza nelle priorità da rispettare interferiscono con le relazioni funzionali tra compiti e struttura gestionale, l’operatività dei gruppi di lavoro istituzionali comincia a deteriorarsi, il morale crolla e i processi gruppali all’interno dell’organizzazione regrediscono. A questi rischi si aggiunge un altro, intrinseco alla natura stessa del compito di un’istituzione psichiatrica, che espone a tutti i fenomeni di Mirror-Image structure, che minacciano costantemente l’operatività dello staff e la funzionalità organizzativa. La regressione indotta da tutti questi fattori, a sua volta, influenza grandemente la qualità e l’efficacia della leadership.
Lo sviluppo di assunti di base di lotta-fuga o di dipendenza spinge i leader di quelli che prima erano gruppi di lavoro ad assumere posizioni complementari ai bisogni emotivi dei loro membri, regredendo a ruoli primitivi, agendo per esempio come una figura onnipotente e generosa (nel gruppo dipendente) o un’autorità di controllo potente o minacciosa (nel gruppo lotta-fuga). Dunque, una drastica caduta nella capacità di svolgere il proprio lavoro, causata da diversi fattori interni e dalle relazioni tra l’organizzazione e l’ambiente circostante, prima induce processi gruppali regressivi e poi porta alla regressione del funzionamento della leadership. Se questi processi di gruppo non vengono diagnosticati, potrebbe rimanere visibile solo il loro prodotto finale, cioè una leadership che appare primitiva e inadeguata e soprattutto gli effetti negativi della personalità del leader sull’organizzazione.
Quando si verifica questo breakdown dei sistemi di lavoro dell’organizzazione, con concomitante regressione sia nei singoli membri che nei gruppi l’istituzione va incontro a un processo di paranoiagenesi, che rende impossibile qualsiasi relazione improntata alla fiducia e alla confidenza, imbrigliando
l’organizzazione in un’armatura che richiede forme di comportamento che alimentano il sospetto, la rivalità ostile, l’invidia e l’ansia e inibiscono ogni iniziativa individuale verso il bene collettivo. I sintomi di questa psicopatologia istituzionale si collocano su un ampio spettro che va dalla psicopatia alla depressione.
Le cause della sua insorgenza possono essere molteplici: la scarsità, in particolare la riduzione, delle risorse disponibili per portare avanti i compiti istituzionali, che scatena a livello profondo angosce di sopravvivenza psichica e materiale, una distribuzione non armonica e funzionale del potere e dell’autoritàuna mancanza di coerenza tra gli obiettivi istituzionali e la struttura amministrativa effettivauna leadership deficitaria che si manifesta in una diagnosi inadeguata dei compiti primari e dei loro vincoli, nell’incapacità di individuare i compromessi ottimali tra obiettivi e vincoli e in una mancata strutturazione funzione dei ruoli e delle mansione che contrasta con le necessità funzionali dell’operatività.
La leadership deficitaria può anche originare dalle caratteristiche personali dei leader che occupano posizioni chiave: e comunque, nota Kernberg ogni crollo del funzionamento istituzionale all’inizio viene interpretato quasi sempre come imputabile ai capi. Solo un’attenta analisi istituzionale può stabilire la differenza tra i casi un cui la patologia personale del leader è veramente la causa della crisi e quelli in cui le inefficienze e i disturbi del leader sono solo il sintomo che segnala la regressione della leadership, a sua volta conseguenza secondaria del crollo istituzionale piuttosto che sua causa.
Kenberg ritiene tuttavia che alcune caratteristiche di personalità dei leader  ostacolano l’esercizio efficace delle funzioni di leadeship, avendo oltretutto un significativo impatto negativo sullo staff e sull’organizzazione nel complesso. Allude a tratti eccessivamente narcisistici, paranoidi ossessivi e schizoidi. In tutti questi casi, si innesta un processo regressivo paranoico. I meccanismi proiettivi vengono esasperati e i loro effetti amplificati dalla concentrazione del potere investito nell’autorità del leader. Le profezie che si autoverificano distorcono le relazioni interpersonali e la struttura gestionale risente profondamente di tutto ciò che il leader fa, in particolare del suo ricorso massiccio alla proiezione del suo mondo oggettuale interno circostante ambiente istituzionale. Rappresentazioni oggettuali idealizzate e persecutorie, insieme a immagini di sé realistiche, idealizzate e svalutate, vengono proiettate dal leader sul suo ambiente psicosociale e le relazioni intrapsichiche del suo mondo interno vengono inconsciamente agite nel mondo interpersonale dell’organizzazione. In altre parole, il leader tratta i componenti del suo staff come oggetti interni e induce in loro atteggiamenti tipici delle sue rappresentazioni del Sé e dell’oggetto rimosse, dissociate e proiettate. Alcuni esempi di leader patologici sono: “il leader che non sa dire di no”; “il leader che ha assolutamente bisogno di essere amato e ammirato”, “il leader che deve controllare tutto”, “il leader assenteista”, “il leader affettivamente poco disponibile o instabile”, “il leader corrotto”.
Contro tutti questi pericoli, che minacciano un’involuzione paranoica, le organizzazioni ricorrono ad una serie di sistemi di protezione e correzione. Il mezzo più importante è la burocrazia. Altri meccanismi sono: la promozione di un’ideologia umanistica che si articola attorno ad un’aspirazione di giustizia e di uguaglianza di opportunità e di giudizio; un processo democratico di controllo delle decisioni; infine l’altruismo come atteggiamento oblativo di alcuni componenti dell’istituzioni che, in quanto integri, ben intenzionati e attenti ai valori umani operanti all’interno dell’organizzazione, aiutano i colleghi in difficoltà e contrastano l’evoluzione paranoica.
Kernberg  utilizza questo modello anche per un’impietosa quanto stimolante critica del modo in cui è condotta la formazione dei candidati all’interno degli Istituti di psicoanalisi, denunciando l’"atmosfera
paranoide" che vige in certi istituti, le difficili relazioni tra l'aspetto scientifico e quello terapeutico della formazione, della consuetudine tristemente diffusa delle "due analisi" (la prima - potenzialmente inquinata - "per l'istituto", e la seconda - una volta che si è ottenuto il diploma di psicoanalisi - finalmente "per se stessi"), della regola perversa per cui in certi istituti gli analisti didatti possono tradire il segreto professionale facendo rapporto sui progressi del candidato, e così via.

3. Il Centro di Austen Riggs

Il centro di Austen Riggs è un piccolo ospedale psichiatrico[13], privato e senza scopo di lucro, situato nel centro della città di Stockbridge (Massachusetts) sulla via principale del Normann Rockwell. Fondato nel 1919[14] e attualmente diretto dallo psichiatra e psicoanalista Edward R. Shapiro[15],  è noto a livello internazionale per la sua peculiare impostazione del processo terapeutico imperniato su un setting psicodinamico aperto, su un ambiente di vita e di apprendimento comunitario, e su una continuità di cura dal momento della presa in carico fino a quello del reinserimento. Curando una media di 70 pazienti, il Riggs rimane oggi uno pochi centri di trattamento psichiatrico degli Stati Uniti che fornisce una psicoterapia psicodinamica intensiva in una Comunità volontaria, aperta e non coercitiva.
Questa impostazione riflette una ben precisa concezione della persona umana, della sofferenza psichica e degli obiettivi del lavoro clinico. Alla base vi è la ferma convinzione che aiutare una persona significa innanzitutto riconoscerle dignità e la capacità, per quanto coartata e indebolita, di scegliere e di prendersi carico della propria sicurezza e della propria vita passata presente e futura. La Mission di Austen Riggs, si legge, è di migliorare le vite di tutte quelle persone con disturbi affettivi gravi e "trattamento-resistenti"[16] fornendo un trattamento di qualità ed efficiente (cioè con il miglior rapporto possibile benefici/costi). Questo obiettivo viene perseguito offrendo loro un contesto di vita e di cura integrato con la società esterna, che valorizzi le loro risorse, li aiuti a sviluppare la loro competenza personale, le loro capacità di coping e di funzionamento sociale, e consenta loro di reinserirsi quanto prima e con efficacia nel tessuto civile, lavorativo e sociale della Comunità esterna.
Per realizzare questa Mission Austen Riggs si è dato una ben precisa struttura organizzativa, i cui cardini sono:
1.                      un sistema di continuità di cura (dalla degenza ospedaliera alla residenza protetta, dalla vita in 
appartamento in regime controllato e non controllato al trattamento diurno, fino ai programmi di reinserimento) che si moduli in maniera specifica e graduale sui bisogni e le risorse del paziente e sia orientato a preparalo e sostenerlo nella delicata fase di transizione e reintegrazione nella società;
2.                      un team pluridisciplinare costante che accompagna il paziente attraverso i vari programmi;
3.                      una Comunità terapeutica aperta, che coinvolga e consenta la partecipazione attiva di tutti, personale e pazienti;
4.                      una fase iniziale di 4-6 settimane di attenta valutazione psicodiagnostica e di trattamento intensivo;
5.                      una gamma di programmi adattata ai diversi livelli di possibilità e di bisogno;
6.                      il trattamento psicofarmacologico;
7.                       il lavoro e la terapia di gruppo;
8.                      un trattamento specifico per le forme di abuso delle sostanze;
9.                      la terapia della famiglia e l’aiuto per il reinserimento nella Comunità esterna;
10.                  un vasto programma di arti e mestieri con i pazienti nel ruolo dell'allievo, attività libere da ogni interpretazione clinica;
11.                  il training, la ricerca e la formazione continua del personale al di là del compito clinico primario;
12.                  il reclutamento e il mantenimento di personale di qualità.

Ma vediamo nel dettaglio il programma di trattamento di Austen Riggs. Dal momento del suo ingresso ogni paziente riceve una serie di servizi, che vanno dalla psicoterapia individuale intensiva, alla terapia farmacologia, all’assistenza infermieristica, al programma terapeutico della Comunità, alle attività con gli operatori sociali, alla terapia medica periodica, alla consultazione o terapia di famiglia, ai servizi di abuso della sostanza fino alla consulenza nutrizionistica. Dopo un periodo iniziale di valutazione e trattamento intensivi, ogni paziente inizia un proprio specifico programma di trattamento. Il costo giornaliero varia da $970 (per il periodo iniziale dei 30 giorni di valutazione e di trattamento del programma di degenza ospedaliera) a $150 (per il programma di trattamento intensivo post dimissione del paziente esterno)[17].
La valutazione e il trattamento iniziali  - Tutti i pazienti sono ammessi ad un periodo di quattro - sei settimane di valutazione e di trattamento intensivi che culmina in una presentazione formale del caso al personale clinico per la programmazione del trattamento. Dopo questo periodo iniziale, la maggior parte dei pazienti continuano nel trattamento all'interno di una continuità di programmi, che va dal soggiorno ospedaliero al trattamento residenziale al trattamento diurno fino al reinserimento. I pazienti rimangono con lo stesso terapeuta e lo stesso team durante tutto il percorso qualunque sia il loro programma. Il team si compone degli psichiatri, degli psicologi, degli operatori sociali, degli infermieri, del personale della Comunità, del personale specialistico per l’abuso della sostanza e simili, e incontra periodicamente il paziente per sviluppare e rivedere il programma di trattamento.
La Psicoterapia - I pazienti a Riggs partecipano alla psicoterapia psicodinamica individuale intensiva 4 volte alla settimana con uno psichiatria o uno psicologo specializzato del personale del Riggs. Lo sviluppo della relazione fra il paziente ed il terapeuta si trasforma in un agente di cambiamento tramite un processo di apprendimento, di dis-apprendimento, ri-apprendimento, e di sviluppo. La terapia aiuta i pazienti a comprendere, a tollerare e a mettere in prospettiva le esperienze dolorose di vita, in modo da iniziare a farsi carico della loro situazione attuale e del loro futuro. La comunanza supportiva paziente-personale che circonda questo lavoro è essenziale al relativo successo, come lo è il fuoco pratico, comportamentale, del lavoro svolto con il personale con altra ruolo professionale, quali gli infermieri, gli operatori sociali e il
personale di Comunità.
La Comunità terapeutica è strutturata come una serie di gruppi collegati e di programmi di pazienti/staff, che vanno dalle riunioni di Comunità, ai gruppi sociali di sostegno, ai gruppi focalizzati sul sintomo alle forme di autogestione dei pazienti, alle attività comunitarie al programma di lavoro. Alla base della convivenza e del lavoro comunitario, vi è la ferma convinzione che ognuno, paziente o membro del personale, ha qualcosa da offrire e qualcosa da guadagnare partecipando. In un contesto comunitario strutturato, caratterizzato da una molteplicità di punti di vista, di esigenze e di ruoli i pazienti ingaggiano uno scambio premuroso con il personale di Riggs e apprendono moltissimo a livello personale, sociale, etico ed organizzativo da questa esperienza di vita. In particolare, il lavoro comunitario è basato sul concetto di vita esaminata (examined living). Con questo concetto si intende che l'esplorazione attenta delle esperienze difficili di vita ha la sua migliore probabilità di successo se i pazienti sono stimolati a condividere i loro sforzi e le loro risorse tra di loro e con il personale in una solida alleanza nel ricercare le soluzioni ai problemi e nell’apprendimento sociale. Tutto questo è supportato da un lavoro assistenziale centrato sulle dinamiche interpersonali e da un programma innovativo di arti e mestieri.
I diversi setting e programmi di cura sono: il programma di degenza ospedaliera, il programma residenziale interno, i vari programma residenziale esterni, il trattamento diurno post-dimissione fino al programma di reinserimento. Vediamone insieme le caratteristiche salienti.

Il programma di degenza ospedaliera è riservato al paziente interno, che è ospitato nella residenza primaria (la cosiddetta Locanda, Inn)[18], con libero e facile accesso alla sede della Comunità terapeutica. I pazienti dispongono di un’assistenza continua 24 ore su 24 e i servizi infermieristici si estendono oltre l'individuo fino alla famiglia e alla Comunità, allo scopo di garantire un ambiente sicuro e terapeutico. L’obiettivo è aiutare i pazienti a gestire in modo accettabile gli impulsi e i comportamenti sintomatici così da poter accedere alla comunità terapeutica.

I Programmi residenzialiI programmi residenziali ad Austen Riggs variano nel livello di assistenza infermieristica e di supporto gruppale, così come per l’ubicazione. I pazienti in tutti i programmi hanno accesso alle offerte del Centro della Comunità, in termini di attività e di programma di lavoro lungo tutta la settimana. I programmi residenziali fuori dalla struttura residenziale interna (Inn) forniscono un ambiente di piccolo gruppo ai pazienti per sviluppare la gestione di Sé, le abilità interpersonali e la capacità di autonomia e nel contempo li aiutano a entrare in contatto con le comunità sociali, educative e professionali al di fuori del Riggs.

A.        Il programma residenziale interno [IRP ], situato nella residenza centrale (Inn), è riservato ai pazienti che sono già capaci di una sostanziale gestione dei loro impulsi e dei loro comportamenti sintomatici al momento dell'ammissione. I pazienti continuano in questo programma finché richiedono la prossimità alla sede della Comunità terapeutica e al personale infermieristico. L'obiettivo del trattamento è che il paziente progredisca nella propria capacità di gestione di sé e nelle proprie abilità interpersonali al punto da non necessitare ulteriormente di questa prossimità e dipendenza.
B.         Il programma residenziale degli Olmi (Elms)- Situato nel Campus di Stockbridge, questa sede storica[19] è stata convertita in residenza per otto pazienti interni a metà degli anni ‘50. Esso offre una situazione di vita gruppale flessibile - ma strutturata – in cui i pazienti imparano a gestire una casa e a
convivere con altre persone, a risolvere i conflitti, a condividere lo spazio comune, a gestire un budget domestico, a fare la spesa e a preparare i pasti.
C.        Il programma residenziale di Lavan - Situato in una sede storica recentemente ristrutturata in Stockbridge[20], appena ad un isolato dalla città universitaria, esso prevede la vita in appartamento in condizione di piccolo gruppo con un focus interpersonale intensivo. Fornito di un direttore di programma, questo programma è destinato ad aiutare i pazienti a sviluppare ulteriormente la loro competenza interpersonale e le capacità di autonomia e nel contempo li mette in contatto con il più vasto mondo al di fuori da Riggs. I pazienti dividono un appartamento, ma con la presenza minima di personale d’assistenza. Il focus del programma consiste nel sviluppare le abilità sociali con l’apprendimento tramite l’esperienza. I pazienti sono sostenuti nei loro sforzi di inserirsi nella Comunità locale.
D.        Il programma residenziale di Lenox - Situato in una ex locanda storica nella città vicina di Lenox , esso mira soprattutto ad aiutare i pazienti (otto) a potenziare le loro competenze sociali, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di ruolo (l'impiegato, il genitore, l'allievo, il cittadino, ecc.) e normativi, allo scopo di agevolarli il più possibile nel loro reinserimento nella vita sociale e lavorativa della Comunità locale.
E.         Il trattamento diurno - I pazienti vivono in modo indipendente nella Comunità locale mentre effettuano il loro trattamento a Riggs. Partecipano alle ordinarie attività strutturate fuori di Riggs (scuola o lavoro, associazione di volontariato e del tempo libero). Partendo da un programma iniziale di sette giorni alla settimana, i pazienti diminuiscono gradualmente la loro partecipazione al Riggs in termini sia di numero di giorni sia di attività, mentre continuano nella psicoterapia individuale intensiva.

F.         Il programma di reinserimento – Rappresenta una fase di transizione in vista della chiusura del trattamento al Riggs. I pazienti continuano a ricevere i diversi servizi di trattamento, compreso la psicoterapia a quattro volte alla settimana, ma non partecipano più al programma di attività della Comunità terapeutica.

Tutti i pazienti del Riggs partecipano anche al programma delle attività e delle arti, caratterizzato dal fatto di essere totalmente separato dall'atmosfera del trattamento intensivo. Introdotto nel 1954 da Joan Erikson, moglie di Erik Erikson psichiatra del Riggs, esso si basa sul principio che l'arte, i mestieri, le attività intellettuali, come la partecipazione alla scuola materna o al corso di giardinaggio, sono produttivi per la crescita personale e lo sviluppo in ogni individuo, in quanto promuovono il cambiamento positivo, sostengono la competenza ed aumentano la dignità e l'identità della persona coinvolta. Gli artigiani e gli insegnanti, esperti nei loro campi e non addestrati come clinici, lavorano con i pazienti, che nel ruolo di allievi sperimentano l'uso di nuove abilità, la possibilità di acquisire padronanza nel fare qualcosa, di esprimersi creativamente. Le attività sono molteplici e vanno dalla cura della serra alle arti tessili alla falegnameria, all’arte della ceramica e alle arti visive fino alle molteplici attività teatrali presso il Riggs Teatro 37[21], la cui produzione è conosciuta e apprezzata non solo a livello locale. Una peculiarità del programma di attività è la Scuola di Austen Riggs Montessori, destinata ai bambini dai due anni e mezzo ai sei. Fondata nel 1955 da Joan Erikson, essa si basa sulla convinzione che la presenza di una scuola materna dentro una struttura psichiatrica ma rivolta alla cittadinanza esterna fa sì che i pazienti esperiscano l'infanzia come osservatori e come partecipanti. I pazienti aiutano infatti gli insegnanti e il direttore della scuola in tutte le funzioni della scuola.

La selezione dei pazienti - Come abbiamo visto, Riggs ha un programma particolare ed altamente specializzato di trattamento. La psicoterapia individuale intensiva e il setting aperto non sono adatti a tutti i soggetti. Di conseguenza i futuri pazienti sono pre-selezionati in modo accurato tramite diversi strumenti prima di proporre loro l'ammissione. Il processo di ammissioni comincia con la prima telefonata o contatto via Internet. Con una serie di step che fanno partecipare il futuro paziente, la sua famiglia e il clinico di riferimento, il personale preposto alle Ammissioni raccoglie tutti i dati clinici e finanziari necessari a valutare l’opportunità del metodo di trattamento di Riggs. E’ un medico a vagliare attentamente le informazioni cliniche. Quando non si riscontrano i requisiti minimi d’idoneità, si formulano le raccomandazioni alternative. Se, al contrario, l'individuo è un candidato potenziale, viene inserito nella lista di attesa per una consultazione di ammissione. La decisione finale non è presa fino a che la consultazione di ammissione non sia completa. Il tempo sulla lista di attesa varia, ed essendo basato sulle dimissioni e su altri fattori; si può predire l'attesa soltanto con esattezza approssimativa.
La ragione più frequente per la quale i pazienti che potrebbero per gli altri aspetti essere adatti al Riggs sono rifiutati è l'uso di sostanze psicoattive all’epoca della consultazione. Si ritiene infatti che questo tipo di
dipendenza e compulsione comprometta seriamente la capacità di auto-osservazione e di autovalutazione e la capacità dunque di trarre beneficio dal tipo di trattamento offerto al Riggs. Per questo motivo le persone con disturbi di uso della sostanza attiva vengono ammesse solo a condizioni particolari e rigide: e cioè a condizione che si astengano dall’uso di alcool e di altre sostanze psicoattive per 30 giorni prima dell'ammissione a Riggs, preferibilmente dal momento dei primi accordi sull’ inserimento.
Lo step finale del processo di selezione è costituito dalla Consultazione di Ammissione della durata di tre ore: se l’esito è positivo il paziente è ammesso. Il giorno comincia solitamente con un giro guidato con il futuro paziente. Poi, il futuro paziente incontra, in genere da solo, l’incaricato dell’Accettazione, mentre i suoi familiari sono accolti dall’operatore sociale, che inizia a raccogliere la storia di famiglia. Dopo di che paziente e familiari hanno insieme il colloquio con l’incaricato delle Accettazione, che invita i membri della famiglia a dare le loro prospettive sui problemi, spiega loro il metodo di trattamento di Riggs, risponde a tutte le domande e rivede le considerazioni finanziarie. Sulla base delle informazioni ottenute durante questo processo, l'Incaricato delle Accettazione decide se confermare o rifiutare l’offerta ai programmi sia di ricovero sia residenziali.
    Entrando nella Comunità di Riggs, il nuovo paziente viene a contatto del suo Sponsor, una sorta di padrino o madrina, cioè un altro paziente che si offre volontariamente di aiutarlo nella fase iniziale di inserimento ad ambientarsi e a prendere famigliarità con il Riggs. Gli viene assegnata una stanza, e insieme ai suoi familiari può pranzare alla locanda (Inn), il cuore della Comunità, con il garante per fare esperienza del setting più completamente e per venire a contatto con gli altri pazienti. Inoltre, già il primo giorno il paziente conosce il suo psicoterapeuta e il suo psicofarmacologo. Infine il paziente e la famiglia concordano con il personale dell’Ufficio Amministrativo tutti gli aspetti finanziari e contrattuali.
Lo staff del Riggs dedica un’attenzione clinica mirata alla gestione degli oneri e degli impegni finanziari da parte dei pazienti e dei loro familiari. Si ritiene infatti che la limitazione dei mezzi finanziari è sia una realtà che va considerata con obiettività, ma anche e soprattutto una metafora potente per altre limitazioni nella vita, per cui l’esame e la gestione delle conseguenze pratiche ed emotive di queste limitazioni è spesso un fuoco utile per il trattamento. Nel rapporto con il paziente, ogni scelta ed azione è orientata ad aiutarlo a prendersi carico della propria vita, ad affrontare i limiti che la realtà comporta e a riuscire a gestirsi all’interno di questi limiti conquistando un proprio equilibrio e qualità di vita. Si tratta di riscoprire o conquistare risorse e di gestire con senso di realtà i limiti, compresi quelli finanziari. Per queste ragioni sia prima dell'ammissione sia durante il trattamento si coinvolgono attivamente i pazienti e le loro famiglie (se sono loro a pagare) nelle discussioni circa il costo. I pazienti sono incoraggiati a lavorare con il team di trattamento per progettare il percorso terapeutico più proficuo che soddisfi pienamente le loro esigenze cliniche all'interno delle risorse disponibili.

La ricerca e la formazione - Questo programma clinico intenso ed insolito, con una storia lunga di trattamenti riusciti, ha generato un’immensa mole di ricerca e di formazione nel corso degli anni. Nel 1994, queste attività sono state integrate e sviluppate più completamente mediante la creazione de Riggs' Erikson Institute for Education and Research, l'istituto Erikson per la formazione ed la ricerca. L’istituto persegue
sin dalla sua fondazione un assunto centrale della Mission di Austen Riggs: una pratica clinica di qualità e all’avanguardia richiede un lavoro di ricerca e di formazione che sia continuo, di qualità e aperto al dialogo interdisciplinare. In effetti, l’Istituto è impegnato a far progredire la studio sul pensiero e sul trattamento psicodinamico a tutto campo anche attraverso l’applicazione dell’insegnamento clinico ai problemi della più vasta società, e a far conoscere e apprezzare il lavoro di Riggs attraverso il dialogo continuo con altri professionisti del Settore della Salute mentale, delle Istituzioni e dei Servizi psicologici e con studiosi di una vasta gamma di discipline.
Dal 1992, il centro di Austen Riggs sta conducendo uno studio longitudinale a lungo termine sull’esito (outcome) del trattamento nei relativi pazienti, diretto da J. Christopher Perry. Questo studio esamina il cambiamento in pazienti durante e dopo il trattamento al Centro usando le misure attendibili delle diagnosi, dei sintomi, del miglioramento, della lunghezza del trattamento e di altre variabili correlate. La natura del cambiamento è misurata anche nei fenomeni psicologici di base, quali i meccanismi di difesa (modi del coping) e il nucleo centrale dei conflitti emotivi. L’obiettivo principale della ricerca è di verificare se c’è un beneficio dimostrabile del trattamento a lungo termine che perdura dopo che i sintomi diminuiscono e se c’è un cambiamento misurabile del carattere (cioè, nei modi profondi della persona di fare fronte ai problemi emotivi e di risolvere i conflitti fondamentali)[22].
Il Centro di Austen Riggs è impegnato anche nella formazione delle generazioni future degli psichiatri e degli psicologi nelle abilità e nei valori della psicoterapia psicodinamica. Per realizzare questa parte della relativa Mission, Riggs offre borse di studio post-laurea in psicoterapia psicodinamica. La borsa di studio di psichiatria è di due anni, con l'opzione di un borsa avanzata per due anni supplementari. La borsa di studio di psicologia è di quattro anni. I borsisti imparano a condurre la psicoterapia intensiva con pazienti molto disturbati in una cornice sistemica. L'esperienza formativa si estende inoltre alla consultazione di gruppo, al trattamento della famiglia e al lavoro terapeutico di Comunità e comprende la partecipazione a congressi e seminari didattici che richiamano la psicopatologia, la teoria e la tecnica clinica, la ricerca inerente allo sviluppo, alla psicosi, alle dinamiche famigliari e gruppali, e alla psicologia della Comunità[23].

Bibliografia

Kernberg O.F. (1998) Ideology, conflict, and leadership in Groups and Organisations, Yale University Press, New Haven, ( trad.it.) Le relazioni nei gruppi. Ideologia, conflitto, leadership, Raffaello Cortina, Milano, 1999.
Mc Glashan T.H., (1986) The Chestnut Lodge follow- up study, III long term outcome of borderline personalities. Arch. Gen. Psychiatry, 43, pp. 20 – 30.
Mc Glashan T.H., (1984) The Chestnut Lodge Follow-up study: I Follow – up methodology and study sample, in Arch. Gen. Psychiatry, 41, pp. 573-85, ( trad. it.) Uno studio di follow- up a Chestnut Lodge: effetti a lungo termine della psicoterapia sui disturbi affettivi e schizofrenici, in Ecologia della mente, giugno 1987, pp. 18 – 64
Pao P.N., (1979) Schizophrenic Disorders, International Universities Press, New York, (trad. it.) Disturbi schizofrenici, Raffaello Cortina, Milano, 1979
Racamier P.C., (1970) Le psychanalyste sans divan, Payot, Paris, aggiornato nel 1993, (trad.it.) Lo psicoanalista senza divano, Raffaello Cortina, Milano, 1982
Stanton A., Schwartz M., (1954) The Mental Hospital, Basic Books, New York.
Wallerstein R.S., (1986) Forty-two Lives in Treatmemt: a Study of Psychoanalysis and Psychotherepy, ( trad. it.) Psicoanalisi e psicoterapia, Angeli, Milano, 1994
Woodbury M. , (1966)L’ equipe terapeutique, Inform. Psychiat., 10, 1041-1142






[1] Dopo l’esperienza di Chesnut Lodge, Woodbury lavorò a Ginevra dove attuò, su invito di Racamier, un analogo riuscito tentativo di trasformazione di un reparto chiuso “Les Cèdres” in comunità terapeutica. In seguito lavorò a Parigi nel XIII Dipartimento, influenzando gli ambienti istituzionali francesi aperti al rinnovamento.
[2] Questa esperienza comunitaria, che usa anche una serie di apporti vicini, sia pur distinti dal sapere psicoanalitico, provenienti da discipline quali la microsociologia, la psicosociologia e la psicoterapia di gruppo, costituirà un punto di riferimento per molti altri tentativi istituzionali pubblici e privati in Europa e, in particolare, quelli condotti da Racamier in Francia e a Ginevra negli anni ’60.
[3] In questi anni l’enfatizzata alleanza psicoanalisi-psichiatria viene soppiantata da un’ondata di “rimedicalizzazione” in senso organicistico della psichiatria; dall’altro, la controversia legale (conclusasi in parità), affrontata dal Chestnut Lodge a causa dell’abolizione degli psicofarmaci da parte di molti terapeuti incrina di molto la fiducia delle compagnie assicurative, che finanziano in gran parte i trattamenti dei pazienti ricoverati.
[4] La suddivisione nei quattro sottotipi (I, II, III, IV) utilizza una prospettiva genetico-evolutiva dello sviluppo emotivo, utilizzando come criteri la storia famigliare, la crescita e lo sviluppo nell’infanzia e nella latenza, l’integrazione sociale premorbosa e l’età dell’esordio. I primi tre sono in ordine di gravità crescente; l’ultimo raggruppa i pazienti cronicizzati dell’uno o dell’altro dei primi tre sottotipi, pazienti che sono diventati tali spesso per non avere mai potuto usufruire di un trattamento terapeutico adeguato.
[5] Nella rassegna annuale “Best Hospitals in America”, con la classifica dei migliori ospedali psichiatrici degli Stati Uniti pubblicata dal U.S. News & World Report la Menninger si è collocata tra i primi quatto posti in ciascuna delle 11 valutazioni effettuate e prima assoluta nell’anno 1995; anche numerose organizzazioni indipendenti nel campo della salute hanno riconosciuto la Menninger Clinic come guida nel trattamento psichiatrico e nella promozione della salute. La prova di questo impegno a favore di una sanità di qualità è infine l’accreditamento dell’istituzione da parte della Commissione integrata sull'accreditamento delle organizzazioni di Healthcare (JCAHO), che implica il rispetto di standard fissati sulle più recenti e solide acquisizioni nella salute e nella sanità mentale.

[7] Oltre all'enfasi sulla formazione clinico-psichiatrica, usando un modello psicosociale, il contributo principale della scuola è stato l’impegno profuso a favore dell’istituzione di un coerente programma di studi, accademico e clinico, di un approccio interdisciplinare e integrato alla diagnosi e al trattamento e di un modello di inchiesta nello studio del caso e nella formulazione della diagnosi. Nel 1936 inizia la pubblicazione del Bulletin of the Menninger Clinic, con lo scopo di offrire una prospettiva psicodinamica sull’applicazione di modelli teorici e sulle ricerche nella psicoterapia del paziente esterno, nel trattamento ospedaliero, nella formazioni e in altri ambiti di possibile interesse per i professionisti del settore della salute mentale.
[8] David Rapaport (Budapest 1991-1960), uno dei massimi esponenti del pensiero psicoanalitico contemporaneo, è il primo psicologo a tempo pieno con una posizione dirigenziale alla clinica di Menninger. Dal 1948, fino alla sua morte, svolge la sua attività presso il Centro Austen Riggs a Stockbridge nel Massachusetts.
[9] Le prime ricerche sullo sviluppo e sulla terapia infantile sono avviate dallo psichiatra Murray Bowen (1946-1954), che applica la teoria dei sistemi al trattamento famigliare.
[10] Attualmente lavora al New York Hospital Cornell Med. Center, è psicoanalista didatta e presidente dell’International Psychoanalytical Association.
[11] Glen Gabbard è psichiatra e psicoanalista, professore di Psicoanalisi alla Menninger Clinic; direttore e Analista di Training del Topeka Institute di Psicoanalisi; professore di Psichiatria presso la facoltà di Medicina dell'Università del Kansas-Wichita.
[12] Psicologo e psicoanalista, è direttore del Dipartimento di Ricerca dell’Anna Freud Centre di Londra e del Child and Family Center of Outcome Research and Effectiveness (Centro di Ricerca sui risultati e l’efficacia della Psicoterapia) della Menninger Foundation e Freud Memorial Professor of Psychoanalysis dell’University College di Londra.
[13] Austen Riggs è accreditato dalla Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (JCAHO), Commissione congiunta sull'Accreditamento delle Organizzazioni di Assistenza Sanitaria (JCAHO), che valuta la qualità organizzativa e la sicurezza dei pazienti e del loro ambiente di trattamento. E’ inoltre autorizzato dal Dipartimento del Massachusetts di Salute Mentale (DMH). Il programma medico di formazione permanente del centro è accreditato dal Consiglio di Accreditamento per la formazione medica continua (ACCME) ed il relativo programma psichiatrico avanzato di un anno di internato è accreditato dal Consiglio di Accreditamento su formazione medica di specializzazione post laurea (ACGME). E’ stato ripetutamente annoverato tra i Best Hospital da U.S. News & World Report.
[14] Agli inizi del 1910 il medico Austen Fox Riggs ha fondato il Stockbridge Institute for the Psychoneuroses, sviluppando un sistema di trattamento basato sulla talk therapy combinata con una programma strutturato di attività quotidiane che poneva l’accento su un equilibrio fra lavoro, gioco, riposo ed esercizio. Questo Istituto è stato rinominato Fondazione di Austen Riggs nel 1919. Nel 1947 Robert P. Knight, psichiatra e psicoanalista assunse la direzione del Centro. Sotto di lui, Austen Riggs acquistò fama a livello internazionale come importante Centro della Psicologia Americana dell’Io, con uno staff composto prevalentemente di psicoanalisti, compreso Erik H. Erikson, David Rapaport, Merton Gill, Roy Schafer e Margaret Brenman-Gibson, tutti personaggi che hanno dato contributi rilevanti a questa importante corrente di pensiero psicanalitico. In quegli stessi anni, il programma della Comunità terapeutica fu sviluppato per aumentare l'autorità dei pazienti e per sostenere il setting aperto. Joan Erikson, artista e ballerina, avviò il programma di attività, tra cui il Teatro e la scuola materna di Montessori. Dopo la morte di Knight, il dr. Otto Will, ex allievo del Chestnut Lodge, ha diretto il centro ed ha immesso nel programma di trattamento la sua comprensione dei problemi dell’attaccamento primario e della vulnerabilità psicotica. Nel corso degli anni, il programma clinico a Riggs si è sempre più concentrato sul contesto ambientale della malattia del paziente ed il trattamento della famiglia si è trasformato in una funzione importante del lavoro.
[15]Direttore medico Generale del Centro, Edward R. Shapiro lavora all’Austen Riggs dal 1991 e ha contribuito ampiamente a sviluppare l’offerta clinica del centro e l’attività del Erik H. Erikson Institute per la formazione e la ricerca clinica. Psichiatra, psicoanalista con funzioni di training e di supervisione, ricercatore della famiglia e consulente organizzativo, è inoltre professore associato di Psichiatria alla Harvard Medical School e membro fondatore della Società Psicoanalitica e dell'Istituto del Berkshires.
[16] Sono persone intrappolate in trattamenti che sono ad un'impasse, caratterizzati dalla gestione di crisi croniche ed interrotte continuamente dalle frequenti ospedalizzazioni di breve durata. Spesso, il trattamento va a smuovere emozioni talmente intense che molti di questi pazienti non possono funzionare adeguatamente fra le sedute, non importa quanto frequenti esse siano. Al loro arrivo al Riggs, alcuni pazienti sono stati ospedalizzati fino a 100 volte.
[17] Il personale di Austen Riggs fornisce una consulenza mirata ai pazienti per aiutarli ad ottenere l’indennità assicurativa per le spese relative al trattamento di cura dalle Compagnia di Assicurazione. Nonostante sempre più di frequente le coperture assicurative previste in caso di malattie mentali sono ristrette alla stabilizzazione della crisi e al periodo minimo del soggiorno, più della metà dei pazienti del Riggs riescono ad ottenere l’indennità assicurativa per tutto o una parte del costo del loro soggiorno. Il Centro ha istituito un fondo monetario di sussidio per i pazienti, il Patient Aid Fund, sostenuto tramite le donazioni private. Questo Fondo stanzia annualmente $500.000 per il sussidio finanziario ai pazienti in possesso dei requisiti quando la copertura assicurativa e/o le risorse finanziarie private sono insufficienti o non più disponibili. Attualmente, il 30% dei pazienti ricevono qualche forma di sussidio finanziario.
[18] La Locanda (Inn) funziona sia come complesso residenziale sia come struttura per il ricovero con una capienza di 40 letti. Costruita agli inizi del 1890 e situata nei pressi del Stockbridge Campus, è stata venduta al Riggs nel 1930.
[19] Il Cottage degli Olmi è stato costruito nel 1772 da Timothy Edwards, un colonnello della Guerra di Indipendenza e dal figlio Jonathan Edwards, il secondo ministro della chiesa Congregazionalista di Stockbridge. Una curiosità: qui è stato ricevuto con successo il primo messaggio transatlantico via cavo dall’Europa da parte di Cyrus W. Field.
[20] Danneggiata da un incendio nel 1981, è stata ristrutturata con i fondi finanziari forniti da Trustee Peter I. B. Lavan e nominata in suo onore Lavan. Nel 2005 il salone del Lavan è stata riprogettato per rispondere ai bisogni crescenti della Comunità terapeutica. La residenza è stata modificata da unità singole con una cucina comune e soggiorno, a tre appartamenti ciascuno con più camere da letto, la propria cucina, il soggiorno e la zona comune.
[21] Il Direttore teatrale è attualmente  Kevin Coleman, che inoltre lavora come direttore di formazione al Shakespeare e Company in Lenox, Massachusetts. Il programma teatrale include corsi, produzioni interne e realizzazioni pubbliche che avvengono nel piccolo teatro di 75 posti.

[22] Parecchie presentazioni sono già state fatte dei dati preliminari di questa ricerca ai congressi specialistici negli STATI UNITI e d'oltremare e le prime pubblicazioni dei risultati principali dello studio sono previste proprio nel corso del 2006.

[23] Le borse di studio sono sovvenzionate tramite i Funds for Fellowshipsche è sostenuto dalle donazioni così come l’Erikson Scholar Fund , che permette ai professionisti esterni di effettuare i progetti accademici al Riggs in collaborazione con i membri del personale.

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