martedì 18 febbraio 2014

PROGETTO AIASU- LILIUM SULL’ IDENTIFICAZIONE, SELEZIONE, FORMAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI EDUCATORI


AIASU
Associazione Internazionale per le Applicazioni delle Scienze Umane

Presidente
Prof. Francesco BRUNO







PROGETTO AIASU- LILIUM SULL’ IDENTIFICAZIONE, 
SELEZIONE, FORMAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI EDUCATORI

“EDUCOM”

1.     Quadro di riferimento teorico sul lavoro dell’ educatore professionale

L’Educatore professionale è l’operatore socio-sanitario che si occupa di specifici progetti educativi e riabilitativi volti all’inserimento o al reinserimento psicosociale di soggetti portatori di disagi di diversa natura.
In linea di massima l’Educatore professionale programma, gestisce e verifica, all’interno dei servizi sociosanitari e nelle strutture riabilitative, interventi educativi mirati al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei soggetti in difficoltà.
L’Educatore professionale lavora con le persone a rischio, con gli emarginati sociali e con soggetti portatori di menomazioni psicofisiche. In prevalenza questi soggetti sono: minori abbandonati, tossicodipendenti, alcolisti, persone in carcere, handicappati fisici e mentali, donne maltrattate e persone anziane.
L’attività di questa figura si svolge in strutture e servizi sanitari o socio-educativi sia pubblici che privati, in particolare presso le ASL, gli Enti locali, Gli istituti penitenziari, i Centri di formazione, le Cooperative sociali, le Associazioni educative, sociali e di riabilitazione, le Comunità alloggio, i Centri occupazionali diurni per disabili, le strutture assistenziali per anziani, i SERT (Servizi pubblici per le tossicodipendenze) e le comunità terapeutiche.
Proprio nell’ambito di quest’ultimo contesto la figura dell’Educatore professionale è, ormai da diversi anni, particolarmente richiesta, soprattutto nel caso di comunità terapeutiche per soggetti portatori di disturbi mentali.
Il ruolo dell’Educatore professionale, all’interno delle comunità terapeutiche per soggetti portatori di disagio psichico è infatti fondamentale, poiché egli, attraverso strategie ed abilità relazionali specifiche, funzionali all’accoglienza e alla gestione, presta assistenza diretta aiutando gli utenti nelle attività quotidiane e di igiene personale; aiuta i soggetti residenti nella gestione e nella cura del loro ambiente di vita, ne tutela l’incolumità e l’integrazione sociale al fine di migliorarne la qualità della vita, sia sul piano socio-culturale che nei rapporti interpersonali e nelle attività pratiche e giornaliere.
Inoltre, in tale contesto l’Educatore professionale collabora con le altre figure professionali per rilevare le condizioni di rischio-danno e attuare misure terapeutiche a favore dell’utente.


1.2  Aree problematiche

Quella dell’Educatore che lavora in una comunità terapeutica per soggetti portatori di disturbi mentali è, quindi, una figura professionale particolare poiché a prescindere dalle diverse competenze di ogni operatore questi diviene un vero e proprio protagonista del processo di miglioramento degli utenti e nel loro percorso di trattamento e di riabilitazione.
Inoltre, va tenuto conto che la “comunità” è un contesto alquanto particolare che poco ha in comune con la maggior parte delle caratteristiche dei settings del lavoro clinico individuale e gruppale.
Ciò è soprattutto dovuto al fatto che la comunità è primariamente un ambiente di vita per gli ospiti che vi risiedono e in parte per chi vi lavora, circostanza questa che obbliga anche gli operatori ad intervenire spesso direttamente nella dimensione quotidiana degli ospiti, rinunciando ai tradizionali strumenti di intervento a carattere interpretativo verbale per accedere a quelle  che Recamier (1972)[1] definisce come “azioni parlanti”.
Il setting delle comunità è in effetti un setting agito in cui, ogni programmazione deve consentire innanzitutto che i “fatti”, accadano spontaneamente come in un contesto di vita ordinario e, successivamente creare le condizioni che permettano una significante operazione elaborativa. Il setting operante all’interno di una comunità residenziale è diametralmente opposto a quello dell’ospedale psichiatrico, vincolante chiuso e aproblematico (De Crescente, 2002)[2].
Infine, queste figure professionali vivono la maggior parte del loro tempo in gruppo e sono inevitabilmente costretti ad applicare quelle regole che servono al lavoro
di gruppo, nelle relazioni personali e nella gestione e controllo delle dinamiche relazionali.
Pertanto, al di là delle competenze specifiche vi è una competenza particolare e preliminare che in ognuno deve essere identificata, valutata ed accresciuta allo scopo non solo di migliorare le terapie e i trattamenti, ma anche di ridurre le conflittualità, i rischi e le patologie connesse ad un lavoro di tale portata sociale e d’aiuto. L’Educatore, infatti, non è solo identificato con la sua funzione, ma con l’uomo che la vive all’interno di una personalità che può essere diversamente caratterizzata in ognuno.
Ad esempio, un aspetto molto controverso nell’ambito delle comunità terapeutiche per soggetti con disturbi psichici riguarda l’uso della contenzione fisica. Il discrimine tra liceità ed illiceità riguarda non tanto la natura terapeutica o no della contenzione, quanto invece l’eventuale abuso di una contenzione praticata per motivi terapeutici, ma eventualmente esagerata rispetto ai risultati ed al pericolo ed eseguita al di fuori di una corretta pratica clinica.
A questo punto ci corre l’obbligo di ricordare come i soggetti responsabili di una struttura socio-sanitaria si trovino spesso in una delicata situazione che impone loro di provvedere ad una rapida contenzione del soggetto agitato e pericoloso, soprattutto, nell’esecuzione di attività di contrasto e di riduzione di emergenze psichiatriche.
È, infatti, evidente che questi responsabili devono lasciarsi guidare dal concetto di stato di necessità, in seguito al quale essi sono costretti a prendere delle decisioni, anche sgradevoli e a privare della libertà personale, anche se in forme e tempi previsti e ridotti, il soggetto, in modo da evitare delle conseguenze più gravi alla stessa salute e vita dei soggetti. Tenendo conto, fra l’altro, che la mancata applicazione di tali misure può riflettersi negativamente comunque sulla responsabilità omissiva per non aver messo in pratica quelle misure che avrebbero potuto evitare eventi lesivi o dannosi (ex art. 40 cpv  c.p.).
In altre parole, ricorrere o meno alla contenzione fisica in una situazione di crisi
richiede una capacità di decisione, di discernimento e di valutazione notevoli che vanno oltre le competenze specifiche apprese e le nozioni studiate. Tale competenza è piuttosto connaturata alla personalità di chi si trova a prendere tale decisione ed è la matrice di ogni altro requisito che serve a svolgere un lavoro di questo tipo.
Pertanto, una prima area problematica attiene alle caratteristiche specifiche di personalità dell’educatore professionale di comunità terapeutiche che dovrebbero essere considerate come un requisito fondamentale ed imprescindibile per poter svolgere questo lavoro.

Un’altra problematica ricorrente per questa figura professionale attiene la sindrome da burn-out. Tale sindrome, comune a tutte le professioni d’aiuto, per questa specifica categoria di professionisti può assume dimensioni particolarmente allarmanti proprio a causa del setting tipico delle comunità terapeutiche, della specificità del lavoro di gruppo e dell’importanza della relazione con l’utente all’interno del processo terapeutico.
Per tale ragione, la dimensione psicologica del burn-out e le sue conseguenze vanno specificamente indagate e indirizzate attraverso un lavoro di analisi e supervisione al fine di comprendere quanto il fenomeno del burn-out sia il risultato delle caratteristiche individuali o della specifità del setting di comunità e, conseguentemente, limitare i danni tanto a livello personale che relazionale.
Infine, un altro aspetto di notevole rilevanza, che pertanto va indirizzato e analizzato, riguarda le competenze specifiche dell’educatore professionale di comunità. Abbiamo già spiegato che il ruolo dell’educatore professionale all’interno delle comunità terapeutiche è quello di colui che attraverso strategie ed abilità relazionali specifiche, funzionali all’accoglienza e alla gestione, presta assistenza diretta aiutando gli utenti nelle attività quotidiane e di igiene personale; aiuta i soggetti residenti nella gestione e nella cura del loro ambiente di vita, ne tutela l’incolumità e l’integrazione sociale al fine di migliorarne la qualità della vita, sia sul piano socio-culturale che nei rapporti interpersonali e nelle attività pratiche e giornaliere. Al di là di queste competenze generali è fondamentale che vengano individuate le competenze specifiche di questa figura professionale partendo da quesiti apparentemente semplici, ma che se giustamente indirizzati possono delineare un utile  quadro di riferimento.
Ad esempio, qual è la quantità di relazione gestibile da parte dell’educatore e quale intensità relazionale può essere gestita da ogni singolo educatore? La parcellizzazione del lavoro all’interno delle comunità  può essere utile al fine di contenere il fenomeno del burn-out e al salvaguardare della relazione terapeutica?

Quindi, la specificità e la complessità del lavoro nelle comunità terapeutiche obbliga chi opera nel loro contesto ad una formazione altrettanto complessa e di carattere permanente sia nelle loro competenze specifiche, sia dal punto di vista etico-relazionale alle loro competenze generali, ma soprattutto richiede il possesso di caratteristiche di personalità particolari che, proprio attraverso la formazione, vanno accresciute ed indirizzate.


2. Ipotesi di base

L’idea di questo progetto nasce, dunque, dalla consapevolezza della complessità del lavoro svolto dall’Educatore professionale nell’ambito delle comunità terapeutiche e dalle riflessioni relative al tipo di formazione  necessaria da offrire a coloro che scelgano di intraprendere questa professione per meglio adeguarsi a tale complessità.
Posto che c’è bisogno di una preparazione specifica l’obiettivo di questo progetto è dimostrare che la giusta formazione per l’Educatore professionale che opera nell’ambito delle comunità terapeutiche debba comprendere soprattutto il saper essere.
Per sapere si intende una condizione di conoscenza delle problematiche inerenti al disagio psichico e alla gestione di tali utenti; per saper fare si fa riferimento alle competenze sviluppate; per saper essere ci si riferisce alle capacità e alle attitudini personali che un operatore sociale deve possedere o sviluppare per poter lavorare in
tale ambito.
Partendo dal requisito fondamentale di possedere determinate attitudini individuali, riteniamo che tale obiettivo possa essere raggiunto attraverso una formazione volta soprattutto ad accrescere le competenze generali e specifiche sotto il profilo etico-relazionale e professionale.
Riguardo le attitudini individuali da noi identificate come indispensabili per intraprendere tale professione queste dovrebbero almeno comprendere: 

·        atteggiamento realistico e concreto;
·        empatia;
·        capacità di gestire affetto, gratificazione e frustrazione;
·        capacità di controllo;
·        pazienza;
·        equilibrio;
·        capacità di guardare in se stessi;
·        capacità strategica e di progettazione;
·        capacità a lavorare in gruppo;
·        capacità di rapportarsi con autorevolezza.

Pertanto, grazie all’occasione offertaci dalla Cooperativa LILIUM, tenuto conto di come deve essere un educatore, del proprio profilo educatore professionali, dei principi etici di tale disciplina,  della peculiarità della psicologia e delle tecniche che nascono dall’esecuzione di tale lavoro, delle responsabilità e codici morali cui tale professione è legata, abbiamo realizzato un corso di formazione che fornisca soprattutto le competenze connesse al saper essere.
La ricerca dovrà anche verificare alcune osservazioni tratte dall’esperienza che qui vogliamo indicare come punti di sollecitazione e di interesse da comprendere nella ipotesi generale che abbiamo posto alla base delle attività che devono essere fatte.

a)     Tra le motivazioni che possono spingere o comunque convincere le persone a fare l’educatore ed a proseguire in questo lavoro si possono elencare le seguenti:

·   background di studi nel campo delle scienze sociali;
·   percorso psicoterapeutico alle spalle;
·   molteplicità delle esperienze di vita;
·   aver praticato attività sportiva;
·   sesso femminile piuttosto che quello maschile;
·   partecipazione attiva al percorso comunitario dell’ospite;
·   essere propensi e capaci a incontrarsi;
·   adesione agli obiettivi della comunità;

b)    Le rigidità maggiori si ritrovano tra:

·     le persone più giovani;
·     le persone più emotive;
·     le persone più anziane;
·     le persone incapaci di empatia;
·     le persone che non si sentono supportate dalle altre figure professionali e dai colleghi;
·     le persone che hanno sempre ottenuto buoni risultati a scuola;
·     chi ha ottenuto un alto punteggio agli esami.

c)Il lavoro di educatore è tra quelli che tendono a produrre un alto livello di stress per cui si possono verificare le seguenti situazioni:

·        Le persone hanno bisogno di proteggersi attraverso la creazione e l’utilizzazione di difese attive contro il vissuto comunitario;
·        i maschi tendono a fare il padre e le femmine la madre;
·        le persone che hanno forti vissuti personali tendono anche più facilmente al burn-out;
·        lo stress lavorativo è diverso tra il maschio e la femmina e il maschio tende ad averne di più;
·        parte di questo stress è legato alla difficoltà ad accettare i ruoli paterni e materni;
·        l’organizzazione del lavoro deve tenere conto che il carico deve essere proporzionato per evitare crisi di gestione e crisi di alienazione.


3. Obiettivi del Progetto di ricerca

Il Progetto di ricerca concordato tra la Cooperativa LILIUM e l’AIASU dovrà svolgersi nel giro di due anni (2009-2010) e dovrà consentire il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

1.       Messa a punto di un profilo di personalità e di una serie di abilità e di competenze che, insieme, integrino la figura lavorativa dell’educatore di comunità per soggetti portatori di gravi disturbi mentali e comportamentali. Tale figura dovrà considerare le diverse specificità degli utenti che possono essere minori, adulti, anziani.
2.    Da tale profilo generale e teorico è necessario muoversi per giungere alla
compilazione, di un profilo personale e professionale dell’educatore che ne delinei con chiarezza ed in modo operazionale quei requisiti ritenuti indispensabili sul piano personale, professionale e culturale. Solo in questo modo potrà maturare una professionalità di cui si sente sempre di più l’utilità e la necessità in differenti campi accomunati però proprio dal bisogno di un tipo di assistenza e di accoglimento che spingano e si realizzino in uno sforzo educativo capace di favorire il cambiamento verso stili autonomi di vita e verso l’integrazione sociale, superando i problemi di base che ne impediscono uno sviluppo autonomo e sicuro. Così come è oggi la figura dell’educatore non prevede caratteristiche così specifiche da delinearne una certa professionalità in tutti i difficili settori in cui tale ruolo è previsto.
3.   Per questo motivo non esistono scuole che li formino ne screening che li selezionino, mentre la richiesta dei loro servizi è alta e mentre rappresentano una categoria variegata di persone che però hanno tale controllo sui risultati di un determinato corso da influire in modo determinante anche sul successo dei programmi terapeutici, assistenziali e formativi. Quindi obiettivi secondari della ricerca sono quelli di individuare degli strumenti che consentano l’identificazione e la valutazione degli elementi di base irrinunciabili per la selezione di soggetti da formare come futuri educatori o di quelli da assumere direttamente perché già tali. Infine, l’adozione di quelle qualità che prima abbiamo definito caratteristiche irrinunciabili ci porta anche a raggiungere un terzo obiettivo che è quello della definizione dei criteri di esclusione di quei soggetti che presentino caratteristiche tali  da non poter essere utilmente inseriti in gruppi di educatori.
4.   Individuazione di una metodologia di monitoraggio dello stato psicofisico degli educatori allo scopo di prevenire la sindrome di burn-out.
5.   Individuazione di una metodologia e di uno strumento per la valutazione
delle carenze formative dell’educatore allo scopo di personalizzare e ottimizzare un percorso didattico ad hoc.
6.   La messa a punto di un sistema tendente ad evitare la parcellizzazione delle attività e a motivare maggiormente  e ottimizzare l’educatore la soddisfazione del lavoro  anche attraverso una quantità di rapporti interpersonali gestibile in vista aumentare le forme di integrazione e di comunicazione con la comunità.
7.   Analisi del sistema motivazionale e di incentivazione anche per sesso.
8.   Analisi e integrazione del quadro di riferimento giuridico per la comunità sia dal punto di vista contrattuale che da quello dei limiti e delle competenze.
9.   Analisi delle attività* svolte al’interno della comunità sotto il profilo Legislativo (Esempio Privacy, Hccpp, Codice della strada, responsabilità personale e della struttura, ecc.)
10.                Analisi delle attività svolte all’interno della comunità sotto il profilo Psicologico emozionale[3].




 4. Attività e fasi di ricerca previste per il raggiungimento degli obiettivi

La ricerca potrà essere svolta in varie fasi.

I La prima fase è inevitabilmente costituita dall’analisi della letteratura scientifica che a partire dal 1970 circa si è interessata di questo argomento ed ha delineato le modalità attraverso le quali i cosiddetti educatori si sono differenziati da altri operatori sociali e sanitari e sono diventati il fulcro dell’intervento soprattutto in campo socio-sanitario.

Questa analisi deve portare alla costruzione di una storia della figura professionale dell’educatore secondo le seguenti linee guida:

·        quando è nata questa figura e in che contesto,
·        come si è evoluta da allora;
·        quali ne sono stati i limiti e quali gli aspetti positivi;
·        qual è stata l’evoluzione delle comunità terapeutiche e come le comunità si sono adattate ai contesti sociali in cui si sono formate,
·        quali ne sono state le degenerazioni  e che cosa rappresentano oggi;
·        quali sono oggi gli ambiti in cui gli educatori svolgono il loro lavoro;
·        qual è il ruolo dell’educatore nelle comunità basate sul trattamento terapia del disagio mentale.

La ricognizione di tutta la letteratura scientifica attualmente disponibile sul ruolo dell’educatore e sulle sue competenze.

Sempre nell’ambito di questa prima fase è necessario raccogliere tutti i profili disponibili sulla figura dell’educatore professionale richiesti dalle organizzazioni più avanzate in Italia e all’estero, in modo da esaminarli e valutare i principi generali e le funzioni imprescindibili su cui sono costruiti. È anche fondamentale analizzare il quadro normativo che regola la figura dell’educatore professionale al fine di individuare in che modo la formazione e l’attività degli educatori sono regolate a livello accademico e giuridico. L’analisi di questi documenti comporta anche, naturalmente, l’esercizio della critica rivolto a superarne gli eventuali limiti.

L’analisi della documentazione e del materiale emerso dalle consulenze già svolte nell’ambito della selezione del personale da parte dell’AIASU nella cooperativa Lilium.

II Una seconda fase della ricerca è  costituita dalla immersione diretta dei ricercatori nella situazione quotidiana degli educatori e delle figure professionali che agiscono quotidianamente presso la Cooperativa LILIUM.
Questi dipendenti sono stati monitorizzati e seguiti nella loro attività sia con l’osservazione diretta sia attraverso il colloquio ed il dialogo.
È stata anche svolta una valutazione psicologica dei soggetti per metterli soprattutto in relazione alla componente dell’aggressività.
In questa fase si è tenuto anche un primo corso di formazione per educatori su 21 soggetti, in parte provenienti dall’esterno ed in parte già operativi all’interno della comunità. Questi soggetti sono stati seguiti in un corso di 84 ore ed al termine sottoposti ad un colloquio valutativo sia degli aspetti cognitivi che, soprattutto di quelli emozionali e relazionali.

III Allo stato attuale è in corso la terza fase dei lavori di ricerca per la messa a punto di una batteria di test capace di rilevare quegli elementi fondamentali della personalità, in grado di predire e descrivere le attitudini dei soggetti a svolgere questa professione con tutto quello che essa comporta.
Nell’ambito di questa ricerca si stanno valutando numerosi aspiranti a svolgere tale professione sulla base degli indici già raccolti e ritenuti utili per le necessità imposte dalla professione.
I test adoperati per lo screening sono tra i più attendibili esistenti nella pratica psicologica e sono stati scelti sulla base di uno studio che li ha riconosciuti utili a rilevare e misurare le caratteristiche ricercate.

IV  Nell’ ambito della quarta fase tutti i dati provenienti dall’esperienza e quelli provenienti dalla valutazione dei dipendenti eseguita per la formazione e quelli dei dipendenti specificatamente selezionati sono analizzati in modo da giungere alla definizione del profilo. Questa fase comprende la definizione ed identificazione delle variabili intervenienti, quali età, genere, cultura, ecc.

La quinta fase consiste nella stesura di un rapporto conclusivo sulla ricerca e nella realizzazione di un manuale di base per la preparazione all’educatore professionale e come supporto didattico per l’esecuzione di corsi di formazione ad hoc.


5. Sintesi delle fasi operative sul campo

5.1 Valutazione di alcuni soggetti operanti nella cooperativa LILIUM soprattutto in relazione all’aggressività.

5.2 Valutazione iniziale dei soggetti partecipanti al corso. Colloquio psicologico volto a valutare le motivazioni che hanno spinto il soggetto ad intraprendere tale professione e ad indagare il vissuto e le aspettative rispetto ad essa. Somministrazione di una batteria di test psicodiagnostici:

Ø MMPI-II[4]: Il test MMPI-2 è un test standardizzato, usato a livello internazionale, “questionario a risposta vero o falso di 567 domande”. E’ una prova psicologica che mette in luce problemi, deficit e patologie del soggetto. E’ un test con scale multiple che misurano simili concetti complessi, a volte incoerenze nei risultati del test possono essere dovuti a diversi gradi d’elevatezza
del pensiero nel soggetto. Come ogni altro test la validità dei suoi risultati dipende dalla sincerità e dalla consapevolezza di sé. Il Minnesota Multiphasic Personality Invenctory (MMPI-2) risponde in maniera efficace ai requisiti essenziali richiesti ad uno strumento psicodiagnostica per la sua validità ed affidabilità, ormai riconosciute in tutto il mondo. Permette di esprimere la descrizione clinica globale del paziente attraverso una serie di variabili numeriche (scale cliniche, scale di contenuto, scale speciali, indici derivati, code type). Il test dotato di un alto potere discriminante fra tratti normali e patologici della personalità, rappresenta un potente strumento di valutazione diagnostica differenziale. Questo test è stato posto ad un esteso processo di standardizzazione e la procedura di validazione del questionario è stata una delle più rigorose nella storia della psicometria per un reattivo mentale.

Ø Z-Test[5]è un proiettivo di personalità, elaborato da H. Zulliger, che si basa sull’interpretazione di forme ambigue da parte del soggetto. Il test, che nasce dopo la prova di Rorschach, è basato sugli stessi meccanismi proiettivi di risposta del soggetto. E’ composto da tre tavole, sulle quali sono disposte macchie in ordine simmetrico. La prima tavola è costituita da una figura priva di colori, la seconda da tre figure colorate e la terza da macchie rosse e nere. Attraverso il sistema di siglatura si ottiene uno schema della struttura psichica del soggetto che permette precisazioni sul tipo e grado di intelligenza, sulle sue capacità adattive e la formazione del suo carattere.

Ø Adjective Check List (ACL)[6]:  è costituito da trecento aggettivi o frasi aggettivali comunemente usati per descrivere le caratteristiche di una persona. L’Adjective Check List è fondato sul linguaggio e più particolarmente su quella classe di vocaboli (aggettivi) che è stata sviluppata per la descrizione e la caratterizzazione. Ogni linguaggio ha una classe di vocaboli con tale funzione, ne consegue che il metodo ACL è applicabile universalmente come tecnica di descrizione, sebbene per alcuni termini ci siano difficoltà di traduzione da un linguaggio ad un altro e che per particolari gruppi di aggettivi ci siano differenze di importanza fra le varie culture. In questo caso la prova è stata usata come strumento di auto–descrizione. Questo test è una prova ideografica nel senso che le descrizioni di un particolare individuo riflettono le sue peculiarità personali e non un rango in rapporto agli altri, inoltre è a scelta libera, nel senso che la scelta di un aggettivo non ha nessun influenza sulla scelta di un altro.

Ø Test della Figura Umana o di Persona, della Machover 1949[7]: è un test proiettivo di personalità, che integra gli aspetti cognitivi, affettivi e dinamici che intervengono nell’esecuzione pittorica. Questo test può esprimere: l’organizzazione del sé, l’autostima, il vissuto corporeo, l’ideale dell’Io, e la propria immagine sociale.   L’esecuzione di due figure di sesso diverso permette di mettere in evidenza la confusione nelle identificazioni sessuali, se viene prodotta prima la figura di sesso opposto al proprio, (questo vale soprattutto per i soggetti giovani), ma anche di operare una fruttuosa serie di confronti tra le due rappresentazioni. L’immagine del corpo e quindi dell’Io, è una struttura dinamica che si evolve nel tempo, per tanto anche il disegno della Figura Umana si evolve e muta nel tempo. 

Ø Bender Visual Motor Gestalt Test[8]: questo test si propone di rilevare lo sviluppo della funzione della “gestalt” visuomotoria e studiarne eventuali deviazioni o regressioni permettendo di determinare le capacità di risposta del soggetto all’ambiente rispetto all’età. Si presentano nove figure rappresentanti delle “gestalt” differenti, che il soggetto deve riprodurre come vede. La valutazione dipende dalla forma delle figure riprodotte, dal rapporto in cui si trovano le une con le altre, dalla posizione nello spazio e dalla successione temporale. Il test da informazioni addizionali sui disturbi emotivi psicologici e psichiatrici.

Ø Protocolli vari ad hoc e sull’ aggressività;


5.3 Corso di formazione etico-relazionale.

Il corso, della durata di 84 ore, è stato diviso nei seguenti 10 moduli:

Ø  Psicologia generale: lo sviluppo della personalità;  le emozioni; la motivazione; gli atteggiamenti; la sensazione; la coscienza; il Pensiero; il Ragionamento; l’intelligenza; la Memoria; la Motivazione; Condizionamento ed Apprendimento; l’Attenzione; il linguaggio e la Comunicazione.

Ø  Malattie da stress correlate, burn-out: definizione; lo stress nelle professioni di aiuto; le fasi del burn-out; i fattori individuali; cambiamenti nell’ambito del lavoro e delle strutture di ruolo; i sintomi; la prevenzione; le strategie di coping.

Ø  Il controllo dell’aggressività e della violenza: definizione e descrizione dei comportamenti aggressivi e violenti; principali teorie sull’aggressività; origine, sviluppo e significato del comportamento aggressivo; le strategie di intervento volte a contenere, controllare e gestire le dinamiche aggressive e le azioni violente.

Ø  Emergenze psichiatriche: i disturbi psichiatrici; emergenze che richiedono una valutazione medica generale; emergenze che richiedono ospedalizzazione o altro supporto medico istituzionale; emergenze che richiedono un intervento farmacologico minimo; come lavorare col paziente psichiatrico.

Ø  Principi etici deontologici: il bene e il male; il giudizio; l’intervento; introduzione ai principali codici deontologici delle professioni sociali e analisi degli articoli rilevanti; principi etici fondamentali; la responsabilità professionale.

Ø  Il lavoro sanitario: con i pazienti; la relazione con i colleghi; la relazione con il paziente; la relazione con l’entourage familiare del paziente (madre e/o padre e parenti vari).

Ø  Attitudini e sentimenti: la paura; la speranza; l’ottimismo; la pazienza; il cinismo; cosa sono le attitudini; cosa sono i sentimenti; l’empatia e la capacità di riflettere sul sé e sull’altro; la capacità di coltivare, contenere e dirigere le emozioni.

Ø  Rapporto interpersonale: relazione con l’altro; relazione tra uomo e donna; relazione con il bambino.

Ø  Psicologia dei gruppi: definizione: cos’è un gruppo?; perché il gruppo? Il gruppo come strumento; la relazione tra l’individuo e il gruppo; la percezione di appartenenza; la leadership; coesione e conformismo; intervenire sul gruppo per facilitare il cambiamento.

Ø  Degenerazioni delle comunità: degenerazioni autoritarie sadomasochistiche; degenerazione  di tipo settario; degenerazione paranoicale; degenerazione autodistruttiva; degenerazione new-age; degenerazioni violente.

5.4 Valutazione finale: tale valutazione è volta a rilevare se il candidato ha interiorizzato i
temi proposti non solo da un punto di vista nozionistico, ma anche e soprattutto esperienziale. In particolare, si cercherà di valutare se e come sono cambiate le proprie motivazioni, come è cambiata la percezione delle proprie competenze e attitudini, e come viene vissuta l’esperienza del lavoro di gruppo.
     La valutazione comprende:

·          Quiz generici di psicologia (10 pt.)
·          Quiz specifici sulle materie affrontate nel corso (20 pt.)
·          Tema (20 pt.)
·          Colloquio (da o a 10 pt.)
·          Comportamento avuto dall’alunno nel corso di tutto il corso
     (7-10 pt.).

5.5 Raccolta, tabulazione ed analisi dei dati in ordine alla costruzione dei profili preliminari per gli educatori.

·        Confronto fra i dati dell’esperienza ed i dati della letteratura. Tale confronto viene eseguito attraverso una metodologia di tipo Delphi, in cui un gruppo di esperti viene convocato appositamente allo scopo di individuare le variabili più importanti che sono risultate dalle precedenti analisi.
·        Verifica delle ipotesi a base del lavoro e della validità degli strumenti adottati.
·        Discussione conclusiva dei risultati e dei tipo di strumenti realizzati in ordine ad una valutazione dell’attendibilità, validità e generalizzazione di questi risultati.






11.          Metodologia

Come si può ragionevolmente intuire dal progetto, l’esecuzione della ricerca prevede un piano complesso di attività che in parte sono state già eseguite e in parte devono essere completate.
Le attività di ricerca più specifiche si avvarranno delle tecniche dell’osservazione partecipante, delle interviste libere, a questionario e semistrutturate, e di tecniche psicologiche consistenti nella somministrazione ed analisi di test carta e matita proiettivi e a questionario scelti tra i più classici e i più validi ed affidabili tra quelli disponibili in italiano.
I dati verranno analizzati attraverso metodiche statistiche parametriche e multivariate. Le comparazioni verranno eseguite con i dati di normalità, relativi ed indicati per ciascun test,  e le performance in comparazione ad un gruppo di soggetti studenti appaiati per età e per sesso.


7. Output della ricerca

Alla conclusione della ricerca si potrà quindi finalmente disporre dei seguenti out-put di indubbia e pratica validità:

·                 Un profilo personologico e professionale per gli educatori con le indicazioni tratte dalla ricerca sul campo e quelle di maggiore rilievo fornite dalla letteratura scientifica e tecnica del settore;
·                 individuazione delle caratteristiche psicologiche che valgano come criteri di inclusione e dei criteri di esclusione dei soggetti perché possano essere ritenuti idonei al lavoro degli educatori;
·                 valutazione della modificabilità degli elementi del profilo nel tempo ed in base ad esperienze;
·                 messa a punto di una procedura e di strumenti agili, efficaci e validi per la selezione del personale in questo campo;
·                 preparazione di un corso di formazione agile ed esaustivo capace di fornire agli aspiranti innanzitutto una preparazione di base, ma anche e soprattutto la valutazione e la finalizzazione delle risorse disponibili;
·                 relazione di un rapporto conclusivo sulla ricerca, sulla raccolta dei dati sull’analisi dei risultati e sulla formulazione dei documenti precedentemente definiti;
·                 realizzazione di un manuale di base per la preparazione all’educatore professionale e come supporto didattico per l’esecuzione di corsi di formazione ad hoc.


8.    Aspetti operativi

Il progetto sarà eseguito da ricercatori dell’AIASU.
Complessivamente gli operatori potranno costituire un numero compreso tra le 5-8 persone.

Tra di essi bisogna distinguere i seguenti ruoli:

·        Responsabile della ricerca, Senior Resercher;
·        Un coordinatore della ricerca;
·        Tre ricercatori;
·        Un operatore per il data-entry;
·        Un consulente legale per gli aspetti prettamente normativi;
·        Un consulente statistico.




[1] Recamier, C.P. “ Lo psicoanalista senza divano” Cortina 1972.

[2] De Crescente, M. “Le competenze dell’operatore di comunità: dalla formazione di base alla supervisione”. Comunità terapeutica Passaggi Oricola (Aquila). Lavoro presentato alla ATC WINDSOR CONFERENCE 2002: "The professional requirements of TC worker from basic training to supervision".


[3] 1. Bisogni Primari; 2. Area Sanitaria; 3. Area Ludico-Ricreativa; 4. Area Ergoterapica; 5. Area delle Relazioni Sociali; 6. Area di Riabilitazione Cognitiva e di Formazione Culturale; 7. Area Sportiva; 8. Area Terapeutica; 9. Area Interventi; 10. Area Affettivo-Sessuale; 11. Area Spirituale (da esplorare).
[4] Fondamenti per le interpretazioni (J. N. Butcher e C.L. Williams –1996).
MMPI-2 e trattamento psicologico (J.N. Butcher 1996).        
[5] Zulliger Test. La tecnica proiettiva di Hans Zulliger nella diagnosi di personalità. Caratteristiche, dati normativi e applicazioni. Paola Carruba , Andrea Castiello d'Antonio, ed. Franco Angeli 2008.
[6] ACL Manuale: Harrison G. Gough, Alfred B. Heilbrun Jr, Mario Fioravanti. Ed. O.S Firenze.
Mental Measurement. Harrison G. Gough – YaerBock, ed. Buros – 1978.
[7] Il disegno della figura umana , Karen Machover ed. Organizzazioni Speciali – Firenze – 1993.
Metodi e tecniche nella diagnosi di personalità, D. Passi Tognazzo, ed. Giunti. Barbera – 1977.
Psicodiagnostica proiettiva, E. Cattonaro, D. Passi Tognazzo, ed. Universitarie Romane – 1999.
[8]Bender Gestalt Test – ed. O. S. FI- Manuale.

Lilium Soc. Coop. Sociale a.r.l. ONLUS - 

Sede Legale: via Verdi, 18 - 66020 San Giovanni Teatino (CH) Italia
www.cooplilium.it
P.Iva/C.F./Reg. Imprese: 02081170694 - Reg. Imprese di Chieti - REA: 150621 - Albo Soc. Coop.: A119138 - Capitale sociale: € 5.5000,00 i.v.
tel./fax Uffici Amministrativi +39 085.9431044 /  +39 085.9431264  - tel./fax Ass. Sociali 085.9431296 /  +39 085.9431929 

sito web: www.cooplilium.it - mail: info@cooplilium.it - marketing@cooplilium.it - assistentisociali@cooplilium.it

Nessun commento:

Posta un commento